Strategie instabili e momentanee, estemporaneità, reiterazioni, sostituzioni, riconfigurazione: queste le caratteristiche che caratterizzano la mostra Loose Ends, ospitata fino al 18 maggio 2019 alla galleria Renata Fabbri a cura di curated by Branka Bencic). Gli artisti invitati – Vlatka Horvat , Sophie Ko, Ištvan Išt Huzjan e Dino Zrnec – hanno creato un fitto dialogo, a volte costruito in quelli che potremmo definire risposte “monosillabi”, dove la lingua comune sembra essere la trasformazione dei materiali, la loro sovrapposizione o incastro.
Quattro idiomi (o codici) che circuiscono significati misteriosi, brani di discorsi che, seguendo esperienze aleatorie, raccontano ciò che di più ambiguo e inafferrabile esiste: il caso.
Le opere indagano la materialità dei processi artistici nel loro articolarsi attraverso la produzione e l’esposizione, in particolare guardano ad aspetti precari ed effimeri inscritti nel processo stesso del fare.
La mostra è articolata attraverso una serie di elementi formali, analogie, giustapposizioni e reciprocità che caratterizzano le opere nella loro riconfigurazione di linguaggi minimalisti, post- minimalisti, concettuali ed astratti. Le opere dei quattro artisti, con modalità e risultati differenti,
indagano i sottile legami che collegano il visivo, il tattile e, non ultimo, il significato intrinseco delle forme, il loro costituirsi e disfarsi nel tempo.
Tra le relazioni spesso inafferrabili tra le opere, si crea uno iato, un vuoto che, inevitabilmente, rimanda alle ‘cose del mondo’, alla realtà quotidiana: la sezione di un edificio invisibile, la delicata geometria che governa il nostro muoverci tra gli oggetti, una natura stilizzata e astratta, la scarnificazioni del ‘contenitore-cornice’, la resa in brandelli di un ipotetico paesaggio notturno…
Le associazioni, così come le tante soluzioni immaginifiche che celano le opere di Loose Ends, sono infinite e imprevedibili.
“Siamo spesso portati a
pensare che ogni azione sia proiettata verso un fine o uno scopo. Tuttavia c’è
una distinzione tra le azioni che sono “mezzi per un fine” (“means to ends”) e
quelle che non lo sono, che costituiscono un fine in se stesse.
Loose Ends esplora e attiva tali elementi di sospensione, un gap che divide la
realtà di un oggetto, un’azione, un’immagine dal proprio significato. Uno
spazio che rimane vago, definito da connessioni allentate o inesistenti tra
parti diverse. Situazioni o azioni diventano articolate come possibilità e
tentativi, sia per raggiungere, che per evitare o per tracciare nuovi fini o,
ancora, per incorporare uno spazio senza fini. Aspettando che il significato
venga re-inscritto, Loose Ends rappresenta una situazione di termini estetici,
spaziali e concettuali per formare un linguaggio visuale di frammenti, forme
temporanee instabili e precarie. Strutturata come narrativa frammentata, uno
scenario di potenzialità sta emergendo all’orizzonte.” (da CS)