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Le nuove tendenze nella pittura italiana | Intervista con Antonio Grulli

Sono in corso fino a fine agosto e settembre inoltrato due mostre dedicate alla pittura italiana, entrambe curate da Antonio Grulli. Fino al 20 agosto, alla Rizzuto Gallery di Palermo, SALON PALERMO 2, la collettiva sulla nuova pittura, a cura di Grulli e Francesco De Grandi. In questa seconda edizioni sono stati selezionati nove artisti: Chiara Calore, Martina Cassatella, Roberto […]

Giardino all’Italliana – Installation view at Galerija Vžigalica, Lubiana – Photo Blaž Gutman : archive MGML, 2022

Sono in corso fino a fine agosto e settembre inoltrato due mostre dedicate alla pittura italiana, entrambe curate da Antonio Grulli. Fino al 20 agosto, alla Rizzuto Gallery di Palermo, SALON PALERMO 2, la collettiva sulla nuova pittura, a cura di Grulli e Francesco De Grandi. In questa seconda edizioni sono stati selezionati nove artisti: Chiara Calore, Martina Cassatella, Roberto De Pinto, Barbara De Vivi, Aronne Pleuteri, Francesco Maria Romano, Danilo Stojanović, Dorotea Tocco, Vittorio Zeppillo.
Presso la Galerija Vžigalica di Lubiana è in corso fino al 11 settembre Giardino all’italiana: nuove tendenze nella pittura italiana: una mostra nata dallacollaborazione tra Antonio Grulli, Muzej in galerije mesta Ljubljane e l’Istituto Italiano di Cultura di Lubiana. La mostra collettiva ospita il lavoro di sei artisti: Paola Angelini, Roberto de Pinto, Alessandro Fogo, Diego Gualandris, Iva Lulashi e Maddalena Tesser. 

In occasione di queste due collettive dedicate alla nuova generazione di artisti contemporanei dediti alla pittura, abbiamo posto alcune domande al curatore Antonio 

Elena Bordignon: Giardino all’italiana: nuove tendenze nella pittura italiana, Salon Palermo 2. Due progetti lontani ma che hanno un filo rosso che li lega: la tua sensibilità per il mezzo pittorico. La prima mostra è in corso a Lubiana, alla Galerija Vžigalica, la seconda alla Rizzuto Gallery di Palermo. Ma potrei citare anche altre collaborazioni che hai costruito nel tempo in spazi privati, che hanno sempre come centro l’analisi delle potenzialità espressive della pittura. Mi racconti perché stai concentrando le tue riflessioni su questo mezzo espressivo?

Antonio Grulli: Come tu ben sai è molti anni che concentro buona parte delle mie riflessioni sulla pittura, più o meno dall’inizio della mia carriera, ma con ancora più forza sicuramente da una quindicina di anni. Ti ricorderai che all’epoca non pagava occuparsi di pittura, sembrava un mezzo ormai superato. Uno dei progetti più importanti per me in quegli anni è stato sicuramente La pittura è oro, una serie di conferenze organizzate con Luca Bertolo, Davide Ferri e Maria Morganti a Viafarini a Milano (quanto mi manca la Viafarini di quegli anni, è stato un posto importantissimo): avevamo invitato un gran numero di pittori, artisti e critici a parlare di pittura, cercare di capire quale fosse il suo stato di salute, e provare a vedere se fosse possibile normalizzare nuovamente il suo posto nel panorama artistico italiano. Credo quel progetto abbia avuto una grande importanza; da quel momento in avanti le cose sono cambiate e molto per la pittura in Italia, e oggi siamo addirittura a un punto in cui probabilmente tra i giovanissimi artisti è il linguaggio più in voga. Io non ho mai avuto dubbi sulla pittura, perché un dipinto è qualcosa di insuperabile come oggetto, e lo abbiamo visto già tante volte nella storia, come con l’avvento della fotografia che portò alcuni a suonare le campane a morto per la pittura, mentre questa, proprio da quel momento in avanti, ha vissuto forse in assoluto la sua più grande stagione. Lo stesso vale per l’oggi: il senso nelle cose viene prodotto proprio dal loro eccedere, dal loro differenziarsi rispetto a un mainstream. E la grandezza della pittura oggi è quella di essere forse il mezzo più adatto a parlare del presente proprio per la sua rigidità, per il suo essere fondamentalmente qualcosa che deve essere visto di persona, con il nostro corpo vicino al corpo della tela, in un periodo in cui tutto invece ci porta a creare una distanza basata sulla presunzione di avere comunque tutto a portata di mano. La pittura crea una resistenza, e la creerà sempre, con tutto, perché è forse, assieme alla poesia, il linguaggio con più limiti “artificiali”, creati dall’uomo, e questo la renderà eterna e inestricabile dall’uomo. Ma oltre ai suoi punti di forza “materiali”, ve ne sono anche di culturali: con la pittura l’uomo ha creato moltissime opere di livello eccelso, quando non di capolavori assoluti, e un’infinita quantità di opere di livello alto e medio alto; tutto questo è come se avesse creato un insieme di forme, mitologie, sentimenti, categorie mentali, modi di vedere il mondo e l’umano in ogni sua sfaccettatura, in grado di dare vita a qualcosa di simile a un paese, una nazione senza confini fisici, una Heimat che non avrebbe alcun senso abbandonare, e rispetto alla quale possiamo interagire solo creando altra pittura, mantenendola sempre viva e sanguinante nella contemporaneità, perché l’arte non vive di contemplazione del passato. Senza tutto questo non sarebbe la pittura a finire ma l’uomo, per come lo intendiamo adesso.

