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Memoria, infanzia e metamorfosi: il mondo intimo di Louise Bourgeois in mostra a Roma

La Galleria Borghese ospita, fino al 15 settembre 2024, la prima retrospettiva romana dedicata a Louis Bourgeois (1911-2010), dal titolo Louis Bourgeois – l’inconscio della memoria.

“Ho bisogno delle mie memorie. Sono i miei documenti. Li sorveglio con cura. Sono la mia intimità, e ne sono immensamente gelosa.” (L.Bourgeois)

La mostra Louise Bourgeois – L’inconscio della memoria, da un’idea di Cloè Perrone – curata insieme a Geraldine Leandri e Philip Larratt-Smith con la collaborazione della Easton Foundation – vuole rendere omaggio, in particolare, al rapporto tra l’artista franco-americana e la scultura che divenne il suo mezzo espressivo preferito proprio in seguito ai suoi viaggi in Italia, dove ebbe modo di entrare più profondamente in contatto con la materia, privilegiando il marmo il bronzo e l’acciaio. 

Visitò Roma e la Galleria Borghese nel 1967, rimanendo colpita e affascinata soprattutto dalle opere del Bernini, come racconta lei stessa nei suoi diari e nelle lettere al marito. Questo legame profondo, impresso nella sua memoria si manifesta nelle opere in mostra, in cui l’artista rielabora i concetti della statuaria antica e barocca in chiave contemporanea. E così il concetto di metamorfosi, rappresentato dall’Apollo e Dafne del Berninisi ritrova inTopiary(2005), una fanciulla che sboccia alla vita simbolicamente in una forma vegetale, ma con padronanza di sè e non per volontà di una divinità. Oppure il concetto di ritratto che viene reinterpretato con le teste antropomorfe in stoffa, (Untitled,heads 2002) realizzate con ritagli di arazzi, non più ritratti esteriori, come i busti dei Cesari in porfido e alabastro del salone, ma immagini psicologiche interiori. O ancora, il corpo perfetto di Paolina Borghese, musa ispiratrice del Canova, che dialoga con la scultura Jambes Enlacèes (1990),in cui le gambe dell’amico e collaboratore Jerry Gorovoy, sono riprodotte levigate e nervose in marmo rosa, trasformando così la figura maschile in musa, ribaltando la tradizionale rappresentazione della donna.

Attraverso l’arte la Bourgeois elabora i suoi tormentati ricordi d’infanzia e la mostra è un vero e proprio viaggio nella sua interiorità, nelle sue fragilità, nei traumi e nelle paure che l’hanno accompagnate per tutta la sua lunghissima vita, nella quale l’arte è sempre stata una presenza viva, una compagna che l’ha aiutata ad elaborare, esorcizzare i demoni, a renderli immagini concrete, dandogli una forma visiva. 

Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria, Installation View, Galleria Borghese. © The Easton Foundation:Licensed by SIAE 2024 and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY. Photo A.Osio
Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria, Installation View, Galleria Borghese. © The Easton Foundation:Licensed by SIAE 2024 and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY. Photo A.Osio

Ma i ricordi personali si intrecciano continuamente con tematiche esistenziali universali. Le sue sculture fluttuanti, la serie Janus e Spiral Woman (1984), ospitate nei padiglioni dell’Uccelliera, oltre a stravolgere l’idea di scultura statica, portano a riflettere sul cambiamento, esteriore e interiore, sulla dualità, sulla fusione tra maschile e femminile. 
In lei c’è anche un profondo bisogno di protezione che si ritrova nelle delicate mani che si stringono (Untitled No.7,1993-2009), sulle quali pone una piccola casa che evoca la famiglia che protegge. Le stesse mani ritornano nella serie in bronzo The Welcoming Hands(1996), che si dipana nel suggestivo spazio del Giardino della Meridiana, sono quelle dell’artista che stringono e cercano quelle del suo amico-collaboratore, suo riferimento affettivo e professionale.  Sullo sfondo il grande ragno in bronzo, (Spider, 1996) uno dei tanti da lei realizzati, quasi un suo marchio di fabbrica, presenza costante della madre tessitrice e protettrice.

