Le tante forme di vita in trasformazione di Anicka Yi

Prosegue fino al 24 luglio la mostra Metaspore di Anicka Yi al Pirelli HangarBicocca
28 Marzo 2022
Anicka Yi Immigrant Caucus, 2017 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, 47 Canal, New York, Gladstone Gallery e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Anicka Yi traccia una linea sottile tra ciò che è possibile intuire e quello che possiamo solo immaginare. Nella grande mostra ospitata al Pirelli HangarBicocca, “Metaspore” – in corso fino al 24 luglio 2022, a cura di Fiammetta Griccioli e Vicente Todolì – l’artista ci sfida a immaginare ciò che accadrà alle sue opere dal loro concepimento, al loro ‘vissuto’, fino al loro smontaggio. Sì perchè una delle peculiarità di questa mostra che raccoglie per la prima volta ben 20 opere realizzata in un arco di tempo di oltre 10 anni, è la loro inevitabile e inarrestabile trasformazione. 

Distinta negli ultima decade come una delle artiste abili nel aver saputo tessere una solida e prolifica relazione tra arte e scienza, ma non solo, anche per essere riuscita a raccontare l’instabile e affascinante rapporto tra umano e non-umano, tecnologia e biologia, naturale e sintetico. Queste dicotomie, nella mostra “Metaspore”, sono rintracciabile già a partire dal titolo. Metaspore è un neologismo coniato dalla stessa artista per evocare, metaforicamente il processo di prolificazione che l’artista attiva con il suo lavoro. 
Ma cos’è un spora? E un elemento del mondo dei vegetale e dei funghi, ma può appartenere anche al regno dei batteri, che è in grado di disperdersi nell’ambiente per resistere a condizioni avverse e, successivamente, generare (o rigenerare) un individuo vitale, in habitat più o meno adatti alle loro condizioni di vita. Per molti versi, le opere di Anicka Yi, funzionano proprio come delle spore che, attivate con l’atmosfera o con altri elementi, mutano nel tempo e nello spazio. 

Una delle prime sensazioni che, letteralmente, abbiamo nell’entrare nella mostra “Metaspore” è quella di essere invasi da una sostanza percepita attraverso l’olfatto. Ciò che annusiamo nell’aria è emanato da Immigrant Caucus (2017): pensata come un griglia da attraversare, questa installazione emana nell’ambiente un aroma diffuso da tre contenitori industriali. L’odore che sentiamo è quello creato dall’artista ibridando le componenti del sudore di donne asiatico-americane con le emissioni delle formiche carpentiere, una specie che scava nei tronchi d’albero per nidificare. Questa opera stimola una riflessione sulle condizioni, spesso discriminate, di un’etnia. “Forse l’aroma trans-specie può permetterci di travalicare la semplice apparenza della realtà, la sua modalità relativa, e aiutarci invece ad accedere a qualcosa di più universale”, spiega l’artista. 

Le prime opere che ci introducono nello spazio espositivo sono state allestite come un lungo corridoi che ospita una vastità si materiale che solo raramente sono stati inclusi nella lunga lista di materiale utilizzati in arte. Compaiono, Aquazol, glicerina, crepalina, insetto animatronico, agar-agar. La sensazione è quella di attraversare un grande teca dove si sperimenta con batteri e sostanze organiche.

Anicka Yi “Metaspore”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Anicka Yi Biologizing the Machine (spillover zoonotica), 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionata e prodotta da Pirelli HangarBicocca, Milano Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Ma è di trasformazione che si raccontava, di mutamento e cambio di stato, di tracce che raccontano il trascorrere del tempo. Uno dei lavori più scenografici e coinvolgenti della mostra è Biologizing the Machine (spillover zoonotica) del 2022. Ideata per la Biennale di Venezia del 2019, all’Hangar Yi ne presenta una versione rinnovata e ampliata. In grandi teche di vetro e acciaio l’artista  ha collocato una coltura di Vinogradski – un micro-ecosistema diversificato di batteri del suolo e alghe – che a contatto con campioni di terreno fanno reazione mutandone la colorazione. Per molti versi, questi grandi pannelli ‘astratti’, che richiamano la gestualità informale di tante esperienze pittoriche susseguitesi nel ‘900, sono concepiti come dei ritratti del nostro territorio. Grazie alla luce, all’ossigeno e alla temperatura dell’ambiente, terra e batteri interagiscono dando vita a paesaggi cangianti e instabili. 

