ATP DIARY

Living Architecture di Refik Anadol al Guggenheim Bilbao

Fino al 19 ottobre 2025 è in corso al Guggenheim Bilbao l’installazione dell’artista turco Refik Anadol: una rilettura dei progetti di Frank Gehry con l’utilizzo dell’AI.

Immersi in onde di colori, volute veloci e brillanti, anse che si sgretolano a tempo record. La pretesa dell’artista è quella di farci vivere un’esperienza totale ed emozionante. La grande Galleria 208 del Museo Guggenheim Bilbao, si presta perfettamente ad accogliere quello che, nelle intenzione, vuole essere un’invito a capire e a confrontarsi con una realtà concepita, potenziale e strutturata dall’Intelligenza Artificiale. Stiamo raccontando le prime sensazioni del progetto Living Architecture (a cura di Lekha Hileman Waitoller, con il sostegno di Euskaltel come partner tecnologico e di Google), l’opera dell’artista turco nato nel 1985 a Istanbul, ma di casa a Los Angeles, Refik Anadol ispirata al lavoro dell’architetto Frank Gehry. 
La mente eccelsa di Gehry, le sue idee ‘spaziali’ pirotecniche, diventano pixel e impulsi, diventano movimento ed accumulo di stimoli senza soluzione di continuità. Anadol porta alle estreme conseguenza linee e concetti, volumi e calcoli per dar vita ad uno spazio vivo e vitale. La sfida è quella di competere con un’architettura che ha del superlativo, dell’imprevedibile, che ha soluzioni sia formali che tecniche sbalorditive. Un non plus ultra progettuale che Anadol sembra voler incarnare nella sua grande installazione, evidenziando la spettacolarizzazione, appunto degli accessi. In occasione della presentazione della mostra, in molte dichiarazione l’artista ha più volte ribadito che Living architecture non da voce solo alla ricerca tecnologica che le da sostanza e ragione (in realtà) ma sopratutto vuole “che parli davvero di dove stiamo andando”. Generoso, tendente al sorriso, disponibile e loquace, Anadol ha raccontato il suo progetto e lo spazio che lo ospita come “un luogo in cui ci interroghiamo, mettiamo in discussione, ci immergiamo davvero nei problemi della vita”.

Complessa, laboriosa, frutto di un ‘team’ più che un’unica persona – questo aspetto di ‘opera collettiva’ è stato da lui stesso sottolineato – “living architecture” è il frutto di avanzate tecnologie digitali come la Large Architecture Model (LAM), un innovativo modello di intelligenza artificiale sviluppato dallo studio dell’artista,  Refik Anadol Studio. I LAM sono modelli di IA all’avanguardia in grado di elaborare ed eseguire una molteplicità di attività convertendo le istruzioni umani in azioni o immagini in continuo movimento e trasformazione. 

REFIK ANADOL STUDIO Installation view of Living Architecture. Gehry at the Guggenheim Museum Bilbao © Refik Anadol, Bilbao 2025
Refik Anadol, Installation view of Living Architecture. Gehry at the Guggenheim Museum Bilbao, Bilbao 2025 – Foto ATPdiary

Ma al di là della complessità tecnica che la grande installazione ha comportato per la sua realizzazione, il punto nodale e, forse, il più ambizioso di Living Architecture, è il fatto di essere stato concepito dall’artista come uno strumento per interrogarci, per ‘muoverci’ riflessioni e perplessità sul mondo e la realtà attuale. Anadol spera che che questa sua grande opera immersiva sia “trasformativa e unificante” perchè, “il museo è un luogo fisico, dunque anche l’opera deve essere prima di tutto un meccanismo che ci connette e che ci fa vivere un’esperienza insieme”. 

Emerso nel panorama dell’arte contemporanea per la sua attitudine pionieristica di ‘sostanziare’ le potenzialità (ma anche la vacuità, per molti aspetti) dell’intelligenza artificiali con dei contenuti di rilevanza esistenziale, Anadol ha cercato, assiema al suo Studio, di realizzare dei lavori che ci interrogano su cosa “significhi essere umani nell’era dell’IA”. Tra i suoi tanti interventi spettacolari, si citano quelli sulle facciate di edifici simbolici come Casa Batllò a Barcellona, la Ealt Disney Concert Hall di Los Angeles o le sue installazioni al MoMa di New York. In Italia lo abbiamo visto davanti al Duomo di Milano per un progetto per Bulgari e a Palazzo Strozzi con l’opera  Reinassance Dreams.

