ATP DIARY

Lo Schermo dell’Arte | Intervista con Guido van der Werve

English version below — Artista eclettico capace di spaziare dal video alla performance Guido van der Werve è stato il protagonista della sedicesima edizione dello Schermo dell’Arte, tenutosi a Firenze dal 15 al 19 novembre. Il festival ha dedicato all’artista olandese cinque proiezioni al cinema La Compagnia che hanno ripercorso il suo lavoro dal 2006 ad […]

Guido van der Werve – Nummer Achttien –The Breath of Life (2023)
Guido van der Werve – Nummer Achttien –The Breath of Life (2023)
Guido van der Werve – Nummer Achttien –The Breath of Life (2023)

English version below —

Artista eclettico capace di spaziare dal video alla performance Guido van der Werve è stato il protagonista della sedicesima edizione dello Schermo dell’Arte, tenutosi a Firenze dal 15 al 19 novembre. 
Il festival ha dedicato all’artista olandese cinque proiezioni al cinema La Compagnia che hanno ripercorso il suo lavoro dal 2006 ad oggi con la prima italiana di Nummer Achttien –The Breath of Life (2023) e con pellicole ormai celebri come Nummer acht, everything is going to be alright (2007). In occasione dello Schermo dell’Arte ha tenuto anche una lecture presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. 
Punto focale del lavoro di Guido van der Werve è l’utilizzo del proprio corpo e l’esperienza personale: giocatore professionista di scacchi, sportivo, compositore e molto altro, l’artista si mostra al centro dei suoi lungometraggi raccontando la propria vita ed esperienza. Con i suoi lavori esplora i limiti fisici e si misura con l’energia prodotta dal suo corpo ma riesce anche a riflettere su temi delicati raccontando la lunga convalescenza dopo un grave incidente e parlando del suo intimo legame con la musica. 

Abbiamo fatto alcune domande all’artista in occasione dello Schermo dell’Arte.

Arianna Canalicchio: Dal 15 al 19 novembre, sei stato il protagonista del Focus del Festival di Cinema e Arte Contemporanea Lo Schermo dell’Arte. Qual è il tuo rapporto con l’Italia? Quali erano le tue aspettative nei confronti del pubblico che avresti incontrato??

Guido van der Werve: La mia prima galleria è stata Monitor a Roma. È stata la mia prima esperienza con il mondo del mercato dell’arte, che mi ha portato ad avere i primi contatti con musei e collezionisti d’arte. Ho così iniziato a incontrarli anche in occasioni conviviali. “Il mio nome è Guido, Maria…” Prima di frequentare l’accademia d’arte, ho studiato archeologia classica all’Università di Amsterdam. Quindi ho imparato molto sulla cultura classica. È stato fantastico visitare tutti i siti a Roma e poter usare la storia nel mio lavoro. L’arte avviene tra l’opera e il pubblico. È infatti essenziale per me ricevere feedback e vedere come il mio lavoro viene percepito.

Guido van der Werve – Nummer Achttien –The Breath of Life (2023)
Guido van der Werve – Nummer Achttien –The Breath of Life (2023)

AC: In molti dei tuoi lavori, come nel lungometraggio Nummer Achttien – The Breath of Life (2023), che descrivi come “autofiction”, la tua esperienza personale spesso occupa una posizione centrale. Quanto è significativo, secondo te, l’intreccio tra vita e lavoro?

GVDW: Se il mio essere una persona creativa ha un senso, riesco a toccare le persone. Volevo essere un pianista quando ero adolescente. In seguito, quando mi sono avvicinato all’arte visiva, sentivo la mancanza dell’immediatezza che ha la musica. Ho riflettuto sul motivo per cui la musica è così diretta e sono giunto alla conclusione: che i compositori astraggono le loro emozioni e il loro stato d’animo in un’atmosfera. Penso che quell’atmosfera sia la memoria di base. Cerco di creare arte con la stessa immediatezza della musica. Realizzo video basati su atmosfere, basate a loro volta sul mio stato d’animo e sulle mie esperienze. Con le mie esperienze riesco a usare il tempo come un filtro. Se le porto con me per anni, devono essere importanti per me. Forse possono essere universali.

