Michelangelo ed Ettore Pistoletto: figli, padri e artisti. Un dialogo per affinità

Divisi da una generazione, padre e figlio, sembrano essere legati da molto più di una relazione parentale, bensì da una profonda sensibilità – e abilità – nell’esprimersi attraverso i linguaggi artistici. Prova ne sia le continue assonanze, analogie, rimandi rintracciabili nelle opere dei due artisti.
27 Settembre 2019

“Sono stato allevato in mezzo all’odore dei quadri ad olio e l’arte è entrata attraverso i pori della mio naso, i miei occhi e anche la mia bocca, perché mio padre dipingeva nature morte e poi mia madre cucinava ciò che lui rappresentava, perché addirittura me ne cibavo!”.
Questi sono probabilmente i primi ricordi che connotarono l’infanzia di Michelangelo Pistoletto, cresciuto nello studio del padre pittore. Come secoli fa, si può a ragione utilizzare per Pistoletto figlio, l’espressione che tanto ritroviamo nei manuali di storia dell’arte: “Cresciuto e formatosi nella bottega paterna”. La formazione di Michelangelo, infatti, inizia a quattordici anni nello studio di Ettore, pittore e padre, che gli trasmetterà non solo le tecniche quali il disegno, il chiaroscuro, la prospettiva, ma l’amore stesso per la storia dell’arte. Nella bella conversazione tra Michelangelo Pistoletto e Alberto Fiz, curatore dell’importante mostra in corso fino al 13 ottobre Padre e Figlio. Ettore Pistoletto Olivero e Michelangelo Pistoletto – nelle tre sedi Palazzo Gromo Losa, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto e Casa Zegna – emergono molti aspetti inediti della relazioen tra i due artisti.

Divisi da una generazione, padre e figlio, sembrano essere legati da molto più di una relazione parentale, bensì da una profonda sensibilità – e abilità –  nell’esprimersi attraverso i linguaggi artistici. Prova ne sia le continue assonanze, analogie, rimandi rintracciabili nelle opere dei due artisti.

Anche se, proprio dalla conversazione appena citata, emerge anche l’abissale differenza tra i due artisti: uno dipingeva e trasformava il mondo mediante la rappresentazione pittorica, l’altra lo raccontava attraverso un’idea di realismo controverso. Lo stesso Ettore, citato da Fiz, scriveva: “Io dedico tutta la mia forza e il mio piacere nel dipingere ciò che vedo; io non sento e non vedo nient’altro, non voglio sapere e non voglio parlare di nient’altro. Non conosco i perché e le ragioni dei quadri di Michelangelo, non voglio conoscerle ma l’impressione che ho è che siano più realistici dei miei, perché vedo l’oggetto nello spazio vero, con me stesso all’interno di questo spazio”. Questa frase si riferisce ai lavori del figlio visti nel ’63 alla Galleria Galatea di Torino nella mostra di Quadri Specchianti. Ma anche in quella che può sembrare lontananza, in realtà era, approssimazione . Di fatto la pittura lenticolare del padre, si ritrova, concettualmente nel recupero estremo della realtà del figlio mediante gli specchi.

Ettore Pistoletto Olivero, Autoritratto, 1973, olio su tela, 69 x 79 cm, foto: D. Andreotti
Michelangelo Pistoletto, Autoritratto, 2008, serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, 70 x 100 cm, foto: A. Lacirasella

