Alcune immagini dal progetto Others: sguardi mediterranei sull’arte contemporanea.
Temi serissimi e socialmente impegnati. Grande coinvolgimento di curatori dalle tre Biennali: il team curatoriale XYZ (Xenia Kalpaktsoglou, Poka-Yio e Augustine Zenakos, curatrici che hanno fondato la Biennale di Atene nel 2005); WHW, il collettivo che ha curato la sezione di Istanbul What, How e Whom formato si nel 1999 con sede a Zagabria; per Marrakech, inceve, un solo curatoreAbdel Karroum.
Il progetto è diviso tra le due città di Catania e Palermo. La mia trasferta siciliana, dunque, mi ha dato la possibilità di attraversa l’isola per raggiungere una città dall’altra.
Le mostre delle Biennali di Atene e Istanbul erano allestite a Palazzo Valle – Fondazione Puglisi Cosentino. Ho iniziato con ‘Away and Boil Your Head’, la sezione dedicata alla Biennale di Atene. L’intento dei curatori non è stato quello di portare una fetta di Biennale in Sicilia, bensì di creare uno spazio di sospensione, un ‘essere in mezzo’. Le opere, da comunicato stampa, erano incentrate sul tema del vissuto personale in tempo di fallimento sociale. A parte l’infilata di video di questa prima parte, ho apprezzato il lavoro di Christoph Schlingensief ‘Stahlweg I-XII’ (una serie di armadietti sgarruppati con un foro da dove si potevano vedere delle immagini video: proteste, serpenti striscianti, manifestazioni di piazza ecc); Mark Manders (una selezione di 80 slides in bianco e nero); Em Kei con la scultura in bronzo ‘Monument for the Unknow Hooligan’. Ho rivisto con piacere il video di Domenico Mangano ‘La storia di Mimmo’, disarmante racconto di disperazione, pazzia e umiltà.
Per la sezione della Biennale di Istanbul ‘What Happens to the Hole When the Cheese is Gone?’ (titolo che prende ispirazione dall’Opera da tre soldi di Bertoldt Brecht), il taglio curatoriale verteva su temi quali linguaggi del potere e ipocrisia morale, visibilità e distanza, ideologia della normalità e organizzazione quotidiana ecc. Ho apprezzato la doppia proiezione di di Igor Grubi?, ‘East Side Story’, che mostra in parallelo un corteo di ragazzi che sfila per la città tra lacrimogeni e poliziotti e dei performers che, sempre in strada, ne mimano le cadute e le corse e il gruppo; la video animazione di CANAN, ‘Exemplary’; la fetta di pane con il buco in centro di Hans-Peter Feldman ‘Bred’; la coinvolgete (e molto divertente) stanza degli Etcetera… ‘The Errorist Kabaret’ e il loro manifesto: Siamo tutti Erroristi, L’Errorismo basa la sua azione nell’Errore, L’Errorismo è una posizione filosofica sbagliata, Lo sbaglio come perfezione, l’errore come presupposto, Dobbiamo restituire al Sistema un pò della sua medicina: Errore e ancora Errore!!!
OK, a prescindere dai singoli lavori, girovagando tra le varie stanze del palazzo storico, mancava decisamente qualcosa. Era evidente l’intento sociale/politico di quasi ogni lavoro, ma mancava un testo che contestualizzava e spiegava le singole opere. La mancanza di una seppur banale breve testo , lasciava le opere un pò sospese, gratuite. Non c’era un catalogo.
Un aneddoto: una delle curatrici (penso del gruppo XYZ), mentre stavamo percorrendo un breve tratto a piedi, sotto il meraviglioso sole siciliano, per raggiungere la Fondazione Brodbeck, si è lamentata per il fatto di camminare in un posto del xxxx con un gran caldo! Le ho risposto divertita… ma come? Ma non siete voi che volete calarvi nelle realtà, vedere come le persone vivono, stabilire relazioni osservando la società ecc? (La Fondazione è situata in un quartiere molto popolare). Mi ha fatto pensare , questa minima reazione. Come dire: sulla carta siamo tutti molto bravi a raccontare e spiegare e coinvolgere ecc. L’impegno dell’arte per una società migliore! OK, siamo tutti d’accordo, poi nella realtà, è un altro paio di maniche!
A parte questa sciocchezza…
Così anche per la sezione della Biennale di Marrakech, ‘A proposal for articulating works and place’ ospitata a Palazzo Riso a Palermo, tra lavori più o meno interessanti, girovagavo nelle stanze cercando di capire perchè un artista ha dipinto decine di insetti, perchè c’era uno specchio a forma di freccia, delle foto in un parco ecc. Altre opere, invece, come nei video, nel grande planisfero disegnato per terra con la cenere di Batoul S’Himi ‘Monde sous pression’, o nell’installazione nel cortile di Seamus Farrel, ‘Gwang Ju-Marrakech’ (una cerchio formato dalle portiere di alcune macchine con delle incisioni sui vetri), era più evidenti i temi quali: il viaggio, la distanza, la precarietà, l’esigenza di connessioni e relazioni con tutti gli Others.