AC: La tua arte coinvolge il corpo e spesso ti misuri con l’energia prodotta da esso. Quanto è importante questa relazione? Mi riferisco a opere come Nummer veertien, home (2012), dove intraprendi una maratona dalla Polonia alla Francia, o Nummer twee, just because I’m standing here doesn’t mean I want to (2003), dove invece vieni investito da un’auto.

GVDW: Lo sport è una forma di meditazione per chi come me non riesce a stare fermo. Svuota la mia mente e mi offre pensieri alternativi. È anche un antidepressivo naturale e mi mantiene in forma. Ne sono dipendente. Proprio perché incorporo sempre le mie esperienze personali nel mio lavoro, era naturale farlo anche in questo caso. La gente ama guardare gli altri fare sport, così ho cercato di vedere se funzionava anche se ero io lo sportivo.

AC: Vuoi dirci qualcosa sui tuoi prossimi progetti? 

Dopo una lunga pausa di sette anni causata da un terribile incidente e dopo aver successivamente realizzato un lungometraggio basato su questo, sono finalmente tornato a creare video arte, sperando che abbia un significato.

Guido van der Werve – Nummer veertien, home (2012)
Guido van der Werve – Nummer veertien, home (2012)
Guido van der Werve – Nummer acht, everything is going to be alright (2007)

Interview with Guido van der Werve

English version —

Arianna Canalicchio: From November 15th to 19th, you will be the protagonist of the Focus of the Cinema and Contemporary Art Festival Lo Schermo dell’Arte, now in its sixteenth edition. What is your relationship with Italy? And what are your expectations regarding the relationship with the festival audience you will meet in Florence?

GVDW: My first gallery was Monitor in Rome. It was my first experience with the commercial art scene. So my first contacts and sales with musea and art collectors happened. We got to know each other on dinners and by having drinks. My name is Guido Maria… Before art school I studied classical archaeology at the university of Amsterdam. So I learned a lot about classical culture. It was great to visit all of sites in Rome and I use history in my work. Art happens between the art piece and the audience. It’s essential for me to get feedback and to see how my work is experienced. 

Arianna Canalicchio: In many of your works, such as in the feature film “Nummer Achttien – The Breath of Life” (2023), which you describe as an “autofiction”, your personal experience often takes centre stage. How significant is the intertwining of life and work in your perspective?

GVDW: If my being as a creative person makes any sense, I manage to touch people. I wanted to be a pianist when I was a teenager. Later when I started in visual art, I missed the directness that music has.
I thought about why music is so direct and came to the conclusion: that composers abstract their emotions and state of mind into a mood. I think that mood is the basic memory. 
I try to make visual art with the same directness as music has. I make videos based on moods based on my state of mind and experiences. With my experiences I take time as a filter. If I still carry them with me for years, they must be important for me. Perhaps they can be universal. 

AC: Your art involves the body, dealing with the energy it can produce. How important is this relationship? I’m referring to works like “Nummer veertien, home” (2012), where you embark on a marathon from Poland to France, or “Nummer twee, just because I’m standing here doesn’t mean I want to” (2003) where you are instead hit by a car.

GVDW: Sporting for is meditation for someone like me who can’t sit still. It clears my head and provides me with alternative thoughts. It’s also a natural anti depressant and keeps me fit. I’m addicted. As I always take my personal experiences into my work, it was only natural to do so. People like to watch people do sports, so I tried to see) if it worked if it was me who’s the sportsman. 

AC: Do you want to tell us something about your upcoming projects?

GVDW: After a long 7 year break caused by a terrible accident and later making a feature film based on this, I’m back to making video art finally, which hopefully is meaningful.

Guido van der Werve -Nummer zes, Steinway grand piano, wake me up to go to sleep and all the color of the rainbow. (2006)
Guido van der Werve – Nummer twee, just because I’m standing here doesn’t mean I want to. (2003)
Guido van der Werve – Nummer twee, just because I’m standing here doesn’t mean I want to. (2003)