Restauri, citazioni di artisti storici, mostre ed esordi, dialoghi tra generazioni: questo e molto altro emerge dalla fitta chiacchierata tra il curatore e l’artista. Tra una domanda e l’altra, scopriamo anche dove nasce l’idea del titolo della mostra, Padre e Figlio. Nel 1973 Michelangelo Piestoletto ha realizzato, da Gian Enzo Sperone a Torino, un’esposizione assieme al padre dal titolo, appunto, Padre e Figlio. Racconta Michelangelo: “E’ stata un’esperienza particolarmente significativa, per certi versi catartica. In quel momento mio padre era diventato mio allievo. Per realizzare questa mostra insieme gli avevo suggerito di non continuare a riprodurre nature morte tradizionali ma di rappresentare oggetti del nostro tempo. Così composi una natura morta per lui.” Da qui gli esiti dell’apprendimento del padre dal figlio. Opere come “In cucina” (1973) dove compaiono, nella natura morta la lattina del caffè Paulista, un giornale, un noto detersivo per lavare le stoviglie. Ma la vera rivelazione si scopre poche righe più avanti: “Gli regalai anche un recipiente specchiante dicendogli che gli avrebbe permesso di riprodurre la sua immagine all’interno della natura morta. E così fece. Cominciò a mettere elementi specchianti nella composizione  quali pentole, vasi, bottiglie o il tavolo su cui erano posati gli oggetti. Poi proposi a Sperone questo progetto a due e lui fu entusiasta dell’idea. Così realizzammo Padre e Figlio”.
Tra le opere di Ettore da citare come esempio ci sono “Tovaglia e vaso d’argento” (1974), “Fine pranzo” (1973), “Autoritratto” (1973). E proprio quest’ultimo quadro che, con un gioco di ‘rispecchiamenti’, Michelangelo realizza l’opera “Autoritratto in vaso” (2008): una serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio dove, nella forma convessa di un vaso in metallo appare lo stesso artista riflesso.

Michelangelo Pistoletto, Padre e madre, 1968, velina dipinta su acciaio inox lucidato a specchio, 230 x 120 cm, foto: A. Osio

Queste due opere, a distanza di  35 anni hanno dato vita ad un’altra importante mostra. Nel 2008 Michelangelo Pistoletto presenta da Persano a Torino la mostra Ettore e Michelangelo. I Coetanei. In quell’anno,  avviene una significativa combinazione: Michelangelo ha 75 anni, la stessa età che aveva il padre in occasione della mostra nel 1973 da Sperone.
Tre decenni prima il padre presentò il suo ritratto specchiato dentro un recipiente, mentre il figlio, a 75 anni, si fece il ritratto specchiato nello stesso recipiente. Queste due opere hanno dato vita, appunto, alla mostra I Coetanei.

Dieci anni dopo, esattamente con questa mostra a Biella e Trivero, il fitto dialogo tra il padre e il figlio, si è esteso, è diventato più complesso e articolato. Le riflessioni, i rispecchiamenti,  i richiami diventano un modo per rileggere le opere dell’uno e – attraverso – l’altro per cogliere diverse e più profonde sfumature e significati.

Tra le riflessioni emerse nella conversazione tra Fiz con Michelangelo Pistoletto, colpisce in modo particolare, una considerazione:
AF: “Direi che non c’è mai un rapporto unidirezionale, e quando affermi “Lasciare un’eredità ai padri” si tratta proprio di questo: continuare a riflettersi, relazionarsi con il tempo”.
MP: “Penso che noi siamo oggi vivi, ma al tempo stesso siamo il riflesso di tutta ka storia che ci precede e che riflettiamo verso il futuro. Il futuro è già un possibile determinato da noi, così come noi siamo determinati da un futuro possibile che viene dal passato. Quindi c’è una perfetta interazione dei tempi tra il finito e l’infinito.”

Brani estratti dalla conversazione “Autoritratto attraverso mio padre” tra Alberto Fiz e Michelangelo Pistoletto, pubblicata nel catalogo Ettore Pistoletto Olivero | Michelangelo Pistoletto. Padre e figlio, edito da Magonza Ed., p. 90 – 105.

Ettore Pistoletto Olivero, Natura morta, 1972, olio su tela, foto: D. Andreotti
Ettore Pistoletto Olivero, Sanremo Via Lamarmora, 14, 1973, olio su tela, 70 x 90 cm, foto: D. Andreotti
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