Agli ultimi anni appartengono le Cells, gabbie metalliche, di dimensioni diverse, metafora dello spazio e delle nostre stesse esistenze, custodiscono al loro interno oggetti appartenuti alla sua famiglia, alla sua casa, oggetti recuperati, oggetti che si collegano ad episodi della sua vita o che simbolicamente li ricordano, accanto ad altri realizzati appositamente, in un continuo di temi personali e concetti universali.
“… Rappresentano vari tipi di dolore: il dolore fisico, quello emotivo e psicologico, quello mentale e intellettuale. Quand’è che il dolore emotivo diventa fisico? E quello fisico, quando diventa emotivo? È un circolo senza fine. Il dolore può avere origine in qualsiasi punto e muoversi in un senso o nell’altro. Ogni Cell ha a che fare con la paura. La paura è dolore. Spesso non viene percepita come tale, perché si maschera sempre. Ogni Cell ha a che fare con il piacere del voyeur, il brivido di guardare e di essere guardati. Le celle ci attraggono o ci respingono. C’è questa urgenza di integrare, fondere o disintegrare”, spiegò lei stessa nel 1991.

Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria, Installation View, Galleria Borghese. © The Easton Foundation:Licensed by SIAE 2024 and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY. Photo A.Osio

Sono installazioni di grande impatto emotivo, a cui istintivamente ci si avvicina con rispetto e un po’ di timore. In mostra Cell (The last Climb), del 2008, che ci accoglie nel salone d’ingresso. Una scala a spirale, simbolo di metamorfosi, sfere di vetro soffiato azzurre, che sembrano volare via da un momento all’altro e racchiudono un significato spirituale, e poi rocchetti di filo, al centro aghi infilati in una sagoma, ricordi della sua infanzia, del lavoro di restauratrice di arazzi della madre, riproposizione del concetto di tessitura e riparazione che accompagna tutta la sua vita. Al piano superiore, nel Salone del Lanfranco, la Cell più grande, Passage Dangereux (1997), di nuovo il processo di trasformazione da ragazza a donna, tra ricordi della casa di origine e strane immagini evocative. 

Opere catartiche – come afferma Geraldine Leardi– attraverso cui Louise Bourgeoisripulisce sé stessa, realizzando opere d’arte che necessariamente le servono, per guarire”.

Un percorso espositivo emozionale, suggestivo e coinvolgente, costruito con grande attenzione ed eleganza, che trova il suo completamento nella piccola appendice ospitata nel Salone della lettura di Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia. Qui è esposta l’installazione No Exit (1989) in cui il ricorrente motivo della scala qui riporta alla memoria la casa d’infanzia dell’artista che, da dietro la scala, spiava il padre, colpevole di tradimento e mai perdonato dalla Bourgeois. Accanto, in un doloroso dialogo, l’arazzo   Saint Sébastienne (1997) custodito dall’Accademia dal 2022, una reinterpretazione della iconografia tradizionale del martirio del Santo colpito dalle frecce, qui in versione femminile, in uno struggente riferimento alle sofferenze fisiche e psicologiche dell’artista, da lei stesso definito un suo Autoritratto. 

L’omaggio a Louise Bourgeois si arricchisce e si completa con altre due mostre a lei dedicate, aperte contemporaneamente alla mostra romana, in una felice, anche se forse casuale, combinazione di eventi. A Firenze Louise Bourgeoisin Florence, mostra diffusa tra Museo Novecento e Museo degli Innocenti, fino al 20 ottobre 2025 e a Napoli Rare Language presso la Galleria Trisorio, fino al 28 settembre 2025. 

Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria, Installation View, Galleria Borghese. © The Easton Foundation:Licensed by SIAE 2024 and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY. Photo A.Osio