In poche parole: bravo il curatore del progetto Renato Quaglia (friulano che vive a Palermo), che nelle intenzioni, vuole veramente far si che questa iniziativa faccia diventare la Sicilia un punto di riferimento per l’arte contemporanea nel Bacino Mediterraneo. Persona seria, preparata e votata per una causa non facile viste le spesso sgangherate realtà siciliane. Però mi sembra che sia in buona compagnia. Già ho speso poche parole per la Fondazione Brodbeck, altra realtà positiva e potenzialmente molto interessante, o altri spazi già citati.
Il progetto è diviso tra le due città di Catania e Palermo. La mia trasferta siciliana, dunque, mi ha dato la possibilità di attraversa l’isola per raggiungere una città dall’altra.
Le mostre delle Biennali di Atene e Istanbul erano allestite a Palazzo Valle – Fondazione Puglisi Cosentino. Ho iniziato con ‘Away and Boil Your Head’, la sezione dedicata alla Biennale di Atene. L’intento dei curatori non è stato quello di portare una fetta di Biennale in Sicilia, bensì di creare uno spazio di sospensione, un ‘essere in mezzo’. Le opere, da comunicato stampa, erano incentrate sul tema del vissuto personale in tempo di fallimento sociale. A parte l’infilata di video di questa prima parte, ho apprezzato il lavoro di Christoph Schlingensief ‘Stahlweg I-XII’ (una serie di armadietti sgarruppati con un foro da dove si potevano vedere delle immagini video: proteste, serpenti striscianti, manifestazioni di piazza ecc); Mark Manders (una selezione di 80 slides in bianco e nero); Em Kei con la scultura in bronzo ‘Monument for the Unknow Hooligan’. Ho rivisto con piacere il video di Domenico Mangano ‘La storia di Mimmo’, disarmante racconto di disperazione, pazzia e umiltà.
Per la sezione della Biennale di Istanbul ‘What Happens to the Hole When the Cheese is Gone?’ (titolo che prende ispirazione dall’Opera da tre soldi di Bertoldt Brecht), il taglio curatoriale verteva su temi quali linguaggi del potere e ipocrisia morale, visibilità e distanza, ideologia della normalità e organizzazione quotidiana ecc. Ho apprezzato la doppia proiezione di di Igor Grubi?, ‘East Side Story’, che mostra in parallelo un corteo di ragazzi che sfila per la città tra lacrimogeni e poliziotti e dei performers che, sempre in strada, ne mimano le cadute e le corse e il gruppo; la video animazione di CANAN, ‘Exemplary’; la fetta di pane con il buco in centro di Hans-Peter Feldman ‘Bred’; la coinvolgete (e molto divertente) stanza degli Etcetera… ‘The Errorist Kabaret’ e il loro manifesto: Siamo tutti Erroristi, L’Errorismo basa la sua azione nell’Errore, L’Errorismo è una posizione filosofica sbagliata, Lo sbaglio come perfezione, l’errore come presupposto, Dobbiamo restituire al Sistema un pò della sua medicina: Errore e ancora Errore!!!
OK, a prescindere dai singoli lavori, girovagando tra le varie stanze del palazzo storico, mancava decisamente qualcosa. Era evidente l’intento sociale/politico di quasi ogni lavoro, ma mancava un testo che contestualizzava e spiegava le singole opere. La mancanza di una seppur banale breve testo , lasciava le opere un pò sospese, gratuite. Non c’era un catalogo.
Un aneddoto: una delle curatrici (penso del gruppo XYZ), mentre stavamo percorrendo un breve tratto a piedi, sotto il meraviglioso sole siciliano, per raggiungere la Fondazione Brodbeck, si è lamentata per il fatto di camminare in un posto del xxxx con un gran caldo! Le ho risposto divertita… ma come? Ma non siete voi che volete calarvi nelle realtà, vedere come le persone vivono, stabilire relazioni osservando la società ecc? (La Fondazione è situata in un quartiere molto popolare). Mi ha fatto pensare , questa minima reazione. Come dire: sulla carta siamo tutti molto bravi a raccontare e spiegare e coinvolgere ecc. L’impegno dell’arte per una società migliore! OK, siamo tutti d’accordo, poi nella realtà, è un altro paio di maniche!
A parte questa sciocchezza…
Così anche per la sezione della Biennale di Marrakech, ‘A proposal for articulating works and place’ ospitata a Palazzo Riso a Palermo, tra lavori più o meno interessanti, girovagavo nelle stanze cercando di capire perchè un artista ha dipinto decine di insetti, perchè c’era uno specchio a forma di freccia, delle foto in un parco ecc. Altre opere, invece, come nei video, nel grande planisfero disegnato per terra con la cenere di Batoul S’Himi ‘Monde sous pression’, o nell’installazione nel cortile di Seamus Farrel, ‘Gwang Ju-Marrakech’ (una cerchio formato dalle portiere di alcune macchine con delle incisioni sui vetri), era più evidenti i temi quali: il viaggio, la distanza, la precarietà, l’esigenza di connessioni e relazioni con tutti gli Others.
In poche parole: bravo il curatore del progetto Renato Quaglia (friulano che vive a Palermo), che nelle intenzioni, vuole veramente far si che questa iniziativa faccia diventare la Sicilia un punto di riferimento per l’arte contemporanea nel Bacino Mediterraneo. Persona seria, preparata e votata per una causa non facile viste le spesso sgangherate realtà siciliane. Però mi sembra che sia in buona compagnia. Già ho speso poche parole per la Fondazione Brodbeck, altra realtà positiva e potenzialmente molto interessante, o altri spazi già citati.