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PERFORMING Festival 2025 | Intervista con Simona Caramia, la responsabile scientifica 

Si conclude oggi, 31 maggio, la prima edizione di PERFORMING: il festival biennale internazionale che accende i riflettori sulle arti performative contemporanee.

Promosso dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, PERFORMING promuove un dialogo fertile tra tradizione e sperimentazione, tra corpi e tecnologie, tra territori locali e reti internazionali. Una piattaforma dinamica per mostrare la ricerca artistica italiana in contesto globale, anche grazie al coinvolgimento di una serie di artisti del calibro di Basel Zaraa, Regina José Galindo, Daniela Ortiz, Nezaket Ekici, Ant Hampton ed Elena Antoniu, solo per citarne alcuni. Oltre ai nomi di rilievo, ampio spazio è stato dato alle nuove generazioni dedicata alla Generazione Z, curata da Simona Gavioli, con progetti di artisti emergenti come Leonardo Panizza, CultOfMagic, Mari, Sorelle di Damiano, Giulio Boccardi, dislocati tra Villa Margherita e l’Educandato dell’Accademia.

In occasione di questa prima edizione abbiamo posto alcune domande a Simona, Caramia, responsabile scientifica di PERFORMING, per l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro.

Elena Bordignon: La prima edizione di PERFORMING si caratterizza per l’eterogeneità dei linguaggi e stili espressivi: performance, arte pubblica, teatro, metaverso e pratiche partecipative. Vorrei che mi raccontassi la genesi di questo festival che trasforma l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro in un epicentro creativo e di scambi culturali.

Simona Caramia: PERFORMING nasce da una visione condivisa che vede nella performance un linguaggio vivo, capace di connettere corpo, territorio e pensiero critico. L’idea non era solo quella di realizzare un festival, ma di costruire una piattaforma condivisa, una comunità di pratiche che potesse essere al tempo stesso luogo di ricerca, di incontro e di trasformazione. Un progetto quindi corale, radicato nell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, che è ente capofila, ma che vive grazie a una rete diffusa di istituzioni AFAM e partner internazionali.
Fin dall’inizio, abbiamo scelto di non porre limiti disciplinari. Volevamo che il festival fosse attraversato da linguaggi molteplici, performance, arte pubblica, teatro, pratiche partecipative, metaverso, perché è proprio nella contaminazione che si genera conoscenza. L’interdisciplinarità non è solo un tratto estetico del festival, ma una sua necessità epistemologica: serve a comprendere meglio il presente, a esplorare nuove forme di cittadinanza, a interrogare i rapporti tra corpo, tecnologia e spazio pubblico.
Questa prima edizione si inserisce all’interno di un progetto più ampio finanziato dal PNRR, pensato per rafforzare l’internazionalizzazione delle istituzioni AFAM e sperimentare forme di mobilità e co-progettazione. Possiamo quindi affermare che è un festival nato da una volontà politica e culturale precisa, che pone il corpo e l’azione al centro della trasformazione artistica e sociale.

Daniela Ortiz – ph credit Cristina Gavello – PERFORMING Festival Catanzaro

EB: Una delle caratteristiche peculiari del festival è la sua diffusione sul territorio cittadino. Questo aspetto crea sinergie inaspettate e fruttuose. Mi racconti come avete scelto i luoghi e come sta rispondendo la città a questa importante iniziativa?

SC: La scelta di rendere il festival “diffuso” nella città è stata fin dall’inizio una precisa strategia curatoriale. Volevamo che le performance non restassero confinate in spazi deputati, ma che dialogassero con l’architettura, con la storia, con la vita quotidiana di Catanzaro. Abbiamo quindi selezionato alcuni luoghi simbolici della città, come Villa Margherita, il Chiostro del San Giovanni, la Biblioteca De Nobili, pensando a ognuno di questi come ad uno spazio di attraversamento, di apertura, di vera e propria relazione. La città sta rispondendo con grande curiosità e partecipazione. PERFORMING sta diventando un’occasione per riattivare luoghi e comunità, ed è in questi attraversamenti che il festival trova la sua vera forza: nell’attivare processi, più che semplici eventi.
Tra le azioni che meglio rappresentano la nostra volontà di abitare anche spazi meno battuti, cito ad esempio “Book Tower” di Nezaket Ekici: una performance site-specific nata lungo la “Torre dei Libri” della Biblioteca De Nobili, Ekici ha trasformato questo luogo insolito in un’azione poetica e collettiva, costruita insieme agli studenti dell’Accademia. Il risultato è stato un gesto simbolico forte: un’installazione viva, fatta di corpi, parole e libri, capace di evocare la conoscenza come bene comune e spazio condiviso. Di segno diverso, ma ugualmente intensa, è stata l’installazione di Basel Zaraa nelle gallerie del San Giovanni. In un ambiente intimo e raccolto, l’artista ha ricreato una casa del campo profughi di Yarmouk, perduta a causa della guerra. Attraverso oggetti, testi, suoni e voce, ha dato vita a un’esperienza sensoriale profondamente toccante, un gesto personale che si apre a una memoria collettiva, politica, umana.

