Inaugura tra pochi giorni, il 20 luglio 2019, la mostra Morfologia delle Meraviglie, ospitata in un luogo che, come ci racconta il curatore della mostra Lorenzo Madaro, ha del meraviglioso. Il progetto espositivo è stato promosso da Officine Saffi, che approda in Puglia in un grande parco tra i trulli di Ostuni, nell’epicentro della Valle d’Itria. La mostra a sede nella Tenuta Diciassetteconi, ad Ostuni e ospita le opere realizzate in ceramica da alcuni protagonisti dell’arte italiana e internazionale: Vincenzo D’Alba + Antonio Marras, Paolo Gonzato, Anders Herwald Ruhwald, Torbjørn Kvasbø, Morten Løbner Espersen, Loredana Longo, Shozo Michikawa, Johannes Nagel, Irina Razumovskaya, Alessandro Roma, Kati Tuominen-Niittylä.
Tutti loro indagano le peculiarità della forma e della materia con differenti modalità, dando come risultato delle opere in grado di relazionarsi con uno spazio espositivo che si sviluppa soprattutto all’aperto, in stretto dialogo con la natura – tra fichi d’India, ulivi, arbusti e altre piante – e l’ancestralità di un’architettura che contraddistingue il paesaggio agrario della Valle d’Itria: il Trullo.
Nell’intervista che segue abbiamo chiesto al curatore di raccontarci come è nata la mostra, cosa lo ha guidato nella scelta degli artisti, il modus operandi degli artisti; non ultima l’influenza del luogo, con tutte le sue ‘meravigliose’ peculiarità, sulle opere. L’esito, come ci racconta Madaro, è un coacervo di “performance, ricerca sulle forme dell’organico, ricerca su ciò che è antropomorfo e fitomorfo, sviluppi legati alla genesi della forma stessa e alla sua relazione intrinseca con la geometria della scultura e con quella dell’architettura rurale che la accoglie.”
Linguaggio eterogenee, grammatiche disparate, sperimentazioni frutti delle potenzialità intrinseche della materia ceramica, la protagonista assoluta di questo interessante e ambizioso progetto.
Elena Bordignon: Partiamo dalle ‘meraviglie’ insite sia nella materia ceramica che nel suo utilizzo. Mi racconti le ‘meraviglia’ che hai scoperto nella preparazione di questo ambizioso progetto?
Lorenzo Madaro: A pochi giorni dall’opening della mostra e dalla performance di Loredana Longo che si terrà in concomitanza, credo che la “meraviglia” al centro di questo progetto sia un dispositivo stratificato. Le opere scelte sono assolutamente peculiari di vari processi linguistici, formali e tecnici della ceramica contemporanea. C’è poi la meraviglia per un luogo straordinario. Percorrere gli spazi esterni della Tenuta Diciassetteconi in occasione di Morfologia delle meraviglie, significa infatti immergersi in uno spazio plurale e ancestrale di riconnessione tra la materia palpabile della scultura e la materia inesausta della natura, in un percorso di rimandi e rapporti di forza destinati a una convivenza tra profili, vuoti, architetture di senso. Significa intraprendere un’esplorazione immersiva di echi, ricerche, prospettive. E significa anche allenare lo sguardo, saper guardare, saper riconoscere.Poi c’è la meraviglia di un lavoro di squadra con Laura Borghi e Francois Melle di Officine Saffi, rigorosi ed eleganti come pochi, così come Mary Borghi, la padrona di casa: insieme, abbiamo condiviso ogni passo. Ricordo il primo sopralluogo nella tenuta Diciassetteconi. Era inverno ed è stata una rivelazione: architettura e natura lì sono un tutt’uno, in una delle aree più intense di Puglia, amate da Cesare Brandi e da altri viaggiatori di ieri e di oggi. Ora ci sono anche le sculture, che vivono questi luoghi. C’è stata meraviglia anche nelle fasi di allestimento, trovare gli spazi adeguati per ogni singola opera è stata un’operazione meditata e anche in questo caso totalmente condivisa. Morfologia delle meraviglie è infatti una mostra di affinità elettive.
EB: La scelta degli artisti – sia italiani che internazionali – è decisamente eterogenea. Pensando la mostra come un lungo racconto composto di vari capitoli, che apporto hanno dato le provenienze degli artisti invitati?
