ATP DIARY

Marion Baruch: BOMBA al CCA Tel Aviv-Yafo

Dal 15 settembre al 12 novembre 2022 il CCA Tel Aviv-Yafo ospita la mostra personale BOMBA di Marion Baruch, la prima dedicata all’artista da un’istituzione in Israele, a cura di Noah Stolz e Nicola Trezzi. .La lunga carriera dell’artista – un arco...

Marion Baruch, Boutique Safari, 2019. Cotone lana e acrilico, 300 × 550 cm (circa). Courtesy dell’artista, Galerie Urs Meile Lucerna / Pechino e Sommer Contemporary Art Tel Aviv / Zurigo.

Dal 15 settembre al 12 novembre 2022 il CCA Tel Aviv-Yafo ospita la mostra personale BOMBA di Marion Baruch, la prima dedicata all’artista da un’istituzione in Israele, a cura di Noah Stolz e Nicola Trezzi. .
La lunga carriera dell’artista – un arco di oltre settant’anni – si è caratterizzata per eclettismo e originalità. Nella metà degli anni Sessanta, Baruch è passata dalla pittura a opere tridimensionali, appropriandosi di elementi della moda, della grafica, del disegno industriale e delle pratiche commerciali e anticipando, per molti versi, l’emergere dell’arte installativa e dell’Estetica Relazionale. Nata e cresciuta in Romania, l’artista ha studiato all’allora New Bezalel School of Arts and Crafts a Gerusalemme e all’Accademia di Belle Arti di Roma. La sua prima mostra personale è avvenuta nel 1953 proprio in Israele, presso Micra Studio a Tel Aviv. 

In occasione di questa importante mostra al CCA Tel Aviv-Yafo – organizzata con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, insieme a Galerie Urs Meile Lucerna / Pechino, Sommer Contemporary Art Tel Aviv / Zurigo e Galerie Anne-Sarah Bénichou Parigi –  abbiamo fatto alcune domande a Maria Sica, Direttrice dell’Istituto, in merito alla scelta di questa importante e significativa artista, sulla opere selezionate dai curatori per questa occasione – in particolare due lavori del 2021 –, un approfondimento sull’opera che da il titolo alla mostra, BOMBA e, non ultimo, delle anticipazioni sul programma dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv.

Elena Bordignon : CCA Tel Aviv-Yafo ospita una personale di Marion Baruch, un’artista rumena che nella sua lunga carriera ha avuto la possibilità di relazionarsi sia con la cultura italiana che israeliana. Ha computo i suoi studi a Bezalel di Gerusalemme – dove si è confrontata con la tradizione della Bauhaus grazie agli insegnamenti di Mordecai Ardon – sia a Roma, nel 1954, dove ha studiato all’Accademia di Belle Arti della Capitale. Questo percorso formativo lascerà tracce profonde nella sua ricerca. Immagino che questo suo percorso formativo sia uno dei motivi per cui è stata invitata a CCA Tel Aviv-Yafo. Quali altre motivazioni hanno portato a sceglierla per questa importante mostra? 

Maria Sica: La scelta di presentare una mostra di Marion Baruch nasce, come giustamente ricorda, dalla ricchezza e varietà di un percorso lungo, originale, impegnato che a partire dagli anni Sessanta ha attraversato la storia dell’arte contemporanea dialogando con la moda, il design, l’architettura, addirittura sperimentando pratiche commerciali inedite con l’obiettivo di rendere visibile la catena di produzione dell’opera d’arte.  Marion muove dalla figurazione all’astrazione, ha affrontato temi legati al corpo concependo nel 1970  opere come Abito-Contenitore, un abito a forma di lapide, che copriva la testa e il corpo come un burka, in cui lei stessa si esibiva in una sorta di happening, passeggiando lungo la principale via Monte Napoleone a Milano. Ha guardato con attenzione a tematiche socio-politiche come l’immigrazione o i sans papiers, e poi, negli ultimi 10 anni, si è dedicata al recupero quasi rituale dei ritagli di tessuto scartati dagli atelier di moda per restituire loro una rinnovata dignità,   lasciando che da quei materiali di scarto affiorino nuove forme che si aprono nello spazio. 

La varietà del suo linguaggio artistico appare speculare al plurilinguismo dovuto alla sua biografia cosmopolita. Come lei stessa ha avuto modo dire, la traduzione da una lingua all’altra non è mai perfettamente possible, è sempre qualcos’altro, in un certo senso, e questa è una grande ricchezza.

