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Peter Hujar: “I ritratti nella vita sono sempre ritratti nella morte”

A Venezia è ospitata un'importante mostra dedicata a Hujar - "Portraits in Life and Death" - per la prima volta allestita in Europa in collaborazione con la Fondazione omonima.
Peter Hujar, Candy Darling on Her Deathbed, 1973 © The Peter Hujar Archive: Artists Rights Society (ARS), NY
Peter Hujar, Palermo, Catacombs © The Peter Hujar Archive:Artists Rights Society (ARS), NY

E’ stato un fotografo di eccezionale talento, scattava sempre e solo in bianco e nero, muovendosi fluidamente tra paesaggi, ritratti, nudi, animali e rovine, fotografati con una gravità e perfezione formale rare. Questa sensibilità ne faceva un fotografo molto richiesto per servizi fotografici di moda e foto posate. Suo è il ritratto di William Burroughs e quello altrettanto mitico di Susan Sontag sul divano, sdraiata con le mani dietro la testa e il dolcevita a coste. Sua è la foto della superstar warholiana Candy Darling sul letto di morte, circondata da rose bianche, poi finita sulla copertina del secondo album di Antony and the Johnsons, I am a Bird Now.  
Per molti versi le fotografie di Peter Hujar (1934 – 1987) si inseriscono nello stesso milieu di Diane Arbus, sua grande amica; entrambi sono stati affascinati da drag queen e outsider, barboni, tossici, persone il cui corpo e le cui esperienze erano fuori della normalità. Ma mentre per la fotografa americana gli scatti sono alienanti ed estranianti, per Hujar sono un mezzo per guardare i suoi soggetti da pari a pari, con empatia. Entrambi con lo sguardo destramente fermo, ma per Hujar è evidente la capacità di stabilire un contatto profondo con chi aveva davanti: aveva la tenerezza di un insider piuttosto che la freddezza di un voyeur.
Malgrado il suo raro talento, Hujar visse sempre in uno stato di quasi totale indigenza, sulla soglia della povertà, in un loft sulla 2nd Avenue, a New York. Ha condotto una vita molto solitaria e isolata, anche a causa del suo pessimo carattere, litigioso e brusco. Uno dei suoi amici più stretti è stato David Wojnarowicz, altra personalità talentuosa che, come Hujar morì prematuramente di AIDS. Aneddoti raccontano che Nan Goldin in un’intervista rivelò che non sarebbe mai diventata una fotografa se non fosse stato per Hujar. 
Intimi e cupi, carnali e allo stesso tempo formalmente molto raffinati, i suoi ritratti sono stati spesso paragonati a “una canzone triste con un bel ritmo”. Altra figura importante che ha attraversato la vita di Hujar è Paul Thek: scultore, pittore e artista americano,noto principalmente per le opere iperrealistiche di parti del corpo umano eseguite in cera d’api simile alla carne e per le sue installazioni fortemente simboliche, grandi quanto una stanza, costruite con materiali effimeri o di scarto.

Peter Hujar, Self-Portrait Jumping (II), 1974Peter Hujar, Self-Portrait Jumping (II), 1974 © The Peter Hujar Archive: Artists Rights Society (ARS), NY

All’Istituto Santa Maria della Pietà, in zona Castello a Venezia, è ospitata una ‘piccola’ ma importante mostra dedicata a Hujar, per la prima volta allestita in Europa in collaborazione con la Fondazione omonima. L’esposizione comprende la serie completa di 41 fotografie riprodotte nel libro del 1976, Portraits in Life and Death – l’unica pubblicazione che Hujar ha prodotto durante la sua vita, per la quale la sua amica, la critica Susan Sontag, ha scritto l’introduzione – ed è curata da Grace Deveney, David C. e Sarajean Ruttenberg Curatore associato di Fotografia e Media presso l’Art Institute of Chicago. 
In questa magnifica selezione di ritratti si percepisce la penetrante sensibilità e profondità psicologica che il fotografo infondeva nei suoi scatti. Le persone immortalate sono tutti ‘amici’ che gravitavano nell’ambiente d’avanguardia della New York degli anni ’70 e inizio anni ’80. La lista da citare è lunghissima: il critico e scrittore Vince Aletti, la mitica Susan Sontag, il drammaturgo Robert Wilson, la scrittrice Fran Lebowitz, il regista John Waters e l’artista Paul Thek, tra gli altri, e un bellissimo autoritratto dello stesso Hujar.
Questa lunga serie di ritratti è messa in relazione con degli scatti, di circa un decennio prima, dei corpi mummificati all’interno delle Catacombe dei Cappuccini a Palermo, che Hujar fece durante un viaggio con Paul Thek nel 1963. Nella sua introduzione a Portraits in Life and Death, Sontag scrive: “La fotografia converte il mondo intero in un cimitero. I fotografi, intenditori della bellezza, sono anche, consapevolmente o inconsapevolmente, gli angeli della morte. [In] questa selezione del lavoro di Peter Hujar, amici e conoscenti reali e con gli occhi umidi stanno in piedi, seduti, distesi, per lo più mentono – e, in questi ritratti, sembrano meditare sulla propria mortalità. Meditano, che lo riconoscano o no. Non studiamo più l’arte di morire, … ma tutti gli occhi, a riposo, contengono quella consapevolezza. Il corpo lo sa. E la macchina fotografica lo mostra, inesorabilmente. Le fotografie palermitane – che precedono nel tempo questi ritratti – li completano, li commentano. Peter Hujar sa che i ritratti nella vita sono sempre, anche, ritratti nella morte”. 

Peter Hujar, Divine, 1975 © The Peter Hujar Archive: Artists Rights Society (ARS), NY
Peter Hujar, Susan Sontag, 1975 © The Peter Hujar Archive: Artists Rights Society (ARS), NY