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Paolo Scheggi – Making Spaces | Cardi Gallery

Testo di Noemi Tumminelli — “Un punto, un foro, un varco. Un taglio, uno squarcio, una ferita”, così definisce la curatrice Ilaria Bignotti le aperture ellittiche e ovoidali che interrompono in uno o più punti le tele di Paolo Scheggi. Forme geometriche elementari che configurano la superficie pittorica generando infiniti spazi possibili. L’ultima retrospettiva dedicata […]

Paolo Scheggi – Making Spaces | Installation view – Courtesy Cardi Gallery
Paolo Scheggi – Making Spaces | Installation view – Courtesy Cardi Gallery

Testo di Noemi Tumminelli

“Un punto, un foro, un varco. Un taglio, uno squarcio, una ferita”, così definisce la curatrice Ilaria Bignotti le aperture ellittiche e ovoidali che interrompono in uno o più punti le tele di Paolo Scheggi. Forme geometriche elementari che configurano la superficie pittorica generando infiniti spazi possibili. L’ultima retrospettiva dedicata all’artista fiorentino, Making Spaces, da Cardi Gallery è stata realizzata in collaborazione con l’Associazione Paolo Scheggi che per l’occasione ha pubblicato una generosa monografia bilingue. La mostra rivela la complessità del lavoro di un’artista eclettico e poliedrico che ha portato in tutti i campi la sua cifra stilistica. 

Il percorso espositivo presenta un corpus di opere degli anni Sessanta e Settanta, con le note Intersuperfici e Inter-ena-cubi, segni identitari della sua produzione. Scomparso a 31 anni nel 1971, Paolo Scheggi in meno di quindici anni di attività ha intrapreso diverse sperimentazioni, dalla pittura alla scultura fino ad aprire la strada alle arti performative. Risente del fervore culturale dell’epoca, avvicinandosi alle ricerche dei contemporanei Piero Manzoni, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi con i quali condivide la scelta di ridurre gli elementi formali e vede nel monocromo il linguaggio ideale. Dai primi lavori realizzati alla fine degli anni Cinquanta mediante la saldatura di lamiere e collage di loghi, scritte, giornali e rotocalchi, definita dall’artista saldage, rapido è il passaggio alle Intersuperfici, dove lo spazio è suddiviso mediante rotazioni di spirali logaritmiche, rapporti modulari e continui, secondo la sua stessa definizione. Come il maestro assoluto dello Spazialismo, Lucio Fontana, Scheggi non considera la tela una superficie da riempire ma un contenitore da attraversare affinché lo spazio si liberi, superando così il piano bidimensionale. 

Esemplificative sono le opere Zone riflesse (1963) e Intersuperficie curva bianca. Costruzione su rotazione di spirale logaritmica. Oggetto gamma (1964), monocromi caratterizzati dalla sovrapposizione nello stesso dipinto di più superfici che conferiscono una profondità che va oltre al piano. 

Paolo Scheggi – Making Spaces | Installation view – Courtesy Cardi Gallery

Oltre al bianco e al nero impiega anche tonalità sgargianti, come in Intersuperficie curva verde (1966). Il colore è steso sempre in campiture uniformi, come se volesse esprimere l’analisi progettuale di un volume anche nella serie Inter-ena-cubi. Le versioni del 1967 e del 1968, esposte nella stessa parete, vengono realizzate mediante moduli di metallo smaltato o cartone fustellato rivestito di plexiglass e si distinguono per tagli diagonali o verticali che danno luogo a forme quadrate. Sono presenti in mostra anche disegni, schizzi progettuali e lettere che costituiscono il corollario teorico e programmatico della sua ricerca artistica. Tra le maquette troviamo Compositore spaziale (1967), un’opera che permette di sottolineare un altro aspetto importante nel processo di produzione attuato da Scheggi, ovvero la sperimentazione di diverse tecniche e l’impiego di materiali industriali come il metacrilato. L’interazione tra architettura, design e arti plastiche, testimonia come il suo interesse non si esaurisca in unico ambito ma è volto a un approccio interdisciplinare all’arte. Dalla ricerca in campo architettonico nascono interventi come Interfiore, presentato per la prima volta alla Galleria La Tartaruga nel 1968. Per l’occasione, al piano superiore della Cardi Gallery, viene riproposta l’iconica installazione. Si tratta di un vero e proprio reenactment che ricostruisce, nella sua versione originaria, un’ambiente immersivo composto da 85 anelli di legno fluorescenti sospesi nel buio e illuminati da una lampada di Wood. Fondamentale risulta la relazione tra opera e ambiente che consente allo spettatore di avere un’esperienza diretta con l’opera, diventandone parte integrante. 

Scheggi lavora con lo spazio, sullo spazio che sia pittorico, scultoreo o ambientale, attraversando mondi differenti e “non volendo chiudere la ricerca in recinti precisi, amplia l’orizzonte aprendo nuovi territori al di là delle tele. Nasce allora la dichiarazione di una completezza dove il pieno e il vuoto, la presenza e l’assenza formano un insieme dalle polarità interdipendenti” così scrive il critico Germano Celant che prosegue: “la superficie si dilata, lo spazio potenziale acquista energia e diventa architettura”.

Paolo Scheggi Intersuperficie curva verde , 1966 Signed and dated on the verso upper centre Acrylic on superimposed canvases 80 x 80 x 6 cm – Courtesy Cardi gallery
Paolo Scheggi – Making Spaces | Installation view – Courtesy Cardi Gallery
Paolo Scheggi – Making Spaces | Installation view – Courtesy Cardi Gallery
Paolo Scheggi – Making Spaces | Installation view – Courtesy Cardi Gallery