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Pretty Good Privacy (PGP) è una famiglia di software di crittografia per autenticazione e privacy, da cui è derivato l’OpenPGP (OpenPGP è uno standard Internet per l’interoperabilità dei messaggi protetti tramite crittografia asimmetrica) ecc. Un brevissimo copia e incolla prelevato da Wikipedia, per indagare l’origine del titolo dell’ultima mostra di Patrick Tuttofuoco (a cura di Nicola Ricciardi), ospitata fino al 19 gennaio 2017, negli spazi della nuova galleria di Federica Schiavo a Milano. Dalle risposte dell’artista si intuisce come il mondo della rete lo abbia, per molti versi, istigato-ispirato a una serie di riflessioni legate a concetti quali libertà, identità, eterno presente, pubblico-privato, singolo-collettivo. Una domanda, più di altre, mi premeva porre all’artista, in merito ad un possibile nesso, diciamo “evolutivo”, del suo lavoro in oltre 15 anni di ricerca. Prontamente Tuttofuoco risponde ampliando la sua realtà di persona singola per proiettarsi in un sistema molto più complesso: “L’evoluzione dell’uomo e la sua trasformazione sembrano essere sempre più prossimi ad un salto, soprattutto da quando la tecnologia ci ha aumentato ed espanso in termini di coscienza e percezione…”
Per comprendere appieno la relazione domanda risposta, vi invito a leggere il testo di Nicola Ricciardi scritto per presentare la mostra Scroll down for the English version
ATP: Curioso il testo o, più banalmente, il comunicato stampa inviato pochi giorni fa dalla galleria Federica Schiavo. La e-mail diffonde un messaggio dove il mittente e il destinatario sono oscurati. L’oggetto ribadisce il tuo nome (l’artista) e il luogo della mostra (Federica Schiavo); lo strano testo continua citando Steve Levy, un giornalista statunitense che ha lungamente approfondito il tema degli hacker. Mi introduci la relazione tra il tema dell’hackeraggio e la tua ricerca?
Patrick Tuttofuoco: Non esiste un legame diretto. Il punto vero è la nozione di libertà che vi sta dietro e il limite tra ciò che decidiamo essere pubblico e quello che vorremmo rimanesse privato. Fin dall’inizio della mia ricerca mi sono occupato della soglia tra cioè che è pubblico e ciò che è privato, sperimentando e sviluppando dei linguaggi che avessero senso diverso in queste due dimensioni ma che potessero convivere tra di loro all’interno della mia ricerca. Negli ultimi anni ho dedicato molto del mio tempo alla comprensione di quello che definisce la nostra identità e della grande differenza che corre tra come ci percepiamo e come veniamo percepiti dalla mondo attorno a noi.
Pubblico-privato-Libertà-individuo e mondo attorno a lui.
ATP: Altro tema che emerge sin dalle prime righe, è la criptografia (scrittura convenzionale segreta, decifrabile solo da chi sia a conoscenza del codice) e la libertà di espressione o condivisine. Sono temi che, per analogie o forme simboliche, affronti nella tua mostra?
PT: Pretty Good Privacy (PGP) è un software realizzato nel 1991 da Phil Zimmermann e sta alla base di quasi tutti i sistemi di crittografia al mondo. Per come la vedo io è anche il primo tentativo di assicurare agli esseri umani uno spazio protetto dove poter costruire con forza e in libertà la propria identità in un contesto virtuale che sempre più percepiamo indistinto da quello reale …e quindi reale!
La nozione di identità personale online è un tema in velocissimo cambiamento di questi tempi ..la velocità con cui ci adattiamo e cerchiamo di esistere come unici e distinti in quella dimensione del mondo è incredibile. Il desiderio paranoide di esistere con la propria immagine nei social network è uno degli esempi di quanto abbiamo bisogno di identificare un “noi” ed un “fuori da noi” anche in quel contesto.
ATP: Altra citazione bella densa: Lynn Barber e l’incorporazione di passato e futuro nel presente. Ovviamente non possiamo liquidare un’ “azione” così pregna in due battute, ma mi piacerebbe sapere come fare breccia nella tua ricerca mediante questo concetto: “Oggi il futuro e il passato sono un tutt’uno arrotolato nel presente”.
