Lo scorso settembre, nell’ultimo week end del mese, si è svolta la tre giorni di presentazione di Living Room, la residenza che porta ogni anno 4 artistə italianə e internazionali a compiere un’esperienza di esplorazione sul territorio cunnese. Caratterizzata da progetti artistici inediti, il progetto a cura di Andre Lerda, è giunto alla sua sesta edizione, perseguendo la sua originale vocazione di produrre visioni artistiche inedite a partire dal dialogo con le persone e la comunità e, per il il secondo anno consecutivo, prende forma in concomitanza con l’evento arte-scienza Connecting Worlds, realizzato in collaborazione con il Parco Fluviale Gesso e Stura.
Il titolo di quest’anno − Back to the Mountains − è l’incipit dal quale gli artistæ sono partitæ per esplorare quattro valli della provincia di Cuneo: Vermenagna, Stura, Gesso e Pesio.
Sotto la guida e il supporto del Parco Naturale Alpi Marittime, si sono addentratæ alla scoperta di ricchezze naturali, culturali e sociali dei territori montani, in un viaggio ideale tra rimandi al passato, indagini sul presente e riflessioni sul futuro della montagna, nella consapevolezza che mettere le terre alte al centro delle pratiche di cura ecosistemica, delle strategie di riprogettazione culturale, sociale ed economica, significa costruire le basi del nostro futuro.
Accolte all’interno di quattro luoghi fulcro nel centro storico di Cuneo – Teatro Toselli; Museo Diocesano; Conservatorio G.F. Ghedini e nel cortile del giornale La Guida – le installazioni hanno portato la montagna in città, sollecitando una sempre maggiore presa di coscienza rispetto alla necessità di ripensare il nostro modo di abitare il mondo e di dare forma a una nuova etica del reincanto globale.
Seguono i testi di presentazione delle opere degli artisti invitati alle residenze – Ruben Brulat, Francoise Vanneraud, Ramona Ponzini, Stefano Comensoli e Nicolò Colciago – del curatore Andrea Lerda —
RUBEN BRULAT
Regarde regarde l’eau boit le tout, 2024
Le opere di Ruben Brulat nascono quasi sempre da un’esperienza di viaggio e dal cammino che l’artista intraprende per raggiungere alcuni dei luoghi più remoti al mondo. La natura è il luogo nel quale e attraverso il quale Brulat porta avanti il suo personale bisogno di capire dove e perchè siamo.
Famose sono le immagini che ritraggono il suo corpo nudo mimetizzato all’interno di luoghi montani, foreste, deserti, vulcani e ghiacciai. Ambienti incontaminati nei quali la fusione tra essere umano ed elementi naturali si manifesta mediante azioni dal carattere performativo. Il tentativo di unirsi alla terra, di sentirne la sostanza, di diventare un tutt’uno con la natura, evocano al tempo stesso sentimenti di forza e fragilità.
In occasione di Living Room 2024, Ruben Brulat è stato invitato a esplorare la Valle Gesso. Sotto la guida di James Beauchamp, guardiaparco del Parco Naturale Alpi Marittime, ha visitato il Museo della Segale di Valdieri e camminato su Lo viòl di tàit, il sentiero che conduce a Tetti Bartola, luogo di antichi insediamenti realizzati con i caratteristici tetti in paglia.
In modo autonomo, l’artista ha poi raggiunto la Capanna Sociale Roberto Barbero, nel Vallone della Vagliotta e camminato per sette giorni a piedi tra le montagne della valle.
Immerso nell’ambiente, ha percepito l’acqua come un elemento onnipresente in tutte le sue manifestazioni. Sotto forma di pioggia che cade dal cielo, di nebbia che galleggia nell’aria, di rugiada mattutina o come liquido dinamico che si muove vorticosamente tra le rocce.
A partire da questa immagine − emblematica della montagna in quanto ecosistema vitale per gli equilibri, i processi e la salute degli umani e di tutto ciò che è altro dall’umano, da monte a valle − Ruben Brulat ha prodotto l’installazione immersiva dal titolo Regarde regarde l’eau boit le tout.
Il Teatro Toselli si trasforma in uno spazio di risonanza tra noi e l’acqua che abita la Valle Gesso, in medium mediante il quale possiamo idealmente entrare in contatto con la montagna. Immerso in un’atmosfera morbida, bluastra e di penombra, il video, nel quale le differenti consistenze liquide sono riproposte in modo astratto, sottolinea questa relazione fisica tra l’artista e l’elemento naturale.
Avvolti dalle immagini, dai suoni e da una leggera nebbia, i corpi sono come chiamati a un’esperienza di allontanamento dal noto e avvicinamento all’ignoto.
