Visitare la personale di Serena Fineschi in corso presso lo Spazio z2o Project di Sara Zanin, è un’esperienza particolare. Ci si trova immersi in un percorso a tappe attraverso le esperienze che hanno punteggiato la vita dell’artista, un percorso autobiografico ma non solo, scandito da una scelta di opere realizzate tra il 2020 e il 2024.
Serena Fineschi (1973), senese di nascita, porta avanti una ricerca complessa, non sempre immediatamente leggibile, ma interessante e variegata. Il suo è un racconto di vita, la vita che si intreccia con l’arte, gli strumenti sono il corpo come componente fondamentale e la materia, con cui instaura un rapporto stretto, fisico.
La mostra, aperta fino al 31 gennaio 2025, prende le mosse da un video, “Relazioni,” in cui rappresenta un ipotetico rapporto tra sé e l’altro, rappresentato simbolicamente da un guanto che cerca con le mani un punto di contatto e lascia nell’incertezza del risultato. Da qui nasce il titolo Noi e loro, “un potenziale dialogo su ciò che può accadere o non può accadere in una evoluzione consapevole della propria umanità rispetto ad altre umanità”, come spiega la curatrice Marina Dacci.
Il linguaggio, che nei rapporti interpersonali può unire ma anche dividere, è il primo tema che la mostra ci propone. In Sonata muta (the words I have not spoken), (2022) e Sonata muta (silences), (2024) non ci sono le parole o sono abrase, rimangono solo le pause, i punti, le virgole, il punto interrogativo, in un processo di sottrazione efficace e di alto potenziale emotivo, rimane la forza del silenzio. Subito a seguire Malelingue (Caption Series), (2020), plasticamente rappresentate da una composizione di lime taglienti.




Anche gli atteggiamenti possono ferire, la falsità, il voltare le spalle, efficacemente descritti nell’ essenzialità de L’altro lato della vergogna (2022), una serie di quadri appesi sul retro.
Eclettica e multiforme, l’artista utilizza diversi mezzi espressivi e tecniche atipiche, il tutto prende forma sulle fondamenta di una solida conoscenza storico-artistica che fa capolino dai titoli di alcune opere. L’arte degli artisti del passato non ha il sopravvento, è uno spunto di partenza che l’artista rielabora nel suo percorso personale, come in Degno di ogni dispetto (The Battle of San Romano, Disarcing of Bernardino della Carda), (2022) evidente riferimento nel titolo alla tavola di Paolo Uccello dipinta intorno al 1440 e conservata agli Uffizi. La “battaglia” della Fineschi diventa quella delle dispute nel periodo infantile, dei dispetti, che lei concretizza sparando sul supporto di carta rossa colpi di carta masticata utilizzando una cerbottana.
Attraverso la sperimentazione con la stampa fotografica e l’immagine di un frutto marcio e uno sano a contatto, che si influenzano e si rovinano entrambi, esplora quanto può essere deleterio il contatto con persone negative, Cattive compagnie (2022), soprattutto nel periodo dell’adolescenza.
E un rapporto non solo tattile ma fisico, concreto, quello che l’artista stabilisce con la materia, lei stessa afferma: ”…il mio contatto con la materia, corpo esso stesso, non si limita al toccare ma implica tutte le forme di rapporto, ogni possibilità di confronto e conforto…”, da questo contatto nasce uno stato di benessere, come mostrano una serie di fotografie in bianco e nero che chiudono la mostra, Vogliamo parlare d’amore? (2020). La rappresentano al lavoro con la creta, materia con cui ha deciso di relazionarsi negli ultimi anni, in un contatto che è quasi una fusione, un abbraccio pieno di amore, uno scambio di energie, in questo caso positive.





