Dal 29 maggio 2021 all’8 gennaio 2022, la Fondazione Antonio Dalle Nogare presenta la prima mostra personale di Michael Krebber in Italia, Studiofloor and Diamond Paintings.
Artista di fama internazionale e figura centrale sulla scena artistica tedesca tra gli anni Ottanta e Novanta, Michael Krebber (Colonia, 1954) ha approfondito un tipo di ricerca volta a mettere in discussione le convenzioni e i confini del medium pittorico, inteso dall’artista come spazio di dialogo e zona di contaminazione. Contraddistinta da un tipo di approccio ‘senza regole’ e dogmi, la sua ricerca ha, per molti versi, sovvertito il concetto stesso di ‘invenzione’. Partendo dal fatto che ‘tutto è già stato inventato’, Krebber compie degli interventi minimi e apparentemente irrisolti, restituendo così alla tela la sua naturale predisposizione ad infinite possibile. In mostra sono presentate la serie Studiofloor MK/P MK19/087/1-8 (2000) e Painting (2003).
Per questa occasione abbiamo posto alcune domande al curatore della mostra Vincenzo De Bellis
Elena Bordignon: Nella mostra che curi alla Fondazione Della Nogare presenti Michael Krebber, un artista poco conosciuto in Italia, la cui ricerca indaga i meccanismi del linguaggio pittorico. Mi racconti come hai scoperto il suo lavoro e cosa ti ha affascinato della sua ricerca?Vincenzo De Bellis: Conosco Micheal Krebber da tanto tempo. Mi ha affascinato la sua influenza su una lunga generazione di artisti più giovani e proprio un approccio così radicale e concettuale alla pittura che molti pittori non hanno.
EB: L’approccio di Michael Krebber, alla pittura, e alla pittura astratta in particolare, rimane un riferimento centrale nell’arte contemporanea. Dal tuo punto di vista, perché molte generazioni di artisti giovani guardano alla sua ricerca?
VDB: Michael Krebber è stato per anni uno dei docenti più influenti della Städelschule di Francoforte che per quelli della mia generazione è stata fucina di bravissimi artisti. Questo ha certamente influito sul modo in cui molti artisti giovani guardano al suo lavoro. Ma non solo, come dicevo prima, Krebber è un artista concettuale che esprime il suo lavoro tramite il gesto pittorico. Anzi per meglio dire tramite la bidimensionalità perché molto spesso pittura nel senso stretto del termine non ce n’è affatto.
Questa libertà, questa apparente leggerezza ha avuto un grande impatto sugli artisti più giovani che lo hanno osservato e che continuano a farlo.
EB: Il titolo della mostra svela la serie diopere esposte: Studiofloor eDiamond Paintings. Entrambe le serie possono essere considerate esemplari nella carriera dell’artista. Mi racconti in cosa consistono?
VDB: La prima serie studiofloor MK/P MK19/087/1-8 (2000) proviene dalla collezione personale dell’artista e fu presentata con un’immagine enigmatica sulla copertina di Artforum nel 2005. Per una mostra di qualche anno prima Krebber chiese in prestito ad alcuni collezionisti una serie di suoi stessi dipinti che dispose su grandi tavoli al centro della stanza. Capovolgendo la nozione più comune di display, le pareti, rimaste vuote – sulle quali sarebbero dovuti essere installati i dipinti – furono ricoperte da grandi pannelli di masonite, porzioni di pavimento dello studio dell’artista, tagliate e posizionate sul muro come fossero quadri.
Alla Fondazione presentiamo per la prima volta da allora solo gli studiofloor che abbiamo allestito sulla grande parete dello spazio del vault quasi a volere simboleggiare lo spostamento del pavimento (volutamente lasciato totalmente vuoto) sul muro.
I Diamond Paintings (2003) vengono dallo studio dell’artista di New York. Si tratta di una serie di opere realizzate con tessuti acquistati in negozio, decorati con pattern prestampati in sostituzione alla tradizionale tela e divengono la superficie su cui Krebber dipinge semplici forme geometriche di rombi bianchi. Con questo lavoro, Krebber smitizza la centralità del soggetto e della tecnica in pittura, suggerendo invece uno spazio aperto all’interpretazione e al dubbio.
Anche qui l’allestimento è diverso dal solito poiché solitamente i Diamond Paintings vengono allestiti in linea orizzontale mentre lo spazio della Fondazione invita a uno sviluppo verticale.
EB: Il lavoro di Krebber affronta le convenzioni di ciò che è un dipinto, dal gesto alla ideazione, dalla composizioneall’esposizione. Ripercorrendo l’iter del fare pittura, l’artista svela e nello stesso compromette l’ordine accademico del dipingere. Nello smontare quello che potremmo considerare il ‘meccanismo’ della pittura – penso alle relazioni figura e sfondo, forma e formato, superficie e spazio, colore e oggetto, cornice e muro – è come se Krebber volesse mettere in dubbio la possibilità di interpretare i suoi dipinti, partendo proprio dalla negazione della stessa storia dell’arte. Qual’ è il tuo punto di vista sull’atto ‘dissacratoria’ del suo modo di dipingere?
VDB: Come ho gia dichiarato altre volte Krebber è un artista capace di smascherare quelli che, in questo momento storico, prendono sul serio la pittura ma anche quelli che, in senso più generale, si prendono sul serio. Troppo sul serio. Non vuol dire che lui non sia un artista serio, anzi credimi, lo è tantissimo.
EB: Spesso, nelle sue dichiarazioni, l’artista sembra considerare i suoi quadri come dei ‘giochi’ con cui interagire o degli strumenti per generare dubbio, per negare le evidenze, per confondere i significati. Dai confronti che hai avuto con l’artista, che idea ti sei fatto del suo anti-metodo? Del suo ‘giocare’ con i concetti stessi della pittura?
VDB: Il suo è appunto un anti-metodo e per questo stesso motivo, apparentemente, farsi un’idea è pressoché impossibile.
Questo aspetto ha limitato tanto la lettura e la letteratura sulla sua opera, perché a noi curatori piace riuscire a dare una interpretazione, mettere un punto sulla pratica di un artista.
In altre parole, ci piace l’idea che noi si sappia di più degli altri con l’idea del ‘adesso te lo spiego io’. Con Krebber questo non è stato molto semplice perché lui gioca a sfuggire da qualsiasi convenzione. In sostanza il suo lavoro risponde al motto ‘it is what it is’ e allora per me non c’è nessun modo migliore per rispettare il lavoro del descrivere soltanto quello che è. Take it or leave it.
Michael Krebber: Studiofloor and Diamond Paintings
A cura di Vincenzo de Bellis
Fondazione Antonio Dalle Nogare, Bolzano
29.5.2021 – 8.1.2022