Giardino all’Italliana – Installation view at Galerija Vžigalica, Lubiana – Photo Blaž Gutman : archive MGML, 2022

EB: Un altro aspetto che lega i due progetti è una dato riscontrabile nella data di nascita dei artisti che hai invitato. Sono tutti per lo più molto giovani. Dove scovi questi talenti sul nascere? Come ne riconosci la validità?

AG: In realtà c’è una leggera differenza. La mostra di Lubiana è composta da artisti con qualche anno in più e un curriculum più strutturato. Hanno già una buona esperienza, e alcuni di loro hanno fatto mostre importanti, anche internazionali. Sono inoltre quasi tutti pittori con cui avevo già lavorato in passato, con cui sento di aver condiviso un cammino, di aver già costruito qualcosa. La mostra di Palermo invece è composta per lo più da artisti molto giovani, con cui non avevo ancora lavorato, ma con cui spero il cammino possa procedere. Devo ammettere che sono molto contento di entrambe le mostre. Per quel che riguarda il modo in cui scopro nuovi artisti posso dirti che mi fido molto di alcune (poche) figure con cui negli anni ho instaurato un dialogo e di cui conosco la profonda intelligenza e sensibilità: ad esempio Marco Cingolani, che ha insegnato ad alcuni dei ragazzi della mostra di Palermo, e con cui ci conosciamo dai tempi della Pittura è oro. Quando un artista come lui mi suggerisce di guardare qualcosa mi muovo immediatamente.

EB: Nella presentazione della mostra Giardino all’italiana, racconti la giovani pittura italiana con parole a dir poco generose: “Il giardino all’italiana è l’Italia di oggi, un terreno in cui la pittura è tornata a fiorire con forza grazie all’ultima generazione di pittori. E’ un grande giardino, in cui le culture pittoriche si incontrano, fertile e rigoglioso, all’interno del quale spuntano piante ricche e meravigliose, in ogni angolo del suo territorio”. Come giustifichi questo rigoglio nella scena artistica italiana, nello specifico, quella dedicata alla pittura?

AG: Difficile dirlo. Io sono ancora convinto che ci siano delle componenti magiche e imprevedibili nel modo in cui delle scene artistiche si accendono o si spengono. Un elemento però che credo abbia avuto un ruolo importante è la conoscenza: il rifiuto della pittura perdurante fino a circa il 2010 in Italia si basava sull’ignoranza. La generazione degli anni novanta è riuscita a imporre la falsa diceria che a livello internazionale la pittura fosse morta. Si tratta di un classico esempio dell’internazionalismo provinciale (esistente in ogni ambito del nostro paese) di cui spesso soffre l’Italia e che rimarrà un nostro limite, basato sempre su una visione falsata di quello che accade all’estero: la pittura in realtà viveva un momento difficile solo in paesi come il nostro, la Francia (che ancora oggi è qualche anno addietro rispetto a noi), e forse la Spagna (anni luce addietro). Nei veri paesi guida dell’arte come l’America, l’Inghilterra e la Germania gli artisti hanno continuato a dipingere con grande forza e grandi risultati. Con la diffusione nei primi anni 2000 di internet e dei voli low-cost la gente ha iniziato ad andare a Londra e a ritrovarsi a bere una birra in un pub come The Approach e poi a sgattaiolare nella galleria al piano superiore, oppure ha visitato la mostra di Elizabeth Peyton a Berlino, e si è resa conto che quella storia della pittura lingua morta era tutta una presa per il culo. Oltre a questo, come ti ricorderai, negli anni in cui muovevamo i primi passi io e te Elena, il paradigma dominante l’arte internazionale era basato su una “temperatura” nordica, in cui tutti volevano andare a vivere a Berlino o a Londra o a Stoccolma, e in cui quindi anche i gusti erano maggiormente freddi, asciutti, minimali e austeri. Negli ultimi anni invece è come se il baricentro si fosse spostato più a sud, le città che attraggono sono diventate Atene o Lisbona, o magari anche la nostra Milano che è diventata davvero bellissima, e di conseguenza anche il gusto si è arricchito, si è scaldato: in questo cambio l’Italia con la sua tradizione pittorica sarà sempre un passo avanti agli altri. Oggi ci ritroviamo con un panorama ricchissimo di giovanissimi molto promettenti che lavorano in ogni angolo dell’Italia, dal nord al sud, dalle grandi città ai piccoli centri. Ora si tratta solo di lavorare tutti assieme per fare in modo che alcuni di questi possano sbocciare definitivamente e diventare grandi pittori anche su di un piano internazionale.

