Testo di Costanza Sartoris
Sarà visitabile fino al 12 agosto la mostra Maledetto Romantico. Opere dalla Collezione Enea Righi presso il Salone Napoleonico dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano.
La mostra è parte del progetto Accademia Aperta 2017, dove gli studenti sono chiamati ad esporre i propri lavori alla città. Nello specifico, “Maledetto Romantico. Opere dalla Collezione Enea Righi” è stata curata da dieci studenti della scuola di Visual Cultures e pratiche curatoriali che ha avuto l’opportunità di confrontarsi con Lorenzo Paini, curatore della Collezione Enea Righi. Da questo dialogo è nata la mostra come indagine dei temi e delle opere di una collezione d’arte contemporanea tra le più importanti del panorama internazionale.
Il gruppo di curatori è costituito da: Vincenzo Argentieri, Michele Argnani, Corinne Cortinovis, Luca Gennati, Matteo Gnata, Emilie Gualtieri, Federica Lamberti, Giacomo Pigliapoco, Chiara Spagnol e Francesco Valli.
Abbiamo parlato del progetto con Federica Lamberti e Chiara Spagnol —
Costanza Sartoris: Inizierei questa intervista chiedendovi cosa si prova a poter lavorare con una collezione così importante ancora da studenti. Penso che tutti gli aspiranti curatori sperino di poter essere coinvolti in un progetto del genere e mi piacerebbe sapere come l’iter formativo vi abbia permesso di arrivare dove siete arrivati e come abbiate gestito la curatela, essendo un gruppo di ben dieci persone.
Federica Lamberti e Chiara Spagnol: Sicuramente l’opportunità di lavorare con una collezione così importante come la Collezione Enea Righi ha generato in noi delle grandi aspettative. Ci sono stati dei momenti di difficoltà nella gestione del lavoro che sottostà a un progetto del genere ma grazie al supporto del comitato scientifico crediamo di essere riusciti a fare un buon lavoro. Sicuramente il nostro percorso di studi ci ha fornito delle solide basi teoriche su come curare una mostra, tuttavia la realtà è sempre più complessa della teoria e questa presa di coscienza ci ha permesso di capire cosa significhi davvero curare una mostra. Tutti noi studiamo all’ultimo anno del biennio e ciascuno aveva già avuto delle esperienze curatoriali indipendenti ma mai con questo respiro. Siamo in un gruppo numeroso – ben dieci! – e questo ci ha permesso di divederci i compiti e aiutarci gli uni con gli altri, compensando le relative conoscenze.
CS: Entrando nel tema specifico della mostra, ciò che mi sembra emergere è la complessa sfaccettatura che caratterizza l’atto del collezionare oggi. Un gesto da voi considerato come assimilabile all’atto amoroso. Cosa potete dirmi a riguardo?
FL&ChS: Ci sembra essenziale specificare che non si tratta di una metafora dell’ “atto amoroso”, quanto più del rapporto sentimentale. Secondo noi il legame tra il collezionista e le opere è assimilabile al rapporto d’amore per via della tensione inesauribile che lo caratterizza e che ricorda quella che lega due amanti. La necessità di possedere le opere desiderate si configura come un rapporto maniacale in bilico tra possibile e impossibile, appagamento immediato e frustrazione costante. Questo si ritrova anche nell’amore: il desiderio di unione con il proprio amante si scontra costantemente con l’impossibilità per la coppia di essere uno.
Scegliendo le opere sulla base di un’affinità elettiva che instaura con gli oggetti, il collezionista mette in gioco la propria intimità. Questo è ciò che emerge in mostra. Il tema peraltro nasce da un lungo percorso di studi sul collezionismo che si è concretizzato a gennaio scorso con la laurea ad honorem conferita dall’Accademia di Brera al premio Nobel Orhan Pamuk. Nel suo romanzo “Il museo dell’innocenza”, anche lui parla di un collezionismo “sentimentale” in virtù del quale la collezione stessa si fa opera a sè. In questo senso anche la Collezione Enea Righi si configura allo stesso modo. Citando lo stesso Righi in un’intervista di qualche anno fa: “L’arte è divenuta una necessità viscerale, compulsiva”.
CS: “Maledetto Romantico”: è così che definite, sicuramente con un velo di ironia, il collezionista. Questo è un gesto senz’altro di forte valenza critica che mi porta a chiedervi perché oggi ha senso parlare di romanticismo a proposito del collezionare?
FL&ChS: Il romanticismo di cui parliamo non è di certo il Romanticismo con la R maiuscola, la corrente artistica e letteraria. Si tratta piuttosto di quel sentire che definisce il legame tra due amanti o tra il collezionista e le sue opere, delicato e morboso allo stesso tempo. Leggere la collezione in questi termini permette di spiegare le dinamiche interne che l’hanno costituita. In questo senso pensiamo che parlare del collezionismo oggi sia limitante poiché questa attitudine ha attraversato i secoli. In questo senso l’atto del collezionare è instrinsecamente romantico: è un topos, al pari dell’amore.
CS: Concluderei chiedendovi in che modo, secondo voi, la mostra riesca ad aprire delle parentesi di riflessione non solo sul tema dell’amore, ma anche sulla tematica dell’intimità. Mi riferisco ad esempio a El Pensiamento di Carlos Garaicoa, o al video From the End to the Beginning di Amir Fattal che sembrano basarsi entrambi su un’assenza e uno struggimento interiore in grado di manifestarsi con estrema potenza anche agli occhi del visitatore.
FL&ChS: Le opere che abbiamo scelto sono caratterizzate da una grande carica emotiva. Crediamo che gli artisti esposti siano in grado di raccontare diverse sfaccettature di un tema vasto com’è quello dell’amore. Non a caso la mostra è priva di un percorso definito: abbiamo voluto che ognuno potesse costruirsene uno personale. Abbiamo voluto che le opere, con i loro diversi linguaggi, stimolassero reazioni, corrispondenze e connessioni autonome nei visitatori. Se il video di Horowitz sembra giocare in modo canzonatorio su un cliché per il quale l’amore si consuma come una sigaretta, le rose bianche di Dadson che si anneriscono appassendo esplicitano una riflessione certamente più malinconica. El Pensiamento di Carlos Garaicoa ha a che fare con il tema dell’assenza, mentre l’opera di Amir Fattal si impone con grande forza. Esponendo approcci diversi a un unico tema, abbiamo voluto creare un ambiente intimo che permettesse al visitatore di rintracciare il proprio sguardo in quello dei sette artisti presenti in mostra.