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Live Works SUMMIT 2021 | Centrale Fies

Si è concluso da pochi giorni Live Works SUMMIT 2021 a cura di Barbara Boninsegna e Simone Frangi. Cinque giornate di summit, performance, mostre in cui si sono uniti i fellows dell’edizione 2020-2021 con i nuovi sei selezionati per la nona edizione 2021-2022: Sergi Casero Nieto, Gabriele Rendina Cattani, Selin Davasse, Joannie Baumgärtner, Ivan Cheng, […]

Si è concluso da pochi giorni Live Works SUMMIT 2021 a cura di Barbara Boninsegna e Simone Frangi. Cinque giornate di summit, performance, mostre in cui si sono uniti i fellows dell’edizione 2020-2021 con i nuovi sei selezionati per la nona edizione 2021-2022: Sergi Casero Nieto, Gabriele Rendina Cattani, Selin Davasse, Joannie Baumgärtner, Ivan Cheng, Ada M. Patterson & Clementine Edwards; a loro si aggiunge Silvia Rosi, selezionata per la prima edizione dell’Agitu Ideo Gudeta Fellowship. Ad accoglierli una Free School focalizzata sulla ricerca e lo studio, tenuta da due nuovi resident curator di Centrale Fies Mackda Ghebremariam Tesfau’ e Justin Randolph Thompson, e dagli speakers Krystel Khoury – dramaturg e Direttrice ISAC, Kathryn Weir – Direttrice del MADRE, Onyeka Igwe – regista, Ibrahim Mahama – artista visivo.

Nelle serate d’apertura al pubblico sono andate in scena le performance degli ex alumni e alumne di LIVE WORKS: Astrit Ismaili, Dina Mimi, Madison Bycroft, Ursula Mayer, Jacopo Miliani, Julie Béna e dei fellows 2020 Thais Di Marco, Harilay Rabenjamina, Giulia Crispiani & Golrokh Nafisi, Olia Sosnovskaya, Göksu Kunak, Buenos Tiempos, Int. (Marnie Slater & Alberto García del Castillo), Noor Abuarafeh a ribadire la transdisciplinarietà della piattaforma.

Giulia Crispiani _ Golrokh Nafisi – The city we imagine – ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies

The city we imagine è il progetto a cui hanno lavorato Giulia Crispiani e Golrock Nafisi, si è materializzato dopo 5 anni sotto gli occhi del pubblico di Centrale Fies, attraverso una forma così coinvolgente da richiamare in scena le persone mentre ancora applaudivano, in un riconnettersi tra artiste e pubblico davvero inimmaginabile. Obiettivo che Centrale Fies si era posta per questa nuova estate di programmazione e residenze. 
Racconta Giulia Crispiani: “Golrock e io lavoriamo insieme dal 2016, io sono a Roma e lei a Teheran e un anno fa LIVE WORKS sarebbe stato inizialmente un’opportunità per lavorare vicine fisicamente, ma la situazione non ce lo permise. Era l’inizio della pandemia.”
Prosegue Golrokh Nafisi: “In fondo per noi la piattaforma di LIVE WORKS, anche se in un’edizione strana e di lontananza, è stata una grande occasione di studio. Le nostre conversazioni digitali avvenivano tra Dro, Teheran, Roma, Beirut, e ci hanno permesso di viaggiare con l’immaginazione, ci raccontavamo di volta in volta cosa vedevamo in questi luoghi e in quelle città, tessendo quella che sarebbe stata una mappa visiva e sonora di quello che accadeva nelle nostre vite.
La città ideale che abbiamo immaginato – affermano le artiste – non ha nulla di utopico, è più l’insieme di tutte le altre città che abbiamo attraversato e vissuto e vorremmo fosse un luogo dove vivere senza filtri per uno scambio reale tra le persone.”

Göksu Kunak Cabaret-Portrait – Döner Blackout III – ph Alessandro-Sala -courtesy – Centrale Fies

In “Cabaret Portrait: Döner Blackout III” Göksu Kunak lavora su una performance dalla struttura rizomatica che connette immagini, eventi, parole e movimenti che forzano il corpo e l’immaginario diventando rappresentazione astratta di una narrazione popolare, ispirata a una trasmissione televisiva turca, figlia di un regime autoritario. 

“In questa trasmissione mattutina – racconta l’artista – ospiti, tematiche, azioni, accadimenti, rubriche sono un flusso schizofrenico e interrotto di visioni e messaggi patriarcali ed eteronormativi fatti passare attraverso un linguaggio pop e kitsch: dalla chirurgia estetica alla cucina, senza soluzione di continuità, dove potentissima è la censura di tutto ciò che potrebbe fuoriuscire dal punto di vista di un intero Paese. Vivere a Berlino e andarmene dalla Turchia mi ha fatto ritrovare pratiche performative e strumenti capaci di esprimere liberamente il mio essere queer e no-binary”.