FRANCOISE VANNERAUD
A Silent Pillar, 2024
Da diversi anni il lavoro di Francoise Vanneraud si concentra sulla percezione soggettiva del tempo e dello spazio attraverso la messa in discussione delle nozioni di esilio, territorio, memoria e tempo vissuto. L’artista francese è interessata ai confini complementari tra il visibile e l’invisibile, il tangibile e l’aleatorio, il viaggio di andata e il ritorno, e in definitiva a interrogarsi sulle cause e gli effetti che convertono o trasfigurano il paesaggio in un territorio.
Centrale nella sua ricerca è la montagna, che l’artista esplora da un punto di vista estetico e concettuale, per lo più attraverso il disegno, la scultura e l’installazione.
In occasione di Living Room 2024, Francoise Vanneraud è stata invitata a esplorare la Valle Pesio. Sotto la guida di Erika Chiecchio, tecnico naturalista presso il Parco Naturale Alpi Marittime, ha visitato la storica Certosa di Pesio per poi addentrarsi sul sentiero che l’ha condotta alle scenografiche cascate del Saut. Un viaggio costellato da approfondimenti sulla flora e sulla fauna del luogo, ma anche da racconti di carattere più storico e geologico rispetto alla conformazione del territorio e delle montagne della valle.
Grotte in lontananza, cavità in ogni direzione, rocce multiformi, piante officinali, farfalle più o meno rare, cinguettii di uccelli da decifrare, fiori dal fascino magico, segni di vita. Il palinsesto di narrazioni della guida restituisce l’immagine di una montagna non come insieme di cime ma come grande entità multispecie vivente.
Francoise Vanneraud restituisce questa immagine attraverso un’installazione che invita lo spettatore ad andare oltre il visibile, per osservare ciò che si trova “dentro” la montagna.
Lo scenario proposto − un assemblage di varie inquadrature di montagne della Valle Pesio che appaiono come una sorta di abbraccio − sono un invito fisico e concettuale a una fruizione più attenta e consapevole di questi luoghi.
Il varco dal quale emergono le piante di ortiche aprono idealmente a una prospettiva altra. L’artista sceglie questa pianta, normalmente poco apprezzata o considerata fastidiosa, come emblematica del potere sconosciuto che la montagna e i suoi elementi racchiudono. Se andiamo infatti oltre la semplice bellezza delle scenografie montane che percepiamo quando camminiamo, avremo la possibilità di addentrarci nella meraviglia celata in ogni singolo elemento che compone quei paesaggi.
Proprio l’ortica, ad esempio, è una pianta dotata di proprietà officinali, fonte di molecole dall’azione antinfiammatoria e diuretica, nonché specie vegetale fondamentale per la biodiversità.
Il punto di vista scelto da Francoise Vanneraud apre a una riflessione rispetto al potere curativo che la natura e gli elementi naturali esercitano sul piano biologico e psicologico degli esseri umani. Se da un lato l’opera configura la montagna come habitat futuro ideale per il benessere della specie umana, è inevitabile chiedersi in che modo il degrado delle foreste, la siccità, la fusione dei ghiacciai alpini, la modificazione dei paesaggi, la scomparsa di sonorità naturali come il cinguettio degli uccelli, il rumore di una cascata di montagna, o l’assenza di acqua nei ruscelli, nei fiumi e nei laghi, condizionerà anche la nostra salute mentale e fisica del prossimo futuro.
RAMONA PONZINI
最小単位, 2024
44°17’33.0″N 7°30’47.5″E
Traccia audio, 3 min. 12 sec.
44°17’17.5″N 7°29’48.8″E
Traccia audio, 3 min. 12 sec.
44°11’46.3″N 7°29’50.3″E
Traccia audio, 3 min. 12 sec.
In occasione di Living Room 2024, Ramona Ponzini è stata invitata a esplorare la Valle Vermenagna. In compagnia di Silvio Peron, musicista e insegnante di organetto presso l’Istituto musicale di Borgo San Dalmazzo, ha visitato il Museo della Fisarmonica di Robilante, per addentrarsi successivamente all’interno delle ricchezze ambientali, agroalimentari e culturali della vallata, sotto la guida di Mario Dalmasso, guardiaparco del Parco Naturale Alpi Marittime. Da quell’esperienza è nata l’opera 最小単位 (Saishō tan’i, Unità minima).