EB: Tra gli ospiti internazionali attesi spiccano nomi di rilievo della scena performativa mondiale come Basel Zaraa, Regina José Galindo, Daniela Ortiz, Nezaket Ekici, Ant Hampton ed Elena Antoniu. Come avete scelto queste importanti artisti?

SC: La selezione degli artisti è stata il risultato di un lavoro curatoriale attento e articolato, sviluppato in dialogo con il comitato scientifico e con i partner del progetto. Abbiamo voluto costruire un programma che fosse rappresentativo della pluralità di voci e prospettive che abitano oggi la performance, con particolare attenzione alle questioni politiche, sociali e decoloniali. Artiste come Galindo e Ortiz, per esempio, lavorano su temi urgenti come il corpo femminile, la migrazione, il potere. La loro presenza porta nel festival una densità politica e poetica che per noi era fondamentale. Allo stesso tempo, Ant Hampton e Basel Zaraa ci permettono di esplorare altre forme di performatività, più intime o partecipative, e  così via. L’obiettivo era quello di offrire al pubblico e alla comunità accademica una mappa articolata e complesse, capace di attivare domande più che dare risposte.

Elena Antoniu – ph credit Cristina Gavello
Nezaket Ekici – ph credit Cristina Gavello – PERFORMING Festival, Catanzaro 2025

EB: Il programma vede proposte dedicate alle nuove generazioni con la giornata del 28 maggio dedicata alla Generazione Z, invece, il 30 maggio si darà spazio a all’azione itinerante Crossing dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Trovo che sia molto lungimirante creare relazioni e sinergie con le altre accademie. Dal tuo punto di vista, quanto ritieni importante e perché creare queste connessioni?

SC: Credo che oggi, più che mai, sia fondamentale lavorare in rete. Non solo per una questione operativa, ma come scelta politica e culturale. Le accademie devono essere luoghi aperti, in dialogo costante tra loro e con il mondo. La giornata del 28 maggio, dedicata alla Generazione Z, è il risultato di un lavoro curatoriale che valorizza la voce delle nuove generazioni come soggetti attivi della ricerca artistica, non semplici destinatari.
Il progetto Crossing, invece, è un esperimento di attraversamento fisico e simbolico: un viaggio attraverso confini geografici e culturali, da cui nasceranno nuove opere e relazioni. Queste sinergie non sono solo virtuose, sono necessarie: ci permettono di costruire un sistema dell’alta formazione artistica che sia davvero plurale, dinamico, orientato al futuro. Un sistema capace di formare artisti che siano anche cittadini consapevoli.

EB: Tra le tante forme espressive, avete scelto proprio il ‘corpo’ come strumento e soggetto di riflessione, tra storicità e urgenze del presente. Uno degli obiettivi è quello di intrecciare l’azione artistica con la vocazione formativa. Quest’ultimo aspetto mi interessa molto: cosa e come intendete rende il Festival ‘formativo’?

SC: Il corpo, nella sua vulnerabilità e nella sua potenza, è il dispositivo attraverso cui leggiamo il mondo. Per questo lo abbiamo posto al centro di PERFORMING: perché è nel corpo che si inscrivono le contraddizioni, le memorie, le resistenze. Ma è anche attraverso il corpo che possiamo generare conoscenza.
Rendere il festival formativo significa creare un ambiente in cui l’esperienza estetica sia anche esperienza critica. Non si tratta solo di assistere a una performance, ma di viverla come occasione di apprendimento, confronto, trasformazione. In questo senso, abbiamo strutturato momenti di dialogo, talk, incontri con gli artisti, restituzioni pubbliche delle ricerche: pratiche che aprono spazi di riflessione condivisa, come spiegavo già sopra.
La formazione che ci interessa non è verticale, trasmissiva, ma orizzontale, partecipata, situata. PERFORMING è un laboratorio in cui si impara facendo, osservando, discutendo, attraversando. E dove l’arte torna a essere un luogo privilegiato per formare sguardi critici e sensibilità attive.

Cover: Nezaket Ekici – ph credit Cristina Gavello – PERFORMING Festival Catanzaro 2025

Regina Jose Galindo – ph credit Cristina Gavello – PERFORMING Festival, Catanzaro 2025
Regina Jose Galindo – ph credit Cristina Gavello – PERFORMING Festival, Catanzaro 2025