Incline a vedere il lato ‘buono’ della tecnologia che quotidianamente ci isola, a testa bassa, di fronte al piccolo schermo del nostro smartphone, Anadol preferisce far esplodere questo ‘isolamento’ in un ‘evento’ dalle grande dimensioni. Lo schermo a cui siamo appiccicati per lunghi ore viene dall’artista moltiplicato al massimo trasformando la stessa Galleria 208 in un enorme schermo sovradimensionato in cui, smussati angoli, e fuso pareti e pavimento grazie agli effetti delle proiezioni, abbiamo la sensazione di galleggiare in un limbo luminoso e in continua mutazione. 
E’ stato significativo attraversare il grande spazio assieme a molte persone, notando che nessuna compiva gli stessi movimenti, nessuna guardava nella stessa direzione, non c’era né un centro, né un verso e, alla fine, nemmeno un’unità di misura: il vortice di immagini, in  sequenza velocissima, non da la possibilità di ‘leggere’ un punto fermo, ma tutto è concepito per un’eterna liquidità che trasforma in altro, diventa altro. 
Fa impressione considerare che Living Architecture è il frutto di un modello di dati che condensa 35 milioni di immagini estrapolate tra progetti, documenti strutturali di edifici concepiti da Gehry in tutto il mondo: materiale che, filtrato dall’AI, ha dato vita da un ‘spazio vivo’ strutturato in sei capitoli interconnessi che vedono, ad ogni passaggio (in realtà le proiezioni sono percepite come un continuum senza nette suddivisioni)  il set di dati trasformarsi attraverso un complesso riconoscimento di pattern e visioni astratte. 

L’impatto è senza dubbio fortissimo, grazie a ben 46 proiettori e telecamere (per mappare la curvature delle pareti) appese tra pareti e soffitto; gli angoli tra le pareti sono smussati e il soffitto è stato rinforzato per poter sostenere tutto l’impianto. 

Refik Anadol, Installation view of Living Architecture. Gehry at the Guggenheim Museum Bilbao, Bilbao 2025 – Foto ATPdiary
REFIK ANADOL STUDIO Installation view of Living Architecture. Gehry at the Guggenheim Museum Bilbao © Refik Anadol, Bilbao 2025

Anche la visione, ravvicinata e d’insieme è soddisfatta da una risoluzione di 20K, che l’artista spiega essere la più alta risoluzione mai creata da un’intelligenza artificiale, il tutto potenziato da un’ ‘atmosfera’ sonora molto sofisticata, realizzata a Kerim Koraoglu. Quest’ultimo ha realizzato la traccia sonora continua utilizzando registrazioni prese dal museo e da altri edifici di Gehry. Per completare l’esperienza che si vuole totalizzante, nello spazio è stato diffuso un profumo personalizzato ad hoc per il progetto. 
Visto, udito e olfatto impegnati a ‘digerire’ forse una complessità che, l’emotività fa un po’ fatica a digerire. L’impatto multisensoriale, i ritmi incalzanti delle visioni sempre in movimento e per lo più astratte, anche laddove mostrano architettura e spaccati di edifici, diventano forse ‘troppo’ per essere effettivamente comprese nella loro complessità. 
Sempre l’artista: “Siamo in questa nuova era in cui non credo che possiamo semplicemente dire che ‘Living Architecture’ è un dipinto o una performance o una videoarte. Stiamo immaginando una nuova forma di realtà (…) Spero che possiate vedere questo oltre i pixel luccicanti. Spero che possiate vedere questo oltre la semplice tecnologia; che ci sia una profonda comprensione e un significato dietro l’opera”.

E’ come se le intenzioni dell’artista, la sua necessità di farci riflettere partisse da una esagerata volontà di mostrare, rappresentare, sintetizzare il caotico mondo digitale in cui siamo più o meno consapevolmente immersi.
Resta il dubbio che quella che lui considera una nuova “realtà generativa” resti  il frutto di un’entusiasmo positivista verso l’IA, quando ciò che veramente preme indagare è a livello contenutistico che non si esaurisca nel concetto un po’ generico di “significato dell’essere umano nell’era dell’AI”. Perché il vero dubbio nasce proprio dal conciliare le “allucinazioni artificiali” con una vera preoccupazione su come controllare, gestire e disciplinare ciò che l’IA può fare a nostro danno o beneficio. 
Ma anche queste traiettorie interpretative, rientrano nella più ampia riflessione che l’artista ci invita a compiere, essendo lui il primo di una serie di artisti che, invitati dal Guggenheim Bilbao, daranno vita a IN SITU: una nuova serie di mostre che il museo ospiterà nei prossimi anni per presentare ambiziosi progetti che indagano principalmente l’ambito della scultura, delle installazioni ambientali e delle creazioni multimediali. 

REFIK ANADOL STUDIO Installation view of Living Architecture. Gehry at the Guggenheim Museum Bilbao © Refik Anadol, Bilbao 2025
REFIK ANADOL STUDIO Installation view of Living Architecture. Gehry at the Guggenheim Museum Bilbao © Refik Anadol, Bilbao 2025 .