Harilay Rabenjamina – MY HONOUR IS SAFE – ph Alessandro Sala courtesy Centrale Fies

Video sullo sfondo e una narrazione cantata, quasi da musical, a tracciare i confini e le forme della performance di Harilay Rabenjamina. Un’ironia sottile per rifondare una relazione col pubblico, interrogandolo a partire da una dichiarazione del perturbante che apre la sua performance svelando di avere in qualche modo paura di non essere all’altezza, sciogliendo la platea e facendola così entrare nel suo mondo a una velocità inimmaginabile.

La performance nel mio caso – racconta l’artista – è un punto di incontro tra fiction e realtà e parla dell’apparire in pubblico. Ho messo in scena questo discomfort per parlare di legittimità e strutture di potere e di come trovare noi stessi quando siamo intrappolati in una situazione spaziale o relazionale in cui sentiamo che la situazione non è giusta, ho voluto parlare di questo in modo semplice. La musica r&b mi aiuta a navigare in modo libero nei mood che i personaggi attraversano”.

Buenos Tiempos, Int. _ Marnie Slater _ Alberto García del Castillo _ El público – ph Alessandro Sala courtesy Centrale Fies

Buenos Tiempos, Int. _ Marnie Slater & Alberto García del Castillo nella performance “El público” -tratta e ispirata da un testo del drammaturgo spagnolo Federico García Lorca- utilizzano metodologie queer e camp di appropriazione, travestitismo e teatro amatoriale. Per questo motivo hanno chiesto a Centrale Fies di utilizzare nei sottotitoli il linguaggio inclusivo. Per questo lavoro Fies ha affrontato, con loro, la traduzione in un testo inclusivo, utilizzando anche le proposte di Adriano Fragano nel manifesto antispecista /teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera, oltre che a un confronto con Luca Boschetto di italianoinclusivo.it e la sociologa Mariella Popolla. 

“Il testo di Lorca – raccontato l3 artist3 – è stravagante e straordinario, è una sorta di versione o adattamento di Romeo e Giulietta incentrato sulla trasformazione fisica delle persone, dei costumi, degli oggetti. Ci siamo concentrati sulle parti dell’opera in cui ci sono due personaggi in relazione o due costumi, scambiati e trasformati attraverso il linguaggio. La nostra interpretazione ha molti riferimenti pop, volevamo rompere con le modalità tradizionali di messa in scena di quest’opera, storicamente designata come metateatrale o considerata come impossibile da mettere in scena”

La performance di Thais Di Marco non ha potuto avere luogo causa infortunio, qui le sue parole raccolte durante la residenza a Centrale Fies. 

“octopus artist against neoliberalism è un movimento il cui obiettivo è mobilitare gli artisti per essere in grado di denunciare e lottare contro pratiche neoliberali oppressive come l’industria della fama, pratiche di esclusione e differenti forme di fobia da parte di curatori e direttori artistici. Il mio lavoro può girare solo se assomiglia a qualcosa e il looking like è connesso al suprematismo bianco e alla eteronormatività. La diaspora afroamericana alla quale appartengo ma anche la diaspora rom alla quale appartengo e le diaspore di tutte le persone nel mondo hanno sempre un impatto sociale e l’arte è un archivio e una cosmologia sulle quali le persone basano la propria immaginazione. Per questo per me non è possibile evitare di porsi domande su come l’arte viene creata e di come collabora con i micropoteri e il neoliberalismo.”

Noor Abuarafeh in collaboration with Flavia Malusardi – The Last Museum_ Museum of all Museums performed by Flavia Malusardi – ph Alessandro Sala courtesy Centrale Fies

Noor Abuarafeh è un artista palestinese che per le delicate condizioni in cui versa la Palestina in questo momento storico non è stata in grado di raggiungere Centrale Fies. Così Noor ha insegnato e affidato la sua performance a Flavia Malusardi, in questo modo è stato possibile portarla in scena.

Nella performance “Museum of Museums”  l’artista avanza l’idea che i musei siano destinati a diventare obsoleti nel prossimo futuro. La performance, basa sul romanzo “The Earth Doesn’t Tell its Secrets” scritto dall’artista nel 2017, sarà l’ultimo monumento permanente volto a preservare e documentare l’esistenza dei musei. 

Olia Sosnovskaya – Citing sources – ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies

Nella forma di una lecture-performance, Olia Sosnovskaya traccia il rapporto tra la lingua, il movimento, i sentimenti e la politica. Si riferisce al luogo e al significato del documento rispetto all’evento. A questi si accede attraverso la nozione di partitura, intesa in modo piuttosto ampio, come qualsiasi materiale grafico o testuale che descriva e chiami all’azione. Opera in molteplici temporalità: il passato della traccia di un movimento, il futuro dell’azione costantemente immaginata, il gesto presente di un lettore. Racconta l’artista: “il mio lavoro riguarda il testo e il movimento e come il linguaggio, il movimento e le emozioni vengono trattate in ambito politico. La ricerca riguardo questo tipo di linguaggio attuato dal regime socialista, è iniziato studiando il concetto di una celebrazione socialista: libri, testi, immagini che ho trovato presso la Biblioteca Nazionale della Bielorussia.”

Astrit Ismaili – MISS – ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies