Il terzo Appuntamento con l’artista vede l’incontro di due amici amici di lunga data: l’artista inglese Paul Noble e il suo conterraneo John Pettenuzzo. Il loro sodalizio è testimoniato da un progetto che, giunto alla sua terza tappa, si conferma come una realtà culturale non solo crescente, ma anche fruttuosa per la ricerca artistica.
Situata a Celle Ligure (Savona), la Palmieri Contemporary – progetto nato dalla passione del collezionista Paolo Palmieri – in poco più di due anni ha visto il passaggio di due artisti italiani, Nicola Filia e Sebastiano Sofia, e il consolidarsi dell’idea che per far sì che una residenza d’artista diventi un’esperienza autentica, è fondamentale creare la giusta atmosfera, un’ambiente consono e stimolante per un artista.
Da cui l’idea di Palmieri e di sua moglie Maria Antonietta Collu di portare l’esperienza artistica in un contesto intimo come quello familiare e vedere come la residenza evolva e si combini sul piano relazionale e artistico. A raccontare questo felice connubio, le pubblicazioni delle conversazioni tra artisti e i promotori del progetto di residenza curate da Tiziana Casapietra.
Nelle conversazioni che vedono protagonisti i due artisti Paul Noble e John Pettenuzzo, assieme a Palmieri e la Collu, emergono le motivazioni di questo terzo appuntamento. Spiega Palmieri: “Ho iniziato a seguire il lavoro di Paul Noble dal 2000, in particolare avevo visto dei suoi disegni alla Fiera d’arte Frieze di Londra nello spazio della galleria Interim Art diretta da Maureen Paley e sempre a Londra avevo visitato la mostra “Protest & Survive” alla Galleria d’arte White Chapel.
Quest’anno abbiamo pensato a lui, gli ho inviato le pubblicazioni con le conversazioni realizzate durante le residenze precedenti, quella con Nicola Filia e quella con Sebastiano Sofia, e gli ho proposto di essere lui il prossimo artista invitato. Con mio grande piacere Paul ha accettato il mio invito proponendomi di fare la residenza con mostra finale insieme al suo amico John Pettenuzzo, un artista con cui aveva collaborato in passato.
Nel 1991 avevano fatto una mostra insieme a Londra al City Racing, l’importante e rinomato spazio espositivo attivo per dieci anni dal 1988, fondato proprio da Paul Noble e gestito con altri quattro artisti.”
Inaugurata lo scorso 25 marzo, il progetto a due voci, ha visto due diverse sensibilità a confronto dialogare nei luoghi intimi della famiglia Palmieri.
Dalla conversazione con Casapietra, Paul Noble rivela: “Quando Paolo mi ha invitato per questa residenza il mio primo istinto è stato quello di accettare. Chissà cosa potrà portare questo nuovo invito. Poi ci ho pensato e mi sono reso conto che adesso sono troppo concentrato sulle mie cose per questo tipo di residenza. Mi piace troppo il mio studio a Londra. Ho un giardino e marzo è il mese della semina. Inoltre amo la mia compagna. Come potrei stare senza di lei per due mesi! Inoltre io parlo fluentemente l’italiano proprio come Paolo parla l’inglese.
Ma poi ho ragionato sull’idea dell’invito, un ospite che ti offre la sua amicizia, ho pensato al contratto tra Paolo e Jonathan Monk di cui si parlava in una conversazione realizzata per un precedente “Appuntamento” e ho riflettuto sul concetto di pazienza (e di fiducia). Ho pensato a cosa mi sarebbe piaciuto fare in relazione a tutto questo (ndt: Il contratto a cui si riferisce Noble è l’opera di Monk “Mole Antonelliana Torino 24 Aprile 2014” acquistata da Palmieri nel 2003. L’opera consiste in una scritta che fissa la data e il luogo in cui l’artista avrebbe incontrato l’acquirente dell’opera, cosa affettivamente avvenuta 11 anni dopo l’acquisto).”