PT: Bellissima e anche un po’ profetica! …viene da un’intervista del 1970 a Ballard. Non credo che tu debba sforzarti per connettere le due cose perché è un riflessione che ha a che fare con l’esistenza di tutti noi (artisti e non) ..la velocità che il processo tecnologico ha imposto alle nostre vite ha definitivamente trasformato la nostra percezione del tempo, di ciò che è nuovo e di ciò che è vecchio e spesso questi due concetti sono distinti dalla loro reale nozione temporale. Io ho spesso la sensazione di vivere in un eterno presente dove è l’individuo che può liberamente decidere cosa far convivere di passato o di futuro nella sua esistenza ..una specie di quarta dimensione dove lo spazio e il tempo non si muovono più in maniera lineare. L’arte ha sempre avuto questa capacità di dilatare o comprimere l’esperienza umana ma era più facilmente un processo interiore e legato alla percezione del singolo individuo, ora avviene al di fuori di noi tutti i giorni nel mondo che viviamo.
ATP: Una domanda solo apparentemente ‘ingenua’ (ma anche se considerata totalmente ingenua, va bene): pensi di rendere il mondo migliore con le tue opere? Perché?
PT: Onestamente non saprei ..dipende molto da cosa si intende per migliore. Di sicuro tutti gli sviluppatori di software e piattaforme varie sono sicuri che questi sistemi siano il modo giusto per migliorare le nostre esistenze terrene, quello probabilmente è il loro contributo alla nostra evoluzione. Io ho la sensazione che si possa procedere bene solo quando si riesce a risolvere il dualismo tra la nostra vita materiale e quella virtuale. L’arte in questo senso ha strumenti molto interessanti ed efficaci e soprattutto una libertà quasi totale da certi preconcetti che solitamente frenano la percezione umana, quindi sono sicuro che sia un’opportunità fantastica per colmare questo divario e curare questa ferita.
ATP: A differenza del fenomeno notato dal curatore – il non parlare volentieri del passato in certi luoghi – a me piace molto rinvangarlo, soprattutto in merito alla tua ricerca di un decennio fa (eh sì, sono passati due lustri). Rivolgendo uno sguardo al passato, ci sono dei legami, dei nessi o semplicemente delle suggestioni che hanno tramato la tua ricerca per tutto questo tempo. Come dire, c’è una traccia costante che unisce la ricerca di Tuttofuoco dei primi anni 2000 e quello di adesso?
PT: L’uomo e la sua capacità di relazionarsi all’ambiente circostante, sia che venga rappresentato da altri esseri umani che dal prodotto della loro esistenza. L’evoluzione dell’uomo e la sua trasformazione sembrano essere sempre più prossimi ad un salto, soprattutto da quando la tecnologia ci ha aumentato ed espanso in termini di coscienza e percezione …la mia domanda ora è come sarà la forma di questo nuovo uomo? ..in che modo evolverà? ..cosa guadagnerà e cosa perderà? ..la mia ricerca è sempre stata un campo aperto per queste ipotesi ed esperimenti.
ATP: Nicola Ricciardi individua, come soggetto della tua ricerca (soggetto o paesaggio che sia), lo “stato gassoso” del nostro quotidiano, fatto di una simultaneità di passato-presente-futuro. In concreto, quali iconografie – e “materie prime” – contemporanee tratti con le tue sculture?
PT: La base di tutto sono ancora dei ritratti, come detto è l’uomo e la sua capacità di cambiare/evolvere in relazione al suo ambiente. In questo caso ho cercato di portare all’estremo la dualità che c’è tra due elementi importanti dell’opera: l’immagine digitale stampata in grandi dimensioni su PVC e la ceramica modellata a mano. Entrambe le materie si prestano ad un rappresentazione dell’essere umano e sono poste in un dialogo stridente tra loro che si risolve solo grazie all’equilibrio del colore. I ritratti stampati su PVC sono di protagonisti di rilievo del mondo dell’Hi-tech mentre per la ceramica sono partito da due sculture classiche esistenti (un ritratto di Augusto e uno di Athena)
ATP: Questa mostra coincide con la prima collaborazione milanese con la galleria Federica Schiavo. Immagino un rinnovato entusiasmo per questo nuovo avvio di percorso. Vista la tua “permeabilità” relazionale, nelle opere in mostra si evince questo nuovo sodalizio professionale?
