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Tra umano e mondo animale | Mattia Sinigaglia in mostra alla A plus A, Venezia 

Nella mostra "L’animale che dunque sono", l’artista tratta il delicato rapporto tra uomo e animalità e la necessità di riavvicinare due mondi ormai estranei.

Testo di Cecilia Larese De Santo —

Nella mostra L’animale che dunque sono, presentata negli spazi della A plus A di Venezia e visitabile fino al 21 Marzo, Mattia Sinigaglia trasporta il visitatore all’interno di un’osservazione intima, in cui lo sguardo diventa il legame tra mondi distanti e strumento di creazione artistica.
Il titolo dell’esposizione fa riferimento all’omonimo saggio del filosofo francese Jaques Derrida, nato in seguito ad un evento apparentemente ordinario: uno scambio di sguardi con il suo gatto, avvenuto uscendo dalla doccia, trovandosi quindi completamente svestito. L’esperienza della nudità e del sentimento, intrinsecamente umano, di pudore lo spinsero ad avviare una riflessione sul legame tra uomo e animale e sul senso di alterità che questo produce. In questo rapporto, da sempre in bilico tra la coesione e il distacco, diventa evidente come lo sguardo si riveli uno strumento per il riconoscimento e l’accettazione delle diversità. Questa riflessione è anche alla base della ricerca poetica di Mattia Sinigaglia, che decide di ampliare il discorso, riconoscendo come fondamentale l’osservazione della sfera istintuale per il processo creativo. 

Nel dipinto Ti vede (2025) – il più esplicativo della mostra – a fare da protagonista è una volpe che, immersa in una natura cromaticamente vivace e al confine con il surreale, osserva prudentemente i visitatori, anche quelli più disattenti che passano per caso di fronte alla vetrata della galleria. Per questo lavoro Mattia decide di attingere da un evento autobiografico, un episodio analogo a quello di Derrida con il suo gatto: l’artista, guidando per le strade delle colline tosco emiliane – dove vive e lavora – si trova di fronte ad una volpe che, attonita dagli abbaglianti, resta immobile ad osservarlo. 

Nella creazione artistica di Mattia è evidente la necessità di riprendere una relazione intima con l’animalità, un atteggiamento che affonda le sue radici nelle emblematiche rappresentazioni delle pitture rupestri. Tuttavia, questa esigenza è ormai sovvertita dal pensiero dominante e gerarchico, per cui l’umano sovrasta sul mondo animale, e che ha permeato anche la storia dell’arte, instillando la convinzione che la centralità dell’individuo e la sua rappresentazione siano imprescindibili. 

Mattia Sinigaglia, Saliva, 2025, oil, metallic foil on canvas, 200 x 170 cm, ph Clelia Cadamuro

Inevitabilmente, un pittore contemporaneo come Mattia Sinigaglia viene influenzato da questa gerarchia e dall’immedesimazione che la fisionomia umana produce. In diversi lavori si vedono raffigurati dei volti femminili ripresi dall’arte del mondo greco e romano: a volte inseriti in modo allusivo come in Ti vede (2025), altri esplicitamente direzionati verso il visitatore, come nel caso di Saliva (2025), in cui i lineamenti di un viso si sovrappongono all’immagine di un serpente e ad uno sfondo desertico. Lo sguardo impassibile della donna è, così, capace di alimentare quel senso di pudore e di appartenenza che accompagna l’intera mostra. L’artista decide di rappresentare i soggetti umani utilizzando la foglia oro, elemento che inserisce come tramite tra il mondo grafico e simbolico del linguaggio con quello, più emotivo, della creatività. 

Nonostante la pittura rappresenti la forma prediletta per i suoi lavori, la propensione di Mattia Sinigaglia verso una tridimensionalità si evince dagli elementi in ceramica che posiziona accuratamente sia all’interno delle tele – è il caso di Natural Mania (2024) e Bones and tears of color (2024) – come negli incavi delle cornici in legno di ciliegio, realizzate dall’artista stesso. Le forme inconsuete di queste permettono di estendere l’opera oltre la superficie delimitata del dipinto: i nodi del legno e le curvature, appositamente modellate, sembrano fondersi con le pennellate sinuose e le linee organiche dei soggetti raffigurati. Esplicativi di questa modalità sono Datura (2025) e Not Alone (2025), due opere in cui il mondo naturale viene avvolto da un sentimento magico – forse lo stesso riscontrabile nelle grotte preistoriche – reso attraverso l’accostamento di elementi simbolici presentati in forma pittorica e scultorea. 

Attraversando le stanze della galleria in cui è presentata L’animale che dunque sono ci si imbatte in un continuo susseguirsi di sguardi innocui ed equanimi, a voler dimostrare come l’incontro con l’animalità non sia una componente da temere, dunque, da accogliere in quanto animali noi stessi. 

Cover: Mattia Sinigaglia, Ti vede, olio, gold-silver-multicolor leaf on canvas, 200 x 300 cm ph Clelia Cadamuro

Mattia Sinigaglia, Natural Mania, 2024, oil, ceramic, wood and linen, 50 x 40 cm ph Clelia Cadamuro