In merito al lavoro che vediamo da Palmieri Contemporary, Noble racconta: “Uno dei disegni che porterò da Paolo ritrae un personaggio mostruoso in una stanza con un’aspirapolvere. Pensavo che questa immagine rappresentasse in modo del tutto impersonale un essere disumanizzato ridotto in schiavitù, un servo domestico in un ambiente penitenziale. Tuttavia ho collegato l’immagine ai ricordi dell’infanzia, a mio padre che passava l’aspirapolvere. Era sempre arrabbiato quando lo faceva e, mentre muoveva la pesante testa dell’aspirapolvere sul tappeto, sembrava mirare alle caviglie mie e di mio fratello che penzolavano oltre il bordo del divano mentre cercavamo di guardare la TV.” Sempre in merito all’ “aspirapolvere”, continua: “Questo è, letteralmente, uno dei miei pazienti, un essere casuale disegnato rapidamente. È una figura che non è né maschile né femminile, non ha un dentro e neppure un fuori. Il dito nel sedere stimola il perineo al rilascio di energia pranica. Il tappeto è un deserto pubico rasato dall’aspirapolvere collegato alla presa elettrica. Questo essere legge un libro in cui viene ripetuto, come un mantra, solo “blah”. Scrive “blah” e “I it/io esso”, un pronome che serve a identificarsi in quanto animale.Trent’anni fa realizzai una serie di disegni di libri. Disegnavo i libri come se fossero nature morte. Guardavo i libri come se fossero immagini. Io, l’osservatore, guardavo come guardano gli animali, sembravo un animale. Adesso, trent’anni dopo, mi ritrovo quasi allo stesso punto, guardo come guarda un animale, sembro un animale.”
Sempre dagli estratti della lunga e dettagliata conversazione tra Tiziana Casapietra e gli artisti, veniamo a conoscenza anche delle scelte di John Pettenuzzo che racconta: “Tutto il mio lavoro è fatto con la spazzatura. Non c’è un motivo specifico, se non quello che è il modo più economico per me di fare arte. Ma mi piace il risultato artistico, il modo in cui i materiali che sono stati buttati via possono essere recuperati e trasformati in qualcosa di nuovo, che vive. Lavoro in modo molto casuale. Provo a essere creativo, cosa che non mi viene naturale. La cosa più difficile per me è trovare quello stato di grazia; quando arriva, è un po’ come se ti fosse caduto in braccio qualcosa che devi cercare di riconoscere. Ma non è sempre facile riconoscere la grazia. Spesso, quando arriva da me, la distruggo, la rovino. La tensione principale di tutto il mio lavoro consiste nel cercare di essere creativo con i materiali che utilizzo. (…)
Sia i lavori di Paul sia i miei sono tutti nuovi. Anche se alcuni di loro sono nella mente e in fase di elaborazione creativa già da molto tempo, si tratta di creazioni recenti. Ciascuno di noi conosce il lavoro dell’altro, ci confrontiamo al telefono, ma non avevamo idea di come sarebbe stato lavorare a questo progetto insieme finché non siamo arrivati qui.
Penso che siamo ancora gli stessi, pur essendo molto diversi. Quando abbiamo fatto la nostra prima mostra, ci assomigliavamo di più; ora all’apparenza siamo molto diversi, ma dentro siamo sempre gli stessi. Non credo che gli artisti cambino.
Il primo dipinto che ho provato a fare, sto ancora cercando di realizzarlo adesso. Si continua a tornare là da dove si è venuti. C’è qualcosa dentro che si prova sempre a combinare con qualcos’altro che sta fuori; questo è quello che è un artista. L’artista è qualcuno che ha una sua idea di arte. Cézanne l’ha definita “una piccola sensazione”. Non so come poterla definire io, ma è lì, e sto ancora cercando di combinare l’interno con l’esterno, proprio come facevo 30 anni fa. Il lavoro cambia, l’intenzione rimane la stessa.”