Documentazione fotografica di uno dei primi workshop di Marion Baruch nel 2012, in cui sono stati impiegati scarti dell’industria tessile. Courtesy dell’artista. Fotografo sconosciuto. 

EB: Nel panorama artistico contemporaneo, Marion Baruch si è distinta per una ricerca originale e indipendente. Come dicevi, nella sua lunga carriera è passata dalla pittura a opere tridimensionali, appropriandosi di elementi della moda, della grafica e del disegno industriale. Ma non solo, da sempre la sua ricerca si è arricchita di azioni partecipative e relazioniali. La mostra presso CCA Tel Aviv-Yafo copre tutte le fasi della sua carriera o si concentra su particolari periodi? Quali in particolare?

MS: La mostra copre il periodo più recente dell’attività di Marion Baruch, ma con degli inserti ‘storici’ significativi. Mi riferisco ad una riproposizione di Abito-Contenitore del 1970 e all’opera Contenitore-Ambiente del 1969-70, una sfera di plexiglas, una sorta di utero o bolla d’aria, che ospita al suo interno una persona che rotola in uno spazio aperto alterando i ritmi cinetici della vita quotidiana. 

EB: Il titolo della mostra è senza dubbio molto impegnativo, BOMBA. Il titolo fa riferimento ad un’opera creata appositamente per questa mostra, che apre una nuova fase del lavoro dell’artista. In cosa consiste quest’opera e perchè è così importante?

MS: Bomba, del 2022, opera creata appositamente per questa mostra, apre una nuova fase nel suo lavoro. Consiste in un’inedita composizione monocromatica di “lembi” di stoffa, abiti una volta appartenuti all’artista. La presenza di questo nuovo percorso attesta la perseveranza dell’artista nel reinventare un medium con cui aveva iniziato a lavorare dal tempo del suo soggiorno a Parigi, elaborando un lessico visivo che è tutto suo e al tempo stesso universale. 

EB: Questa fase più recente della pratica della Baruch è caratterizzata dal riuso di scarti tessili dall’industria del prêt-à-porter. Due esempi di questo corpo di opere sono presentati per la prima volta per questa occasione: Passage Paysage e Cloud Architecture, entrambe del 2021. Mi introduce queste due opere significative? 

MS: Passage paysage è un lavoro realizzato con un tessuto delicato, quasi impalpabile, un’ombra luminosa che disegna lo spazio e ne diventa paesaggio. Un frammento di fibre che è anche soglia, passaggio, un punto non di separazione ma di incontro tra ciò che è di là e ciò che è di qua. 
Il Cloud Architecture fa parte delle sculture più recenti di Marion Baruch, nate dal suo interesse per il mondo informatico e per internet a partire già dagli anni Novanta. Queste opere si basano sull’idea ottocentesca di cloud atlas, secondo la quale le nuvole “parlano” e dalla forma di una nuvola o di un banco di nuvole sarebbe possibile dedurre il tempo dei giorni seguenti. Questa cosa ha affascinato molto Marion Baruch, in particolare la affascinava pensare che esiste una corrispondenza tra l’immagine logotipo del mondo cloud, in internet, e quella del cloud in natura. Cloud Architecture è un’opera particolare, diversa dalle altre sculture della serie, perché ha dei pezzi strutturali e non arrotondati, che si muovono cercando una loro forma in un dialogo dinamico tra spazio e superficie. 

EB: La mostra della Baruch apre il programma 2022-23 del dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv. Mi racconta brevemente cosa prospetta il programma dell’anno prossimo?

MS: Stiamo lavorando per avere un paio di grandi nomi del contemporaneo italiano che non posso ancora rivelare. Voglio invece anticipare che stiamo portando avanti una ricerca su una donna che ha iniziato la storia della fotografia femminile in Italia, Ghitta Carell, che ha concluso la sua vita proprio qui in Israele. Rimanendo in tema ‘tessile’, possiamo dire che è un’operazione che vuole riannodare i fili della storia e continuare a tessere legami e relazioni tra i due Paesi. 

Marion Baruch, Name Diffusion, 1993. Vari media, veduta dell’installazione al Museo Groninger (Olanda)
Marion Baruch, Tapis volant, 2005-in corso. Documentazione della performance. Courtesy dell’artista.
Marion Baruch, Contenitore Ambiente, 1970. Documentazione della performance. Courtesy dell’artista.