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Luigi Ghirri. Viaggi – Fotografie 1970-1991 | Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano

Tema dell’esposizione il viaggio, reale e immaginario, non solo nei luoghi immortalati da Ghirri, ma soprattutto nel suo lavoro, nella sua sensibilità e visionarietà fotografica.

E’ stato il primo fotografo italiano che ha iniziato una nuova cultura e un nuovo modo di leggere l’immagine fotografica e il suo rapporto con gli altri saperi e, in generale, con la globalità della cultura. Riflettere sulla ricerca di Luigi Ghirri, comporta sempre la necessità di compiere una serie di relazioni, con la realtà, con l’immaginario popolare,  con l’evoluzione della rappresentazione, non ultima, con la storia dell’arte. Fin dalle sue importanti ricerche degli anni Settanta, come Kodachrome, Colazione sull’erba, Italia Ailati, Paesaggi di cartone e Atlante, Ghirri insinua quella che sarà una delle sue priorità della visione: scattare delle immagini studiatamente ambigue, dove avviene la sospensione del racconto, in modo tale che dentro alle immagini si attenua la distanza tra vero e riprodotto, tra singolo oggetto e serie, tra immagine a stampa e immagine fotografica. Ed è proprio da questa ‘sospensione’ che inizia la bellissima mostra Luigi Ghirri. Viaggi – Fotografie 1970-1991 ospitata al Museo d’arte della Svizzera italiana, a Lugano (dal 8 settembre al 26 gennaio 2025) a cura di James Lingwood.

Tema dell’esposizione il viaggio, reale e immaginario, non solo nei luoghi immortalati da Ghirri, ma soprattutto nel suo lavoro, nella sua sensibilità e visionarietà fotografica. Per una sostanziale lettura delle 140 fotografie a colori esposte in mostra – per lo più stampe vintage degli anni Settanta e Ottanta provenienti principalmente dagli Eredi di Luigi Ghirri e dalla collezione dello CSAC di Parma – partiamo da alcune considerazioni di Arturo Carlo Quintavalle: “Ghirri comincia da una fotografia che chiamerei dell’intervallo tra oggetto e riproduzione, tra oggetto ed evento entro cui l’oggetto stesso si colloca. Ghirri fotografa dunque qualcosa di impalpabile, con sguardo ironico, con un sorriso e un’attenzione umana per un mondo che di solito non è considerato neppure degno di essere riprodotto. Certo, lo stacco dalla cultura dei geometri dei villini, l’ironia sui rituali del comportamento o di quello che allora veniva chiamato kitsch appaiono componenti significative, ma si farebbe un torto a Ghirri pensando a una sua considerazione critica della società del consumo (…) Ghirri legge saggistica, ama il racconto, conosce la musica moderna, soprattutto il rock, ha una conoscenza approfondita dell’arte e della sua storia, del paesaggio e delle sue stratificazioni, dunque è in grado di rileggere, con ironia e distacco, la funzione dell’arte e quindi di quell’artista dimidiato che è il fotografo.” (Carlo Arturo Quintavalle, Muri di carta, Fotografia e Paesaggio dopo le avanguardie, Electa 1993. Pag. 33-34)

Avvicinarsi al mondo dei ‘luoghi comuni’, del quotidiano, e a un nuovo modo di accostarsi a essi è ciò che racconta la mostra a Lugano, partendo proprio dalla serie “Paesaggi di cartone” (successivamente annessa ad un progetto più ampio chiamato Kodachrome), che sembra un discorso critico sul quotidiano consumo della fotografia. Ma Ghirri va molto più in là di un facile giudizio. Fotografie di vetrine, cartoline illustrate, fogli appallottolati, cartelloni scollati, carta da parati: figure vere accostate a immagini finte ma che, nella stampa a colori, appaiono ugualmente fittizie. Scriveva Ghirri: “La fotografia mostra sempre quello che noi crediamo di sapere.” Ed è proprio dalla fascinazione delle immagini trovate che capisce che “la fotografia è già surreale, sempre, nella sua variazione di scala, nella sua sovrapposizione di più piani, nel suo essere immagine inconscia e conscia del reale cancellato. La realtà in larga misura si va trasformando sempre più in una colossale fotografia e il fotomontaggio è già avvenuto: è nel mondo reale.”

Luigi Ghirri Rimini 1977 Lambda print, new print (2022) Eredi di Luigi Ghirri Courtesy Eredi di Luigi Ghirri. © Eredi di Luigi Ghirri.
Luigi Ghirri. Viaggi – Fotografie 1970-1991 – Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Exhibition
Luigi Ghirri Rifugio Grosté 1983 Lambda print, new print (2013) Eredi di Luigi Ghirri Courtesy Eredi di Luigi Ghirri. © Eredi di Luigi Ghirri.

Dai viaggi visionari della prima sezione, passiamo a quella dedicata a “Montagne, laghi, sole e mare”. Qui entriamo nel vivo del tema in senso stretto. All’inizio degli anni ’70 Ghirri compie una serie di gite in località poco lontane dalla sua casa, come Rimini o Marina di Ravenna sulla costa adriatica, ma anche oltre, in località come le Dolomiti e le Alpi svizzere. A questi viaggi brevi, si intrecciano località più lontane come Parigi, Versailles, Amsterdam, Napoli e Capri. Ed è in queste località che Ghirri immortala l’aspetto più effimero, illusorio e apparentemente meno codificato dell’uomo nei suoi momenti liberi. Ecco allora spiagge le persone perse ad ammirare l’orizzonte, il profilo delle montagne, impegnate a giocare, camminare od osservare il paesaggio.

“Ho fotografato molte persone di spalle, mentre osservano immagini, piante di città, carte con itinerari, in queste come in molte altre immagini ho voluto dare alle persone un infinito numero di possibili identità, dalla mia mentre fotografo, a quella ultima: quella dell’osservatore. (…) Non cerco di nascondere una mia impossibilità a dare un’immagine delle persone: il mio rapporto nel momento in cui fotografo passa necessariamente una teoria di lenti, queste come i vetri mi permettono di intravedere. Da un lato non mi piace essere lo scrutatore occulto per carpire segni di vita, né tanto meno mi piace essere un implacabile e inflessibile occhio che guarda direttamente in faccia, e che inevitabilmente, fotografando giudica. In questo teatro tra fondali, quinte, attori il mio ruolo di fotografo non vuole essere quello dell’autore, del cronista dello spettatore, o del suggeritore, ma è anche il mio ruolo identico a quello dei fotografati.”
Da qui lo sguardo gentile, sospeso, che nulla aggiunge o toglie alla realtà ma che fa emergere l’autenticità delle situazioni, dei luoghi e, non ultime delle persone.

Dai viaggi tra province italiane, qualche metropoli e luoghi di villeggiatura, la mostra ci porta, con la sezione “Viaggi in casa”  a compiere un altro tipo di viaggio. Ghirri ha sempre scattato durante i suoi viaggi, ma ci sono due eccezioni durante questo processo: le opere intitolate Atlante e Identikit, ideate e realizzate in casa. Monti, laghi, piramidi, l’atlante è il libro della rappresentazione convenzionata, dei codici e dei segni. I viaggi di Ghirri ci portano sulla carta geografica. “In questo lavoro ho voluto compiere un viaggio nel luogo che invece cancella il viaggio stesso, proprio perché tutti i viaggi possibili sono già descritti e gli itinerari sono già tracciati. (…) L’unico viaggi ancora possibile sembra essere quello all’interno dei segni, delle immagini: nella distruzione dell’esperienza diretta.” Accanto a questi viaggi dove significazione e immaginazione si rincorrono, in mostra percorriamo un altro viaggio ancora diverso: quello che ci mostra i libri, i dischi, le mappe, le cartoline e i souvenir che Ghirri sistemava nelle librerie di casa sua. Nel 1973 il fotografo realizza Identikit, richiamando nel titolo il termine che indica l’immagine ricostruita di un volto, ricomposta a partire da diversi elementi. Più che di paesaggio in questo caso dovremmo parlare di ritratto perché scorrendo il nostro sguardo tra scaffali e mensole, veniamo a sapere cosa il fotografo leggeva, ascoltava, studiava. Scopriamo che aveva più copia di Le mille e una notte, che si dilettava con le letture di Adorno, Nietzsche, Cervantez e Ferlinghetti, così come rovistiamo con lo sguardo tra i suoi tantissimi libri di viaggi e storia dell’arte.

