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Marianna Kennedy alla Fondazione Luigi Rovati

Testo di Aurelio Andrighetto — La mostra Hortus Alchemicus di Marianna Kennedy, allestita presso il Padiglione d’arte del giardino della Fondazione Luigi Rovati (fino al 21 maggio 2023), include sei specchi con cornici in bronzo patinato, un tavolo e un video ambientato nei giardini di Villa Buonaccorsi a Potenza Picena. Uno specchio etrusco in bronzo […]

Marianna Kennedy, Hortus Alchemicus, Auripigmentum, ©Marianna Kennedy, 2022 / Specchio etrusco in bronzo, collezione della Fondazione Luigi Rovati, Milano.

Testo di Aurelio Andrighetto

La mostra Hortus Alchemicus di Marianna Kennedy, allestita presso il Padiglione d’arte del giardino della Fondazione Luigi Rovati (fino al 21 maggio 2023), include sei specchi con cornici in bronzo patinato, un tavolo e un video ambientato nei giardini di Villa Buonaccorsi a Potenza Picena. Uno specchio etrusco in bronzo della Collezione Rovati dialoga con gli specchi dell’artista-designer, che ha realizzato anche un’opera site specific per la sala Kennedy del Museo d’Arte della Fondazione. 
Le forme di questi oggetti, così come le tecniche utilizzate per realizzarli (il mercurio infuso di colore usato per gli specchi e le patinature del bronzo applicate da un artigiano specializzato, che utilizza composti chimici secondo formule alchemiche risalenti al XVIII secolo) evocano un universo simbolico. Lo fanno anche i libri d’artista inspirati all’emblematica in voga nel XVI e XVII secolo, che Kennedy realizza associando stampa tipografica a disegni originali.

L’artista-designer è attratta dagli emblemi riprodotti in volumi antichi. Quello del giurista e letterato milanese Andrea Alciato, pubblicato nel 1531 (Emblematum liber), è il capostipite di questa produzione letteraria, a cui faranno seguito altre opere, tra le quali Choice of Emblemes di Geffrey Whitney (1586), che diffonderà l’interesse per l’emblematica in ambito britannico. Queste immagini simboliche accompagnate da un motto o da un verso esplicativo, o anche da un commento in prosa, sono state utilizzate dai poeti metafisici elisabettiani e successivamente, alla fine del XVIII secolo, William Blake le ha fatte rivivere nel poema The Gate of Paradise. L’enigmatica circolarità tra immagine e parola, che contraddistingue questa forma espressiva fiorita tra Cinque e Seicento, affascina Kennedy: “Per me la combinazione di testo e immagine, ispirata dai libri di emblemi, evoca un mondo misterioso ed enigmatico. Sono interessata a una risposta tanto intuitiva che razionale. Scelgo spesso un’espressione o un motto che m’intriga e faccio un lavoro contemplandolo”. Il rapporto che questi libri hanno con le arti visive è di vecchia data. L’emblematica include infatti anche l’opera Iconologia overo Descrittione Dell’imagini Universali cavate dall’Antichità et da altri luoghi di Cesare Ripa, il primo manuale di iconologia per artisti pubblicato nel 1593. L’opera “necessaria à Poeti, Pittori, et Scultori, per rappresentare le virtù, vitij, affetti et passioni humane” è ricca di richiami a virtù morali o cardinali.

Marianna Kennedy, Hortus Alchemicus, prove d’artista dei sei cataloghi (uno per ogni specchio) realizzati in copia unica, 2022 / Geoffrey Whitney, l’immagine, il motto e l’autografo in Choice of Emblemes, 1586, Leida.
Marianna Kennedy, As above, so below, 2022, Fondazione Luigi Rovati, Milano. Foto: Giovanni De Sandre per Fondazione Luigi Rovati / Dettaglio.

Questa emblematica o “pittura di significazione” morale (così è definita dal gesuita Daniello Bartoli, 1608-1685) entra in rapporto con le Vanitas, un genere pittorico che invita a meditare sulla caducità della vita inserendo nella composizione teschi, clessidre, orologi, bolle di sapone e fiori recisi (spesso delle rose). Le gigantesche spine sui rami del roseto che formano la cornice arborescente dell’opera site specific di Kennedy, inclusa nella collezione permanente del Museo d’Arte, hanno un carattere cristologico. 

L’opera dell’intagliatore britannico Grinling Gibbons (1648-1721), famoso per le ghirlande decorative in legno di tiglio, realizzate per incorniciare specchi e decorare pareti, sembra avere influito sulla poetica di Kennedy, la cui produzione filtra le arti minori del XVIII secolo (il diciottesimo è il secolo che “adora”) attraverso il design contemporaneo con soluzioni singolari: candori neoclassici e colori esplosivi, volumi geometrici essenziali e viluppi decorativi. 

Nelle sue opere si avverte una tensione tra il rigore formale e una fantasia ornamentale che ne forza i limiti. Si potrebbe dire che nella sua ricerca artistica convivono forze opposte: misura neoclassica e slancio romantico verso l’assoluto: “È vero che il mio lavoro è radicato nella materialità, ma aspira alla trascendenza. Il vetro nero dello specchio Nigrum è parte del mondo fisico e simultaneamente cerca di riflettere nozioni assolute di nerezza. Così lo specchio diventa un oggetto di contemplazione”. D’altra parte il Romanticismo è fratello del Neoclassicismo, suo gemello eterozigote nato dalla stessa madre, come si può desumere dalla lettura dei testi di Johann Joachim Winckelmann, in particolare dalla descrizione dell’Apollo del Belvedere. La bellezza è intesa dall’autore come “unità e semplicità congiunte con armonia e combinate dalla proporzione” ma da ambedue (unità e semplicità) “insieme procede il sublime”. 

Grinling Gibbons, Memento mori, 1685, Galleria Estense, Modena.

L’opera di Kennedy sollecita il visitatore a riflettere sugli schematismi che semplificano e, in rapporto all’aspetto ornamentale che caratterizza i suoi oggetti, anche sul significato del termine “decorazione”, il cui etimo rimanda a decus “ciò che si addice, ciò che si attiene”. L’emblema stesso è inteso in questo senso da Alciati, che nella prefazione del volume Emblematum liber scrive: “Proprio come si aggiungono guarnizioni agli abiti e distintivi ai cappelli, così si addice a ognuno di noi scrivere segni muti”. Il legame che questi “segni muti” hanno con la decorazione è mostrato anche dall’etimologia della parola latina “emblema” (dal greco ἔμβλημα), che indica un elemento decorativo. Kennedy ha rabdomanticamente afferrato un aspetto segreto della decorazione: il suo rapporto con un universo simbolico. 

Una forma è quindi decorativa nel senso indicato dall’etimo quando si attiene a qualcosa, nel caso dell’artista-designer a un universo simbolico visivo e insieme anche letterario che emerge dal passato per incontrare anacronisticamente il presente. Questa interpolazione di tempi diversi, che è diventata un paradigma del contemporaneo, trova nel progetto culturale della Fondazione Luigi Rovati il contesto appropriato. L’allestimento permanente del Museo d’arte della Fondazione, che comprende interventi site specific di artisti contemporanei in dialogo con una collezione d’arte etrusca, mette in scena un passato che, come dichiara la stessa Kennedy: “è sempre nuovo”.

Piano ipogeo della Fondazione Luigi Rovati, progettato dallo Studio MCA – Mario Cucinella Architects. Milano.