PT: Sono molto felice di questo nuovo dialogo e sono convinto che possa aiutare entrambi a crescere …di sicuro è un elemento portatore di energia ed entusiasmo ma non so se sia più o meno visibile nel lavoro ..forse l’attenzione che ho dato allo spazio della galleria e alla sua gestione è una possibile chiave di lettura in questo senso.
PATRICK TUTTOFUOCO | PRETTY GOOD PRIVACY CURATED BY NICOLA RICCIARDI @ MILANO
From: [name is obscured]
To: [name is obscured]
Subject: Patrick Tuttofuoco @ Federica Schiavo
Text: see attached, ciao
Attachment #1
Press clipping: Steven Levy, “CRYPTO REBELS”, Wired, January 1993.
The following sentences are underlined in the article:
- In short, there is a war going on between those who would liberate crypto and those who would suppress it.
- The outcome of this struggle may determine the amount of freedom our society will grant us in the 21st century.
Attachment #2
Press clipping: Lynn Barber, “Sci-Fi Seer. An interview with J.G Ballard”, Penthouse Magazine, Vol. 5 No. 5 (pp. 26-30) 1970.
The following sentence is underlined in the article:
- People have annexed the future into the present, just as they’ve annexed the past into the present. Now we have the future and the past all rolled into the present.
Attachment #3
Video clip: goodlaugh182. “Silicon Valley, TechCrunch Disrupt Parody”. YouTube video, 01:49. Posted 25.05.2014. https://www.youtube.com/watch?v=J-GVd_HLlps
Audio transcription, min 00:32-00:47:
- [speaker 1] “we’re making the world a better place through Paxos algorithms for consensus protocols.”
- [speaker 2] “and we’re making the world a better place through software defined data center for cloud computing”
- [speaker 3] “a better place, through canonical data models to communicate between endpoints”
- [speaker 4] “a better place”
Attachment #4
Image: Schermata 2016-06-20 alle 23.49.16.png
Screenshot of email conversation. Sender and receiver unknown. Whole text is obscured with the exception of the following sentence:
- This frantic need to make the world a better place without ever actually physically touching it… well, it makes me dizzy, and I think the show has a lot to do with that... anyway, I’ve finished this nonsense full of typos, now ready to release the moorings of the sleep boat...
Attachment #5
Microsoft Word document: Curatorial statement.txt
During TED talks or at any TechCrunch, in coffee shops around Menlo Park as well as in meetups across Berlin, people tend not to talk about the Past. Just as old hardware is regularly tossed and replaced, for those living and working in the tech world the software of History is constantly asking for a reboot. This endless upgrade reminder promises a Future that is always and necessarily better than the Present. It’s a perpetual acceleration, but an illusory movement as well—like that of Achilles against the turtle. The Past is never really past, because there’s no time to historicize it: it is continuously absorbed and reworked by the Present; and the Future is never really futuristic because it is an integral part of the Present: tomorrow is today, we read everywhere. There are two major kinds of consequences: on the one hand, concerns that were presented as up-to-date twenty-five years go, such as online privacy or data encryption, are reported as uncharted territories, brand-new issues, by the mainstream media today; on the other hand, whenever the tech world advertises a promising future within reach, at that precise moment our chances to grab it are denied by the same industry: can’t you see, they say, that there is another even more desirable scenario only one Amazon-click away? There is nothing physical or tangible in this onward movement. Nor there is in the rhetoric that accompanies it. The complex systems, infrastructures and the social networks that originate in Silicon Valley—and that end up shaping our common lives in the Western world—are caught between the anvil of a Past in constant evaporation and the hammer of a Future that remains forever immaterial. The encounter of the two inevitably produces a Present that is as evanescent as a cloud of gas.
The subject (although it would be more appropriate to say the landscape) of the new cycle of sculptures by Patrick Tuttofuoco is precisely that—the gassy state of our present lives. The series is also the synthesis of an artistic research began almost five years ago in Milan, the artist’s birthplace. Yet again, the historical dimension, evoked by the medium and the location of the exhibition, mixes and mingles with a forward-looking perspective, represented by the new gallery, which will be representing the artist from this occasion on. In relation to these sculptures, as well as in relation to Tuttofuoco’s artistic trajectory, History is not a linear object in straight-line motion, but rather a gaseous mist carried back and forth by the wind.
Nicola Ricciardi