Testo di Ilaria Dal Lago —
Secondo la ricerca Istat “Violenza di genere al tempo del Covid-19”, le chiamate al numero verde messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità alle vittime di violenza dal 1 marzo al 19 aprile 2020 – il periodo del lockdown – sono aumentate del 73% rispetto all’anno precedente. La pandemia globale ha costretto persone in tutto il mondo a vivere in casa, un luogo che per molte donne rappresenta una soffocante trappola. La violenza di genere, analizzata in particolare nella situazione del lockdown, è il tema comune del programma Mascarilla 19 – Codes of Domestic Violence, curato da Leonardo Bigazzi, Alessandro Rabottini e Paola Ugolini e prodotto dalla Fondazione In Between Art Films, che prevede il coinvolgimento di Iván Argote, Silvia Giambrone, Eva Giolo, Basir Mahmood, MASBEDO, Elena Mazzi, Adrian Paci e Janis Rafa nella produzione di otto film d’artista.
Durante i giorni del festival Lo Schermo dell’Arte si è svolta anche una conversazione tra i curatori e quattro degli artisti di Mascarilla 19, Adrian Paci, MASBEDO, Elena Mazzi e Silvia Giambrone.
Espacios seguros di Iván Argote è l’unico video che racconta la violenza nello spazio pubblico, mostrando le scritte affisse dal collettivo di attiviste Collage Feminicides nel quartiere di Parigi dove l’artista vive e unendo alle immagini la voce di Diana Rodriguez Franco, che racconta l’attività dell’Assessorato della donna a Bogotà. In un momento di lockdown in cui le persone non possono vivere i luoghi pubblici, Argote offre allo spettatore le immagini di una città, che con le scritte delle attiviste sembra comunicare le richieste di aiuto provenienti dalle case delle donne vittime di violenza, sottolineando la necessità di intervento delle istituzioni.
A occuparsi di spazio domestico sono Silvia Giambrone con Domestication e Eva Giolo con Flowers blooming in our throats: il primo video si svolge all’interno di una casa in cui un uomo e una donna sperimentano diversi tipi di violenza attraverso gli oggetti di uso quotidiano – fiori, piatti, uno specchio. Il secondo video registra dei gesti ambigui che celano una violenza non detta, quasi delicata, nascosta: mani che si sfiorano e poi si trattengono, capelli spazzolati, un getto di acqua forte che pulisce le mani, come a purificarle da qualcosa che hanno compiuto. Le due artiste mostrano una violenza nascosta, che diventa parte dell’ambiente domestico in modo succube e silenzioso. Giambrone, durante la conversazione con i curatori, insiste sulla possibilità di comprendere la violenza solo con la consapevolezza di esserne tutti potenzialmente capaci, per riuscire a individuarne il carattere ambiguo e, di conseguenza, estremamente pericoloso.
Basir Mahmood, costruisce una doppia messa in scena: in Sunsets, everyday l’artista commissiona la creazione cinematografica di una violenza domestica a una troupe, ma ne impedisce quasi totalmente la visione. Lo spettatore assiste alla vera e propria costruzione del set, narrato nei minimi dettagli. Ad emergere sono solo delle azioni ripetute e sempre uguali, che rappresentano la ricorsività della violenza domestica.
Anche la protagonista di Daily Routine dei MASBEDO ripete sempre le stesse azioni. Vive dentro un’architettura del controllo, rappresentata simbolicamente da una casa in cemento e vetro, sotto lo “sguardo” di chi abusa. Il duo non mostra l’uomo che sta esercitando il suo dominio sulla donna, ma decide di dargli una voce, che si assicura di controllare continuamente i gesti compiuti dalla protagonista. I due artisti hanno raccontato di aver scelto una casa che solitamente viene usata come set pubblicitario, un luogo asettico che non ha ospitato dinamiche di intimità al suo interno; questa
asetticità viene portata all’estremo da Daily Routine, in cui la dinamica di sopraffazione si
sostituisce totalmente a quella di relazione.
Nell’opera Lacerate di Janis Rafa e in Muse di Elena Mazzi la violenza di genere viene raccontata
attraverso la rappresentazione di corpi non umani. Rafa riprende dei cani che vivono senza alcun
tipo di controllo all’interno di una casa, in cui liberamente mangiano mobili e resti di cibo. Il video
presenta dei riferimenti all’iconografia del XVII secolo e alla mitologia greca e romana, che
contribuiscono al racconto di una violenza consumata e terminata, in cui i cani – simbolo di fedeltà
estrema – sono i protettori della donna, seduta a un tavolo mentre guarda in camera, dall’uomo che
di lei ha abusato, rappresentato steso a terra in una pozza di sangue. Nel video di Elena Mazzi,
invece, le statue greco-romane di Palazzo Grimaldi sono i soggetti di un racconto affidato a una
domestica, che inizia un percorso di consapevolezza all’interno della collezione nella casa nobile
della coppia per cui lavora. Attraverso la rilettura episodi mitologici che hanno come tema
principale lo stupro e la sopraffazione sul genere femminile, Mazzi insiste su un processo di
radicamento culturale della violenza di genere, che ha forti radici nel passato.
Vedo rosso di Adrian Paci è l’unico tra gli otto video che non si svolge dentro uno spazio. Per tutta la durata dell’opera un rosso vivo e intenso invade lo schermo, interrotto solo tre volte dalla ripresa ravvicinata di un occhio. Daria Deflorian presta la sua voce e il suo testo originale per raccontare una storia di violenza di genere e lo spettatore è portato a concentrarsi solo sulle parole. Il rosso è creato da Adrian Paci spingendo il suo dito contro la videocamera: è quindi il corpo, in questo caso, ad essere considerato lo spazio di azione in cui svolgere l’opera. Un corpo, quello delle vittime di violenza di genere, che si nasconde agli occhi dello spettatore, lasciando di sé solo una traccia di colore, il rosso, come una ferita che non riesce a rimarginarsi.
Fondazione In Between Art Film
MASCARILLA 19 – CODES OF DOMESTIC VIOLENCE
8 film d’artista al tempo della pandemia
a cura di: Leonardo Bigazzi, Alessandro Rabottini, Paola Ugolini
23 novembre 2020: Triennale Milano Teatro, Milano
1 dicembre 2020: Teatrino di Palazzo Grassi, Venezia