Luigi Ghirri Alpe di Siusi 1979 C-print, new print (2001) Eredi di Luigi Ghirri Courtesy Eredi di Luigi Ghirri. © Eredi di Luigi Ghirri.
Luigi Ghirri. Viaggi – Fotografie 1970-1991 – Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Exhibition

E’ dedicata alla serie In scala, realizzata tra il 1977 e il 1978  – vi ritornò ancora nel 1985 – la sezione “Un atlante tridimensionale”, dedicata all’Italia in Miniatura, un parco inaugurato nel 1970 a Viserba di Rimini. Nel perimetro di allora poco più di 20.000mq che racchiude le miniature dei capolavori artistico-architettonici e paesaggistici italiani, Ghirri ritrova molte delle questioni concettuali ed estetiche su cui da sempre lavorava: l’illusione e il trompe-l’oeil, la distanza fra la realtà e la sua rappresentazione, la comparsa di una natura artificiale, il consumo della realtà turisticizzata, lo sguardo dello spettatore e la sua voracità e, soprattutto, i paradossi derivanti dai processi di riduzione in scala, secondo un meccanismo che accomuna le miniature del parco alla fotografia stessa.

L’ultima sezione della mostra ha per titolo Viaggio in Italia, e sembra omaggiare un’importante mostra sul tema del paesaggio italiano che aveva per titolo Viaggio in Italia (1984) e che comprendeva le ricerche di venti fotografi. Nel 1980, il passaggio a una fotocamera di medio formato, apporta un cambiamento alle fotografie di Ghirri, che acquisirono maggior profondità e chiarezza, oltre che a colori più intensi. Ma al di là di queste caratteristiche, la sua visione rimase immutata, sempre misurata, mai eccessiva, “silenziosa” e priva di effetti speciali.

Per tutti gli anni Ottanta, Ghirri viaggia in quasi tutta Italia, realizzando diversi servizi per enti turistici e per il Touring Club Italiano. Destinati a un vasto pubblico, questi lavori su commissione combinano le immagini stereotipate del genere divulgativo con altre più ricercate. Verso la fine degli anni ’80, realizza tre pubblicazioni: Paesaggio Italiano e Il profilo delle nuvole. Immagini di un paesaggio italiano nel 1989, e nel 1991 il progetto di un libro, Viaggio dentro un antico labirinto, rimasto inedito.
Scrive il curatore della mostra James Lingwood: “In tre pubblicazioni scruta con attenzione il territorio per cogliere ciò che vi è di mutevole, ciò che è invece immutabile. In ognuna di queste tre opere, egli coglie un ritmo diverso tramite pietre e segni, terra e territorio, luce e cielo. Se le vedute sono riprese in modo frontale, essenziale e non spettacolare, approccio che ha caratterizzato il suo lavoro fin dall’inizio, negli anni ’80 l’uso di una macchina fotografica di medio formato conferisce maggior profondità e chiarezza alle immagini. Le sequenze della serie sono prive di riferimenti chiari e di coordinate geografiche”.  (Tratto dal testo di James Lingwood,  “I viaggi di Luigi Ghirri” nel catalogo della mostra Luigi Ghirri. Viaggi Fotografie 1970-1991 con testi di Tobia Bezzola, James Lingwood e Maria Antonella Pelizzari pubblicato da MACK)


Cover: Luigi Ghirri Arles 1979 C-print, vintage print Collection Massimo Orsini, Mutina for Art Crediti fotografici: Massimo Orsini, Private Collection.

Luigi Ghirri. Viaggi – Fotografie 1970-1991 – Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Exhibition
Luigi Ghirri Scandiano, presso la Rocca di Boiardo 1985 C-print, vintage print Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Collezione Città di Lugano Crediti fotografici: Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Collezione Città di Lugano.
Luigi Ghirri Versailles 1985 C-print, vintage print Collection Massimo Orsini, Mutina for Art Crediti fotografici: Massimo Orsini, Private Collection.
Luigi Ghirri. Viaggi – Fotografie 1970-1991 – Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Exhibition