Il lavoro esplora il dialogo tra natura montana e cultura umana attraverso la fusione delle qualità sonore di ambienti naturali e strumentazione musicale tradizionale, articolandosi al contempo come viaggio fisico e spirituale e come messaggio trans-temporale. Partendo dall’indagine degli elementi costitutivi della fisarmonica, l’artista individua il “respiro” prodotto dal ritorno di chiusura del mantice come unità minima sonora dello strumento e lo accosta ai “respiri” naturali dell’Orrido delle Barme e del Bosco di Palanfrè.
Da un punto di vista compositivo, le registrazioni dei suoni prodotti dal mantice del banco di lavoro del suonatore robilantese Notou Sounadour (Giuseppe Vallauri 1896-1984), insieme a quelli di fisarmonica e organetto, vengono mescolate ai field recording dei suoni naturali raccolti nell’Orrido, nel Bosco e alla voce dell’artista. La partitura si articola sulla base delle coordinate geografiche dei tre luoghi oggetto dell’esplorazione, a cui corrispondono tre differenti tracce audio.In 44°17’33.0″N 7°30’47.5″E prevalgono i suoni di mantice, fisarmonica e organetto, strutturati secondo unità ripetitive.
In 44°17’17.5″N 7°29’48.8″E, sull’asse Nord, l’artista manipola i suoni naturali articolandoli in ritmiche mimetiche evocative della spiritualità e dell’intimità che il microcosmo dell’Orrido ispira, mentre sulla coordinata Est isola la singola forma d’onda di una nota di fisarmonica ricongiungendola allo scorrere dei fluidi delle Barme.
In 44°11’46.3″N 7°29’50.3″E il bosco collassa accogliendo voce e fiato umano risintetizzati.
La volontà di tradurre in musica le coordinate geografiche dei luoghi esplorati si connette con l’intimo desiderio di lasciare ai posteri (uman*/alien*/altr*) un messaggio intellegibile al di là degli idiomi terrestri, nell’ottica di una corrispondenza trans-temporale che restituisca equilibrio e rispetto a natura e cultura umana e che conduca l’“Altro”, chiunque e qualsiasi entità ess* sia, sulle tracce di un essere vivente che ha esplorato quei luoghi nel 2024.
Tecnico del suono: Nick Foglia
L’artista desidera ringraziare: Silvio Peron e Mario Dalmasso
STEFANO COMENSOLI_NICOLÓ COLCIAGO
Space in Mirror Is Closer Than It Appears – episode 04, 2024
In occasione di Living Room 2024, Stefano Comensoli e Nicolò Colciago sono stati invitati a esplorare la Valle Stura. Sotto la guida di James Beauchamp, guardiaparco del Parco Naturale Alpi Marittime, hanno visitato il Museo del Contrabbando di Ferrere, camminato sul sentiero che dal piccolo borgo porta verso il confine italo-francese, per raggiungere in seguito il Santuario di Sant’Anna di Vinadio. Gli artisti hanno successivamente deciso di proseguire la scoperta del territorio, muovendosi autonomamente alla ricerca di ulteriori stimoli nel Vallone di San Bernolfo.
Come spesso accade nella loro pratica, hanno scelto il cammino a piedi come mezzo per addentrarsi nei luoghi e per esplorare situazioni di abbandono. Ambienti caratterizzati da un’identità sospesa, dove il tempo si è fermato, ma nei quali è ancora percepibile la traccia lasciata dalle attività che le animavano.
Stefano Comensoli e Nicolò Colciago si sono addentrati all’interno di uno degli edifici più iconici del territorio montano cuneese, depositario di una storia antichissima, e attualmente in stato di inutilizzo. In linea con il loro modo di lavorare, ne hanno esplorato le caratteristiche, per dare vita a una sua riconfigurazione estetica e formale.
Il video Space in Mirror Is Closer Than It Appears – episode 04 ci proietta dentro questo luogo, avvolto da un’atmosfera decadente, immerso in una luce lattiginosa e in parte surreale, in viaggio attraverso il tempo. Gli artisti sono intervenuti al suo interno in maniera scultorea, riconfigurandone parzialmente la fisionomia di alcuni spazi. Si tratta di un’operazione al limite del decifrabile, che agisce prevalentemente su un piano concettuale.
L’azione di Stefano Comensoli e Nicolò Colciago entra in contatto diretto con uno dei grandi problemi che interessano la montagna, ovvero la costante e crescente tendenza all’abbandono e allo spopolamento. Un fenomeno che interessa le persone ma che si manifesta in maniera visibile con la presenza di numerosi edifici industriali, commerciali e abitativi in stato di oblio.
Nel compiere un gesto di riattivazione identitaria, gli artisti agiscono in modo critico all’interno del sentire collettivo, invitando a un generale ripensamento della montagna attraverso i concetti di cura, trasformazione e avanzamento.
Andrea Lerda