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November 5, 2011 – Must the research necessarily produce something new, a new insight or reading? Or can the research itself, the discovery, and the search after an artist that I feel needs to be re-examined become something in itself? I want to show the private process, the behind the scenes, the journey through a research.
Da The Ketty La Rocca Research Diary
La chiave di lettura della mostra di Sally Schonfeldt (nata nel 1983 ad Adelaide e residente a Zurigo) è in un libro di più di duecento pagine, liberamente consultabile e disponibile in quattro copie negli spazi della Sala Elvetica dell’ Istituto Svizzero di Roma, dal titolo: The Ketty La Rocca Research Diary.
Il diario copre un periodo che va dal 24 ottobre 2011 al 21 ottobre dell’anno successivo. Non si tratta di un diario personale, anche se, pagina dopo pagina, le riflessioni di Sally Schonefeldt si scaldano, avvicinandosi con sempre minore difficoltà – ma invariata delicatezza – alla descrizione di avvenimenti importanti della sua vita privata. In realtà, The Ketty La Rocca Research Diary è una sorta di registro di viaggio, un diario di bordo che accompagna la navigazione verso una meta, dal momento in cui la nave salpa (e cioè da quando Schonfeldt comincia la sua indagine) fino al momento in cui l’equipaggio grida: “terra!” (la presentazione al pubblico della sua ricerca). L’artista lo compila quasi quotidianamente, scrivendo direttamente al pc. Nei casi in cui, per i motivi più vari – che vanno dall’hangover post party alla morte di una persona a lei molto vicina – non riesce a lavorare, lo aggiorna comunque, scrivendo, ad esempio: “No research. Too distracted to work. Emotional weekend.”
Ma qual’è la meta che Schonefeldt si prefigge di raggiungere? Tutto ha inizio da un articolo su Kaleidoscope: The Space Between Me and You, di Simone Menegoi. Leggendo l’articolo Schonfeldt rimane incantata dal lavoro di Ketty La Rocca (La Spezia, 1938 – Firenze 1976), artista della neo-avanguardia italiana che esordisce partecipando agli esperimenti di poesia visiva del Gruppo 70 e prosegue la sua carriera artistica virando verso modalità espressive più intime e sperimentali, il tutto nel contesto della Firenze degli anni Sessanta e Settanta. Basta una rapida ricerca in internet perché Schonfeldt capisca che La Rocca è un’artista importante eppure poco conosciuta. Se nei primi collage esplora lo stereotipo femminile proposto dai media e dalla pubblicità, sfruttando le infinite potenzialità del rapporto parola/immagine, le sue successive ricerche ne fanno una pioniera della Body e della Video Art, portandola a partecipare XXXVI Biennale di Venezia (1972) con uno dei primi video artistici. Come afferma Schonefeldt stessa, molti sono i punti in comune tra il suo lavoro e quello di La Rocca: “the exploration on language, feminist concerns, use of tetx & image together”. È proprio per questa comunione d’intenti che sceglie di iniziare una ricerca approfondita sulle opere e sulla vita di Ketty nonché sul contesto sociale e politico della Firenze e dell’Italia di quegli anni. Così Sally inizia a comprare tutti i libri, i cataloghi e gli articoli che parlano di La Rocca e del suo lavoro. “The research itself as art, that is the dialogue across generations between two feminist artists”, appunta sul diario. L’aspetto straordinaria è che proprio nel periodo in cui l’artista comincia la sua ricerca – iniziando ad accumulare tutto il materiale possibile su La Rocca e rimandando al futuro i dubbi riguardo alle modalità per presentarlo -, in Italia iniziano a comparire mostre sul lavoro dell’artista, fino a quel momento quasi del tutto dimenticata.
October 25, 2011: Some new consciousness of her work must be returning, seems to serendipitous to be a more coincidence that just as I begin researching her work the first major solo retrospective of her work since 2005 will take place. What is causing this return? In her use of text & image together that in the post-collage-explosion of the past few years is coming back into consciousness?
