ATP DIARY

Nè l’uno nè l’altro / Andrea Romano / Gasconade

Più sarà esagerato Claque tanto più sarà vero. Prima farsi leccare la faccia dalla neve, e senza rendersene conto rifare la stessa strada per poi alla fine ricordarsi solo degli angoli  dove fermarsi a fare pipì.  Oppure parleremo Shill, e guarderemo in che modo gli altri reagiranno alle vostre impressioni. Non saremo chi diremo di […]

Più sarà esagerato Claque tanto più sarà vero. Prima farsi leccare la faccia dalla neve, e senza rendersene conto rifare la stessa strada per poi alla fine ricordarsi solo degli angoli  dove fermarsi a fare pipì. 
Oppure parleremo Shill, e guarderemo in che modo gli altri reagiranno alle vostre impressioni. Non saremo chi diremo di essere, e tutti fingeremo che sia la prima volta. 
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E tu cosa ti senti? Più parte di un claque (gruppo di individui ingaggiati per manifestare consenso o dissenso) o uno shill (un individuo che dietro remunerazione si finge consumatore soddisfatto di un determinato prodotto o servizio per invogliare altri individui all’acquisto)? 
Suona abbastanza cinica la premessa alla mostra ‘Claque & Shill’ del giovane artista Andrea Romano nel nuovo spazio no-profit Gasconade (condivide lo spazio espositivo con VAVA). Dalle prime righe del comunicato stampa: Gossip, cinismo e opportunismo – questo tiene in piedi le nostre mostre. Facebook, ‘Elementi per una teoria della Jeune-Fille’, iCal. Osserviamoci: siamo a malapena dei mezzi Shakespeare e dei quarti di Chopin, direbbe Witold Gombrowicz. “Eterni aspiranti, eterni incapaci, eterni insufficienti; servi, imitatori, ammiratori e adoratori dell’Arte che, infatti, [ci] lascia in anticamera”. Eppure scioriniamo teorie, articoliamo visioni, sguazziamo in un certo “gusto”. Siamo presi bene, sempre e sempre per la prima volta. Chi e? il capo-claque questa sera? Clap clap clap. Bla bla bla.
Continua il testo in un salto ad astacoli tra l’arrabbiato, lo sconsolato, l’irritato, lo smarrito… Qualche contraddizione, qualche verità. La sensazione continuando a leggere è quella di una sorta di ‘dichiarazione d’intenti’: l’artista (e seguito) stila una lista di temi e concetti. Troppi, forse, da comprimere in una fotocopia: l’amarezza dell’asservire alle mode; la tristezza di andare contro natura; l’essere patetici nel provare empatia per un tigrotto-esperimento; il pubblico ‘padrone’ o ‘pecora’; l’opinion leader e la menzogna; la definizione fenomenologica dell’opera; i falsi miti dietro e davanti alle immagini; il potere delle immagini; il bluff delle immagini; l’amore per le immagini; la scultura Il Bello, il Buono, il Vero; il conformismo; calzare le scarpe Nike Air o le contraddizioni della società contempranea ; il camp; vestire un ruolo per sport; ecc ecc.  
Per finire con:
Abbiamo ricevuto una lettera; e? difficile dire se il mittente e? uno shill o un capo-claque. Il testo, una manciata di righe, si conclude affermando che non siamo chi diciamo di essere. Quando calera? la luna giocheremo tutti in cerchio al gioco dei lupi; chi sara? il veggente? Chi la prostituta? Chi il primo a morire? Per ora, l’unico sollievo che ci rimane e? ricevere l’ennesima pacca sulla spalla.
  😉
In mostra: una serie di piccoli disegni incorniciati con pesanti cornici di marmo. Il soggetto è Kenny, una tigre bianca nata da un incesto programmato in un allevamento a Bentonville (Arkansas, 1999), e deceduta nel 2008. I disegni sono perfetti. Senza dubbio Romano ha una mano fortunata. La tensione tra leggerezza/pesantezza – fragilità/eternità – carta/marmo non l’ho trovata così interessante.
Mi ha affascinato che l’artista abbia architettato intorno a questa piccola e delicata mostra una complicata (e divertente) scacchiera densa di interrogativi, poesia e riflessioni sulla decadenza dell’uomo e dell’arte, tutta.
Andrea Romano
Emanuele-Cerutti-Collezione-Maramotti-2024