A cadenzare il grande spazio dello Shed, una serie di opere che raccontano la riflessione che l’artista ha compiuto sulla paura contemporanee legata all’igiene e alla contaminazione. “Abbiamo a che fare con una società che è ossessionata dall’idea di pulizia (…) e questo costituisce parte delle motivazioni per cui lavoro con i batteri. Soprattutto in Occidente, esiste una paura morbosa per gli odori pungenti, per i batteri. Sto cercando di fornire una sorta di visualizzazione delle ansie delle persone rispetto ai germi e ai batteri che proliferano attorno a noi” (da una conversazione di Annika Yi con Stuart Jeffries sul The Gardian, 2021).
Le cinque installazioni appaiono come piccoli padiglioni rivestiti di PVC a cui non si può accedere. All’interno si scorgono dei contenitori, strumenti vari, un casco, delle sostanze. Avvicinandosi si sentono degli odori insoliti; l’artista ha di fatto creato delle sostanza olfattive tra le più disparate: l’odore emanato dai caschi dei motociclisti, ha sintetizzato l’odore di 100 donne che ha frequentato, un’ultima fragranza è stata creata analizzando dei campioni d’aria prelevati dalla galleria Gagosian di NY nel 2015. In collisione tra di loro, queste fragranze si mischiano a loro volta con l’atmosfera dello spazio espositivo. 

Un opera che forse più di altre, definirei penetrante, per l’invasività – di fatto entra irreparabilmente nel nostro corpo – è quello installato nella parete di fondo dello Shed: New York’s A Bitch, But God Forbid The Bitch Divorce You, 2014. L’opera si presenta come due oblò simili agli sportelli della lavatrice, collocati a circa un metro e mezzo d’altezza. Inevitabile aprire gli sportelli e ficcare la testa  dentro uno spazio scuro e indefinito, dove rimanere sopraffatti da due odori, uno pungente e indigesto, l’altro più tenue e ‘cremoso’. 

Anicka Yi “Metaspore”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Anicka Yi New York’s A Bitch, But God Forbid The Bitch Divorce You, 2014 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, 47 Canal, New York, Gladstone Gallery e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Poco lontano un nugolo di sfere luminose composte da un alga laminaria che grazie alla luce all’interno emana una luce tenue, mentre sulla superficie delle sfere, spiega l’artista: “ci sono dei segni che si ispirano al lavoro degli espressionisti astratti come Cy Twombly”.  

Agli stimoli olfattivi e visivi, un’opera più di altre ci coinvolge per il costante rumore che emana per tutto lo spazio: è la grande installazione Skype Swater (2010/17) composta da un paracadute che, come un enorme diaframma, di alza e si abbassa seguendo quello che sembra un ampio respiro. A trattenere le anse della tela, tra piedistalli su cui poggiano una borsa con una trippa e del gel per capelli all’interno, una teca con una busta di plastica fritta in tempera, un parallelepipedo in sapone con rasoi e tubi di gomma. L’eterogeneità dei materiali utilizzati, rimandano alle riflessioni compiute dall’artista sul tema dei flussi migratori, in particolare Yi si riferisce alle vicende legate alla figura di Cheng Chi Ping (1949-2014), detta Sister Ping: trafficante di migranti che dalla metà degli anni ’80 fino al 2000 ha fatto arrivare migliaia di persone cinesi a NY. “Rifletto sul modo i cui i corpi, identità e intelligenze vengono metabolizzate nei sistemi, ma anche su come potremmo metabolizzare noi stessi in questi sistemi”, spiega l’artista. 

Alle suggestioni corporee date alle esalazioni di Skype Swater, ci spostiamo nello ‘stomaco’ trasparente della grande installazione Le Pain Symbiotique, realizzata in occasione della Biennale di Taipei nel 2014. L’opera si compone di una struttura trasparente e gonfiabile attraverso cui possiamo vedere una sorta di paesaggio in via di trasformazione. Il pavimento è ricoperto dall’impasto del pane e da pigmento ocra, mentre alcuni piedistalli contengono sculture di glicerina e resina, su cui sono proietti immagini di batteri al microscopio. Emerge in questo lavoro la volontà di dare espressione ad uno degli processi più significativi del nostro quotidiano, la lievitazione. E ben noto che ciò che riguarda il lievito, sia sul piano fisico che su quello simbolico, ruota intorno al tema della potenza vitale dello scambio e della trasformazione. Ma anche dall’alterazione positiva prodotta dal contatto con ciò che è straniero, diverso. La lievitazione è, tecnicamente, una malattia fermentante senza la quale il pane non cresce.

Ecco allora che Anicka Yi, in un modo che oscilla tra il poetico e lo scientifico, utilizzando questo magico processo – ma anche i tanti altri sperimentati nelle altre opere in mostra – ci racconta di trasformazioni e cambiamenti, di paure e contaminazioni, di imprevedibilità e controllo. 
Lei stessa ha dichiarato: Voglio fondere la scrittura della vita – l’idea che tutti gli esseri viventi abbiamo le proprie storie, contesti e prospettive – con lo studio della vita, che ora include anche l’accoglienza di prospettive non umane (…) Realizzare l’opera è una sorta di costruzione del mondo”

Anicka Yi “Metaspore”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Anicka Yi Skype Sweater, 2010/2017 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, 47 Canal, New York, Gladstone Gallery e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Anicka Yi Le Pain Symbiotique, 2014 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 The Museum of Contemporary Art, Los Angeles Gift of Chara Schreyer Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
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