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Le “lallazioni”di Mel Bochner alla Galleria Massimo De Carlo, Milano

Testo di Chiara Zonta — Risate. Sghignazzi sfacciati nelle parole, si possono udire quanto sono grandi, quanto sono alti.  Le opere di Mel Bochner esposte fino al 20 dicembre 2023 nella sede di Milano della Galleria Massimo De Carlo. Da bambini ci esercitiamo a sagomare la forma delle lettere grazie a colorati stencil su cui […]

Mel Bochner Photo by Roberto Marossi Courtesy MASSIMODECARLO

Testo di Chiara Zonta

Risate. Sghignazzi sfacciati nelle parole, si possono udire quanto sono grandi, quanto sono alti.  Le opere di Mel Bochner esposte fino al 20 dicembre 2023 nella sede di Milano della Galleria Massimo De Carlo. Da bambini ci esercitiamo a sagomare la forma delle lettere grazie a colorati stencil su cui è inciso l’alfabeto: scorrendo la barra di plastica riempiamo i piccoli fori con il pennarello e la nostra calligrafia nasce priva di qualsiasi accenno di personalità; crescendo poi, l’intensità e il movimento di ogni individuale tratto si sostituiscono all’artificiosità dell’azione precedente.
Mel Bochner azzera la propria calligrafia rimpiazzata da un’ordinaria grafica da cartellonistica pubblicitaria. Enormi stencil farciti di colori brillanti che colano oltre gli immobili confini delle lettere, sullo sfondo superfici di velluto intrise di colore alterano la natura del materiale notoriamente soffice e cangiante, rendendolo un suolo grezzo su cui i pigmenti si dilatano in aloni. 
IT IS WHAT IT IS, ARE YOU OUT OF YOUR FUCKING MIND?, 60”: una dichiarazione, una domanda, una misura. “È quello che è”, una verità non scomoda, non cruda, non allietante, eppure assoluta. Nessuna emozione carica la confessione fatta, è la nostra indole a scegliere il tono della lettura. “Sei fuori dalla tua fottuta mente?”, ma la mente è incastrata nella libertà della dichiarazione sopra, come ignorarla? “60 pollici” la lunghezza delle frecce direzionate agli opposti della cifra. Sessanta è anche il numero di secondi che compongono un minuto, un minuto è la quantità di tempo necessario alla rivoluzione: un minuto prima sei tu, un minuto dopo sei genitore, sei ladro, sei campione, sei morto. Sei: verbo di esistere, cifra di 60. 
Per un istante la voce di Jack Nicholson nel ruolo di Joker, con il volto imbrattato di pittura, riecheggia nella serie delle due tele tinteggiate di blu e verde HA HA HA. Grasse, lunghe e alte risate accerchiano l’ambiente, sono scomodamente grandi per essere innocue. Ci sono tanti tipi di risate: di convenienza, di imbarazzo, di allegria, di cattiveria, eppure lo sghignazzare maiuscolo urlatoci in faccia non è incasellabile in nessuna di queste intenzioni. La scritta rimbomba migliaia di risi ma nella stanza non sussiste nessuna fonte di ilarità, se non la nostra stessa presenza. 
Nelle poetiche sfumature del mare al tramonto galleggia l’indifferenza della parola Maybe Not \ So What? \ Who Cares? inaffondabile come una boa, indispensabile come un salvagente bucato.
L’opera finale conclude la mostra riportando la scritta: “It Goes Without Saying \ In Other Words \ Talk Is Cheap”. La traduzione letterale italiana di cheap è “economico – da pochi soldi – conveniente”, parlare è a buon prezzo, come i capi di abbigliamento nel fast fashion acquistati compulsivamente senza pensare troppo. I neonati oltre il sesto mese di vita entrano nella fase della lallazione, il termine indica quell’espressione vocale caratterizzata dalla ripetizione di sillabe cantilenate che permettono al bambino di apprendere il suono del linguaggio, ma che non esprimo alcun significato. Parlare “economicamente” è dunque riconducibile ad una fase di lallazione più matura in cui la comunicazione, incurante dell’età adulta, acquista un suono di senso compiuto ma privo di contenuto, insignificante. 

Mel Bochner Photos by Roberto Marossi Courtesy MASSIMODECARLO