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Report di Ruggero Barberi —
Il premio MAXXI è giunto alla sua nona edizione, la seconda di MAXXI BVLGARI PRIZE, in quanto sostenuto dalla celebre maison Bvlgari – di proprietà francese, ma profondamente radicata, nell’ispirazione e nel territorio, alla città di Roma – collaborazione che ha segnato la decisiva svolta nelle ambizioni di internazionalità della manifestazione, basti pensare alla grande influenza dei curatori e direttori che compongono la giuria: David Elliott, Yuko Hasegawa, Hans Ulrich Obrist.
Si tratta di un premio che sin dalla prima annualità ha visto partecipare artisti italiani di indubbio valore, che ha arricchito la collezione del Museo, e che è stato il trampolino di lancio di artisti come Yuri Ancarani, Giorgio Andreotta Calò, Vanessa Beecroft, Lara Favaretto, Nico Vascellari (la sua performance Revenge, vincitrice dell’annualità 2006-2007, verrà riproposta il 7 giugno, sempre al MAXXI), Francesco Vezzoli e altri ancora.
A presentare i finalisti Invernomuto, Diego Marcon, Talia Chetrit – tutti nati negli anni ’80 – il presidente dell’Istituzione Giovanna Melandri, il direttore artistico Hou Hanru, il direttore del MAXXI arte Bartolomeo Pietromarchi e Jean Christophe Babin, amministratore delegato del gruppo Bvlgari. Per sapere quale sarà il vincitore bisognerà aspettare fino a ottobre.
Per ulteriori info MAXXI_BVLGARI_Prize
A fine conferenza, dopo le foto di rito, la giovane curatrice della mostra con le opere dei finalisti, Giulia Ferracci, ha accompagnato gli astanti in una visita intorno ai lavori, di cui di seguito riportiamo gli estratti —
“La mostra può avere il suo esordio con l’installazione di Invernomuto oppure anche con le fotografie di Talia Chetrit. Il lavoro di Invernomuto, duo composto da Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi, presenta una opera complessa, articolata da più elementi: un video di otto minuti Calendoola: SURUS, che appare come un’epifania su questa gigantesca nuvola nello spazio; un’istallazione sonora, composta da alte e basse frequenze; una scultura egli anni novanta di Mimmo Rotella, Replicante; il tutto va a includere persino la diffusione ambientale di un profumo d’Eritrea, fino ad arrivare a un atlante di simboli che fa esplodere le informazioni presenti nel video, consistenti in ampi stencil neri sulla parete nera di questa grande sala oscurata. Il lavoro di Inverno muto si caratterizza per la sua dualità, spaziale e temporale: da un lato immagini che riportano ai tempi dell’antica Roma, in particolar modo evocando gli anni della seconda Guerra Punica, quando nel 218 a.C. Annibale attraverso le Alpi con gli elefanti da guerra; dall’altra, scene di una città nota per le sue architetture di “fascismo balneare”, come amano chiamarla gli artisti, che è Sabaudia, dove figure in abiti severi, attraversano la spiaggia con alle spalle la famosa villa Volpi, ultimata negli anni ’60 dal noto architetto Tomaso Buzzi. Questo lavoro che ricorda i conflitti per la signoria del mediterraneo, da un lato, e dall’altro storie più recenti, è animato dal sonoro proveniente da grandi sculture rosse, Alpitour Riddim – concepite come subwoofer e speaker direzionali – prodotto interamente dal duo, che forse ancor prima di essere considerato un duo artistico, può essere considerato un sodalizio di due musicisti.”
A questo punto la curatrice dà la parola a Invernomuto —
“Aggiungiamo soltanto, rispetto quello che ha detto benissimo Giulia, che il lavoro per noi è l’inizio di un nuovo ciclo di opere e che ha come focus l’area del mediterraneo, l’idea di lavorare per certi versi sul passato è soprattutto per guardare a questa in un’ottica differente, quando si poteva considerare di più come un luogo di comunicazione, diversamente da quanto fatto ad oggi.”
Continua la curatrice con la descrizione delle opere —
“Faccio una sintetica introduzione al lavoro di Diego Marcon, perché se dico troppo so che Diego non è contento! Diego è un artista visivo, il cui lavoro si traduce in film in 16mm e in 35mm, a cui applica a volte degli interventi manuali – pittura e incisione – ma in questa occasione quello che si ammira è un’animazione in CGI, ovvero un’applicazione per computer grafica, che viene utilizzata non soltanto per i videogiochi, ma anche nei film di animazione della Pixar, ad esempio. L’artista ha realizzato il progetto in collaborazione con l’Accademia della Scala di Milano; le note di pianoforte e voce ripropongono un tipo di composizione, diffuso nell’Ottocento, come il Lied, composto appositamente, con testo dello stesso Marcon. Si tratta di un bambino che si trova sottocoperta in una barca in tempesta e il quale inneggia un canto che viene interrotto allo spegnersi di una fiamma, la stessa che attiva il loop della presente videoinstallazione. Il nome del lavoro, Ludwig, si presta a numerose interpretazioni, è capace anche di ricordare un avvenimento terroristico avvenuto un trentennio fa operato da un duo di serial killer, attivi nel Nord Italia. Mentre il movimento ondulatorio, le luci, il chiaroscuro dell’immagine, dove una sola luce illumina lo scenario, ricordano le nature morte delle pitture olandesi. Stanchezza, malinconia, ripetizione, sono le immagini comunicate dal lavoro.”
Diego Marcon prende la parola solo per ringraziare Federico Chiari, suo sound designer d’elezione, il coro delle voci bianche dell’Accademia Teatro della Scala, il pianista Marco de Gasperi e anche il bambino che ha prestato la sua figura per l’animazione.
“Talia Chetrit è una fotografa americana, che per certi versi si ispira all’avanguardia storica statunitense, rielaborandone notevolmente i contenuti e lo stile. L’opera qui raccolta è presentata sotto il titolo Amateur e consiste in un nucleo di fotografie d’archivio provenienti dagli anni Novanta, in cui l’artista ha iniziato il suo percorso fotografico, tra il ’96 e il ’98, ai tempi della scuola secondaria – dove vediamo riprese delle sue amiche di quei tempi – fino ad arrivare alle produzioni più recenti e a ben quattro inediti realizzati appositamente. Tra le raffigurazioni orchestrate con le amiche vediamo persino la rappresentazione di un omicidio, ma principalmente molteplici esplorazioni del corpo. Nel secondo nucleo di opere, il soggetto diventa l’artista stessa, compresi i famigliari – che vediamo sdraiati in una scena di intimità balneare – e il compagno – con quale mette in atto performance sessuali. Infine un video girato raggirando i genitori, avendo detto loro di star semplicemente effettuando uno shooting fotografico, catturandone così reazioni non dissimulate.”