I rebus di Oliver Osborne — Giò Marconi, Milan

All’apparente semplicità suscitata dall’opera di Osborne, le si oppone un’astuta complessità, che sia dell’ordine della ricerca prettamente legata all’arte, appannaggio della linguistica o più in generale appartenente al più ampio e sterminato mondo delle immagini.
13 Luglio 2015
  • Oliver Osborne, The Neck - Installation view, Giò Marconi, Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan
  • Oliver Osborne, The Neck - Installation view, Giò Marconi, Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan
  • Oliver Osborne, Hair, neck and ear (boy), 2014, Oil and collage on linen, 35 x 25 cm
  • Oliver Osborne, The Neck - Installation view, Giò Marconi, Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan
  • Oliver Osborne, The Neck - Installation view, Giò Marconi, Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan
  • Oliver Osborne, Rubber Plant (Bar), 2013, Oil and collage on linen, 45 x 32 cm
  • Oliver Osborne, The Cloth Seller, 2014, Acrylic and silkscreen on linen, 194 x 263 cm, courtesy Vilma Gold, London
  • Oliver Osborne, The Neck - Installation view, Giò Marconi, Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan
  • Oliver Osborne, A (Car/Knots), 2014, Silkscreen and acrylic on Linen, 220 x 280 cm, courtesy Vilma Gold, London
  • Oliver Osborne, The Neck - Installation view, Giò Marconi, Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan
  • Oliver Osborne, Scrub (Leytonstone), 2014, Oil on silkscreen on linen, 220 x 280 cm
  • Oliver Osborne, portrait

English text below

Capita spesso di pensare che la realtà non sia esattamente uguale per tutti. Vediamo, sentiamo, apprendiamo aspetti del mondo in modo diverso, discontinuo e spesso opposto. Oliver Osborne, artista di Edimburgo classe 1985, sembra percepire l’aspetto più enigmatico della superficie della realtà: non dunque il reale oggettivo, quello attinente alle cose, ma bensì la patina, lo strato che ne veicola l’aspetto, la rappresentazione. In altre parole, le immagini. Effigi copiose che, dalla carta al web, quotidianamente ci investono – e spesso brutalizzano la nostra fantasia -, per propinarci informazioni, desideri, sciocchezze..

Osborne coglie la sfida, tutta contemporanea, di studiare il lato recondito delle immagini, la loro struttura, la loro trasformazioni in relazione al complesso e pesante linguaggio pittorico. Come avvicinare, sovrapporre, far dialogare la grafica scarna dei fumetti con la tecnica pittorica foto-realista? In una recente intervista, l’artista racconta: “Cerco sempre modi per inserirmi nel discorso pittorico, al momento questo significa occuparmi di monocromi di grandi dimensioni con la stessa attenzione per quadri di piccole dimensioni di una pianta. Sto cercando di individuare un’ortodossia che in pittura è in realtà molto difficile da determinare.”

Come fossero rebus, l’artista compone locuzioni visive dove astrazione, grafica e pittura realistica si combinano a formare spesso indecifrabili composizioni. Anche nella sua prima mostra ospitata alla Galleria Giò Marconi, “The Neck” (fino al 23 luglio), Osborne crea una grammatica visiva combinatoria, che invita a decifrare una possibile frase risolutiva. Per sua natura, il rebus è associato all’idea che le parole siano rappresentabili anche attraverso cose, per questo motivo, è istintivo relazionare la ricerca di Osborne a questo gioco enigmistico. Cose associate ad immagini (parole) per comporre significati. Rebus, res = cose. All’apparente semplicità suscitata dall’opera di Osborne, le si oppone un’astuta complessità, che sia dell’ordine della ricerca prettamente legata all’arte, appannaggio della linguistica o più in generale appartenente al più ampio e sterminato mondo delle immagini. Mettendo in relazioni una ficus elastica, una pseudo natura morta composta da un vaso, la pancia di una gestante, accanto all’immagine fumettistica di una cavernicolo, disegni prelevati da vecchie illustrazioni o dal meteo (una nuvola in questo caso), l’artista associa forme e figure a campiture piatte ed omogenee dai colori bianco e verde scuro (quasi nero). Forme e figure sottolineo, prima che significati.

Il materiale visivo che l’artista combina non illustra significati. Il senso da scoprire è tutto intrinseco a una grammatica (stile) individuale, prerogativa quasi esclusiva dello stesso artista. Il dilemma – se non ci si ferma alla bellezza di superficie e alla “perfezione” compositiva – rimane irrisolto, avvolto in quella densa oscurità che è giustificata appieno dall’arte stessa. Ma questo è decisamente un altro discorso…

Oliver Osborne,   Double Drunk (Niemetzstr.),   2015,   Silkscreen on linen 193 x 314 cm,   courtesy Vilma Gold,   London

Oliver Osborne, Double Drunk (Niemetzstr.), 2015, Silkscreen on linen 193 x 314 cm, courtesy Vilma Gold, London

Gio? Marconi presents The Neck, Oliver Osborne’s first solo show at the gallery. He will present a group of new paintings that include elements of figuration, appropriation and abstraction. The neck connects head to body, and can be seen to represent the gap between thoughts and feelings, or figurative and abstract. Like any point of connection it is also a point of weakness and vulnerability, a narrow avenue through which we swallow and breathe.

Depicted in different ways, the show includes a rubber plant, a small orange pot, a pregnancy, a caveman, a dog, as well as other motifs and images. A text painting, Getra?nke (2015), makes use of the German word for Beverages and speaks perhaps of the painting process from studio (wet) to exhibition (dry). Commonly used to advertise Getra?nkema?rkte in German towns and cities, the word summons a call for both refreshment and intoxication. Shown outside of its normal linguistic context it is abstracted; but in painting, where abstraction is legible, it appears figurative by the fact of it being text. Language, comprehension and translation are taken as subject matter to explore different positions in painting, played out in a strict diet of oil, acrylic and silkscreen techniques. The paintings are straightforward in their presentation and deadpan in their humour, offering an attitude of silence rather than bombast.

Oliver Osborne (b. 1985, Edinburgh, Scotland) lives and works in Berlin. He studied at Chelsea College of Art and the Royal Academy Schools in London. Recent solo exhibitions include Catherine Bastide, Brussels (2015), Maskulina Och Feminina (Europa) at Carl Kostya?l, Stockholm (2015), Anna, Vilma Gold, London (2013), and Otto, Frutta, Rome (2013). Selected group exhibitions include Everything Falls Faster Than An Anvil, Pace Gallery, London (2014), Bloomberg New Contemporaries, ICA, London (2012), and The Call (FCO-CLJ-LTN), Peles Empire, Cluj (2011).

Oliver Osborne,   The Neck - Installation view,   Giò Marconi,   Milan - photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan

Oliver Osborne, The Neck – Installation view, Giò Marconi, Milan – photo Filippo Armellin. Courtesy the artist and Giò Marconi Milan

Oliver Osborne,   Untitled,   2015,   Oil on Linen,   25 x 34 cm

Oliver Osborne, Untitled, 2015, Oil on Linen, 25 x 34 cm

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