SALON PALERMO 2, Installation view at Rizzuto gallery Palermo 2022

EB: Nei sei artisti invitati a Lubiana , riconosci nella loro ricerca una matrice o, se vogliamo, dei maestri a cui questi artisti guardano? Possiamo parlare di una tendenza?

AG: Sì, c’è sicuramente. Questa nuova generazione ha un approccio ultrapittorico senza nemmeno l’ombra di sensi di colpa legati al mezzo e alla figurazione. Questi pittori guardano a un dipingere orgoglioso spesso vicino a quello che è accaduto tra le due guerre mondiali del secolo scorso: Surrealismo, Nuova Oggettività, ecc. E’ una pittura molto colta e controllata, quasi senza tracce di espressionismo o concettualismo, dove soggetto e tecnica hanno un ruolo primario.

EB: Effervescente nella sua smodata leggerezza, trovo molto stimolante la seconda tappa di Salon Palermo. Introduci, assieme all’artista Francesco De Grandi, la mostra come una sorta di forma di resistenza: “Palermo che in anni ostili alla pittura ha rappresentato un luogo di resistenza all’omologazione e libertà. In quel cuneo di terra che sembra un lembo di Europa tirato verso il Nord Africa e il Medio Oriente”. Sembra che Palermo diventi metafora o palcoscenico per nuove forme di rappresentazione. Mi sbaglio? Come nasce questo Salon Palermo 2?

AG: Palermo negli anni di mortificazione tutta italiana della pittura è stata uno dei centri di resistenza più forti e di qualità. La Scuola Palermitana di pittori, di cui faceva parte lo stesso Francesco De Grandi, assieme a Alessandro Bazan, Andrea Di Marco e Fulvio Di Piazza, è stato un grande gruppo di pittori nato negli anni novanta, legato a correnti internazionali e al tempo stesso dotato di una sensibilità unica e legata alla città in cui si era creato. Attorno a un gruppo di questo livello all’estero avrebbero prodotto una narrazione critica forte e accattivante, e soprattutto un grande fenomeno di mercato. Oggi, guardando i fenomeni più giovani legati alla pittura internazionale, soprattutto extraoccidentale, iniziamo a capire quanto fossero avanti rispetto al loro tempo; non a caso i giovani pittori li guardano come maestri. Per questa storia recente, per il suo essere una città davvero all’incrocio di molti mondi, anche per quello che dicevamo dello spostamento verso sud della sensibilità artistica, abbiamo pensato che la città potesse essere un luogo perfetto per una ricognizione legata all’ultima generazione di pittori attivi in Italia. Il tutto è nato parlandone un paio di anni fa con Giovanni Rizzuto e gli artisti hanno sempre risposto con un entusiasmo unico: tutti muoiono dalla voglia di esporre a Palermo. Francesco De Grandi, sin dalla prima edizione, ha avuto un ruolo fondamentale, nella selezione e nel concepimento della mostra. Anche in generale, questo mio lavoro di ricerca sulla pittura, come dicevamo, io lo vedo sempre come un qualcosa da fare in maniera collettiva, e tutti i nomi che abbiamo fatto finora sono tra coloro con cui mi sento di aver condiviso questo percorso fondamentale, in cui anche il ruolo di Francesco è insostituibile.

EB: Chiacchiere, sudate e scorribande: l’aspetto vitale che scorre dietro a questa mostra ha del coinvolgente. Sembra che più che di pittura si mostri le esistenze che pulsano tra la tela e il pennello. Come vivono la pittura i giovani artisti invitati? 

AG: Sì, l’aspetto vitale ha una grande importanza in questo progetto. Le giornate passate assieme in città a parlare di pittura, a visitare musei, chiese, piazze, ma anche i momenti maggiormente conviviali, sono fondamentali per i ragazzi ma anche per me per capire davvero lo spirito con cui fanno arte i giovanissimi. Ed è bellissimo vedere con quale serietà e amore per le capacità tecniche questa generazione viva la pittura.

SALON PALERMO 2, Installation view at Rizzuto gallery Palermo 2022