LM: Chi sceglierà di addentrarsi nel percorso – «È a causa del sentimento della meraviglia che gli uomini ora, come al principio, cominciano a filosofare», lo dice Aristotele – si dovrà relazionare con alfabeti linguistici discordanti e coesistenti: performance, ricerca sulle forme dell’organico, ricerca su ciò che è antropomorfo e fitomorfo, sviluppi legati alla genesi della forma stessa e alla sua relazione intrinseca con la geometria della scultura e con quella dell’architettura rurale che la accoglie. Se nella linguistica la morfologia studia la struttura grammaticale delle parole, classificandole in specifiche categorie, in questa mostra – quindi – evidenzia la dialettica che sussiste tra diverse esperienze scultoree accomunate da una evidente attenzione verso la costruzione – e la sua scomposizione – della forma e una comune radice linguistica, da individuare nelle differenti tecniche del grande arcipelago della ceramica. Morfologia delle meraviglie è, infatti, una panoramica tra differenti esperienze legate alla scultura ceramica internazionale, con artisti provenienti da differenti geografie che indagano distinte peculiarità, con differenti approcci attraverso cui concepiscono opere in grado di relazionarsi dialetticamente con uno spazio espositivo che si sviluppa soprattutto all’aperto, in dialogo con la natura e i Trulli della Valle d’Itria. Vincenzo D’Alba + Antonio Marras, Paolo Gonzato, Anders Herwald Ruhwald, Torbjørn Kvasbø, Morten Løbner Espersen, Loredana Longo, Shozo Michikawa, Johannes Nagel, Irina Razumovskaya, Alessandro Roma, Kati Tuominen-Niittylä sono i protagonisti di questo arcipelago.
EB: La ceramica conta una vastissima e variegata tipologia di lavorazioni. Il modo di trattarla, utilizzarla e adeguarla a delle infinite fisionomie la rende uno dei materiali più versatili in ambito artistico. Mi racconti una selezione di procedimenti utilizzati dagli artisti in mostra?
LM: Terracotta smaltata, argilla, terraglia, grès, porcellana: sono diversi gli ambiti percorsi dagli artisti di Morfologia delle meraviglie. Officine Saffi da numerosi anni compie un importante lavoro di produzione, sostegno e divulgazione delle ricerche legate alla ceramica, attraverso la programmazione espositiva della galleria e mediante il laboratorio interno, dove gli artisti transitano e concepiscono i propri lavori. Alcuni dei protagonisti della mostra sono assolutamente specializzati nella ceramica, conoscono tecniche raffinatissime e processi di lavorazione. Ma non scivolano mai nel tecnicismo, la loro indagine è anzitutto formale e concettuale. Siamo sempre nell’orbita della scultura.
EB: Morfologia delle Meraviglie si caratterizza anche per lo ‘spazio’ espositivo: è una mostra a ‘cielo aperto’. Assieme agli artisti, come avete scelto la collocazione delle opere?
LM: È stato un processo graduale, fatto di idee, prove, cambi di prospettiva e stupore. Alcune opere sembrano nate per quello spazio, è come se fossero state sempre lì. Sarà un’esperienza sinestetica addentrarsi nei meandri dello spazio, scoprire i rapporti tra la scultura e la natura. È una possibile collezione, un’autarchica raccolta di istanze dissimili, scelte ossessivamente da un presunto collezionista, compulsivo nell’amare le differenze, sensibile alla forma, tormentato dal desiderio di ricongiungere la materia scultorea all’ancestralità della terra rossa e della forma conica del trullo, che è anch’esso scultura.
EB: Nella presentazione della mostra si fa riferimento a un saggio di Jole de Sanna “Forma. L’idea degli artisti 1943-1997”. Mi motivi questa scelta?
LM: Nella mostra lo spettatore è invitato a orientarsi tra spazi interni ed esterni e a rintracciare la presenza delle opere, ribadendo – come ha avuto modo di asserire Jole de Sanna nel suo fondamentale saggio Forma. L’idea degli artisti 1943-1997, «La forma, confine della coscienza, parte dai sensi e coinvolge la ragione». Sono sempre alla ricerca di ciò che è paradigmatico ma marginale per il sistema dell’arte, penso che sia dovere di chi fa il mio mestiere osservare e dialogare con tutto ciò che non è visibile. Difatti, come sai, mi interessano, molto gli artisti che hanno operato con un fare appartato rispetto ai clamori del sistema dell’arte contemporanea. E lo stesso vale per gli studiosi. La de Sanna ha avuto infatti un ruolo straordinario per lo studio della scultura, pensiamo ai suoi saggi su Hidetoshi Nagasawa e Luciano Fabro. Spero che a Milano, dove lei si è impegnata moltissimo con la sua cattedra a Brera, gli dedicheranno presto un convegno, una mostra, uno studio serio, perché le sue indagini pluridecennali lo meritano senza dubbio alcuno. Con il suo libro Forma ci ha condotti in un’esplorazione analitica dei presupposti del fare scultura, da Medardo in avanti: il processo che mira alla costruzione della forma è indagine stessa sulle radici e sulle ragioni intrinseche della scultura stessa, è metalinguaggio. La mia scelta di citarla dipende proprio da questo.