L’artista studia tutti i testi di e su La Rocca, insegue mostre in giro per l’Italia, incontra critiche e curatrici, si emoziona quando scopre che Ketty ha un figlio e cerca di incontrarlo, e man mano che la ricerca avanza diventa sempre più interessata alla vita privata di Ketty, alla malattia che la fa morire a 38 anni, alla tomba dov’è sepolta, alla via dove abitava a La Spezia e a Firenze o al Conservatorio dove a 18 anni ha iniziato a studiare musica elettronica. Ma le parti del diario più emozionanti, a mio parere, sono quelle in cui Schonfeldt documenta i momenti di scoraggiamento. Ad esempio il 20 marzo descrive il dispiacere per aver perso – per puro caso – l’inaugurazione della retrospettiva a Villa Romana, Firenze, dove avrebbe potuto finalmente conoscere Michelangelo Vasta, il figlio di Ketty. Le coincidenze che fecero decollare la ricerca iniziano a trasformarsi in piccoli ostacoli, l’entusiasmo e il coraggio iniziali si trasformano in dubbi.
My head consumed with questioning today. Feel slightly paralyzed about how to move forward but then re-read the initial impulse towards the project and realize I must have patience with the process and let it become what it will become, that is go along with the research and be open to the process changing.
Nel diario compaiono i nomi delle persone che, direttamente o indirettamente, aiutano Sally nelle sue riflessioni e durante la sua ricerca: dai suoi amici e amiche, ai professori della Zürcher Hochschule der Künste, ai libri che legge in metro, in treno, nel letto, per approfondire interrogativi sollevati dalla ricerca su Ketty, dai libri cardine del femminismo a Hal Foster fino a classici come Lacan e Derrida. Mano a mano che la ricerca si sviluppa, il problema del “come” inizia a farsi più urgente e verso la fine il diario è un continuo interrogarsi sul senso della ricerca, sul modo migliore di esprimerlo presentando tutto il materiale accumulato. Sally allora riflette sul lavoro di Hanne Darboven, Dan Graham, sulle sperimentazioni dell’ Art & Language Movement, sulle mostre/installazioni/talk/performance di Thomas Hirschhorn, sull’opera di Anna Opperman e indietro fino alla Kosuth’s Reading Room. L’obiettivo è quello di ottenere “an aesthetizication of Artistic research that provide no single point of access” seguendo quello che Sally definisce “a metodological anarchism” e si evolve nel corso del processo. L’intento iniziale, “to penetrate more deeply into her work and to examine precisely what it is that appeals to me so strongly about it”, alla fine si trasforma in: “not an act of historicism but rather an affirmation of her contemporariness.”
E quindi, cosa c’è effettivamente in questa mostra? Come è possibile intuire dal titolo, si tratta di una grande piattaforma di ricerca. Ci sono le riproduzioni di alcune opere di Ketty La Rocca, fotografie, libri d’artista, tre dei suoi video tra cui Le Mani, prodotto nel 1973 per il programma TV Rai Nuovi Alfabeti. C’è una registrazione in loop di Diary Listening, la bellissima performance di Anna Frei (1982, San Gallo) che ha accompagnato l’inaugurazione della mostra: un DJ-mix della voce di Schonfeldt che legge il suo diario e le musiche di Ladies in the Early Electronics. C’è uno spazio in cui è possibile sedersi ad ascoltare, leggere (i libri sono sparsi per la sala o ordinati sulla mensola della sezione READING ROOM), prendere appunti, consultare la quantità di materiale raccolto da Schonfeldt all’interno di classificatori, come JOURNAL ARTICLES AND BOOK ENTRIES, POESIA VISIVA WORKS, ARTISTS OF REVELANCE, ARTISTIC RESEARCH THEORY. Nella sezione COFFEE & COPY è possibile bere un caffè e fotocopiare libri o articoli di cui desideriamo una copia. Io, ad esempio, ho fotocopiato alcune pagine del diario, che ho letto interamente nel corso di un pomeriggio. The Ketty La Rocca Research Diary, è stato, per me, una delle migliori letture del 2015.
La maggior parte degli artisti dell’età di Sally Schonfeldt sono figure assertive, frenetiche, in corsa verso il futuro – di mostra in mostra, di residenza in residenza – senza mai guardarsi indietro e tutti insieme, appassionatamente, sempre a condividere, relazionarsi, socializzare, fare gruppo. Del percorso di Sally Schonfeldt ho amato la lentezza e il carattere cauto, dubitativo: fare un passo avanti, farne due indietro, eppure procedere ostinatamente, ritrovando ogni volta il motivo per farlo. Un viaggio che ha riempito anni della vita dell’artista, un viaggio spesso non facile e soprattutto, spesso, solitario, fatto non solo di viaggi, conversazioni e incontri, ma anche di tutte le ore passate in casa, in silenzio, a scrivere, leggere, studiare.