Life and Herstories (Autobiografia come Dialogo) è un ciclo di mostre, azioni e incontri, a cura di Daria Filardo, che propone una riflessione sull’approccio autobiografico come pratica prevalentemente femminile tesa al dialogo, alla creazione piccole e grandi comunità, alla riscrittura della Storia ufficiale.
Ospitata a Villa Romana (Firenze), la prima mostra è stata inaugurata il 25 Settembre con le ricerche di Chiara Camoni e Stefania Galegati. In mostra sia due nuclei distinti di lavori delle due artiste, sia un lavoro collettivo che riunisce più voci: le ricerche delle due artiste con le parole e le azioni realizzate insieme a Sandra Burchi, Cecilia Canziani, Daria Filardo, Elena Magini, Arabella Natalini.
In occasione di questo primo appuntamento abbiamo posto alcune domane alla curatrice Daria Filardo
Elena Bordignon: Curi un ciclo di mostre per Villa Romana, Life and Herstories. L’obiettivo di questo progetto è di compiere una riflessione sull’approccio autobiografico come pratica prevalentemente femminile. Quali sono i punti forti per sostenere la tesi che il taglio autobiografico sia prerogativa delle donne?
Daria Filardo: Questo progetto nasce da una mia riflessione sulla scrittura d’arte (la critica d’arte) che diventa una scrittura che racconta l’incontro con l’arte da una prospettiva autobiografica. L’interesse per la scrittura autobiografica, sia dal punto di vista letterario che storico artistico è un’ossessione che si riflette anche nella attrazione verso le opere d’arte che si nutrono di esperienze autobiografiche.
Questo interesse ha fatto sì che io mi occupassi sempre più spesso del punto di vista situato e autobiografico nelle pratiche femminili (anche se non è un campo di analisi che esclude altri autor*) e che in queste opere riscontrassi alcune linee di ricerca ricorrenti che hanno a che fare con la commistione di Arte e Vita e con un approccio prevalentemente anti-eroico.
La presenza del Soggetto, e le strategie attraverso le quali questo si manifesta, sono materia di indagine a partire dalla costruzione della modernità (e si può andare anche più molto più indietro nella Storia). Il punto di vista interno e situato (artistico e letterario) è ormai completamente assimilato, soprattutto dopo che il 1989 ha portato con sé il racconto di chi non era incluso (sia internamente che esternamente a quel mondo finora dominante).
Il taglio autobiografico non è prerogativa esclusivamente femminile, non è intento del progetto fare una storia della differenza, quanto piuttosto proporre una lente di osservazione che permette di contestualizzare un approccio dialogico e anti eroico al racconto (più che autocelebrativo). Life and Herstories (autobiografia come dialogo) dà voce a una necessità che oscilla fra la relazione e frequentazione con artiste con le quali condivido la ricerca di un linguaggio altro, e la volontà di situare queste relazioni in un contesto più ampio ritrovando radici e genealogie comuni.
Le riflessioni sul ‘Soggetto imprevisto’ di lonziana memoria e le ricerche femminili e femministe dagli anni ’60 ad oggi hanno molto ragionato sulla costruzione di un’altra soggettività nel contesto della cultura dominante patriarcale, un soggetto che si è costruito in opposizione alla nozione del soggetto astratto e universale maschile ereditato dalla tradizione modernista e dal pensiero filosofico moderno.
Come si usava dire (e io credo sia ancora vero) le intellettuali donne fanno teoria ‘sulla propria pelle’, includendo il corpo e la vita nella percezione di sé e nell’incontro con l’altro. Questa attitudine è ancora viva nelle diverse declinazioni del femminismo contemporaneo, oggi si riflette per esempio sul concetto di ‘auto-theory’, un approccio interdisciplinare al fare Storia che include il corpo e le esperienze personali come forma di produzione del sapere (anche) accademico.
Il progetto prevede questa prima mostra con i lavori di Chiara Camoni e Stefania Galegati, una seconda mostra con i lavori di Ottonella Mocellin/Nicola Pellegrini e Helen Cammock e alcuni incontri che amplieranno l’idea di ‘autobiografia come dialogo’ al di là del mondo dell’arte visiva. Ci aiuteranno a entrare nella relazione Arte e Vita da una prospettiva femminile Sandra Burchi, ricercatrice indipendente che collabora con l’università di Pisa e Natalia Cangi direttrice dell’Archivio dei Diari a Pieve Santo Stefano (AR) attenta osservatrice della storia personale come pilastro della costruzione di una storia collettiva. Il dibattito sull’autobiografia è molto vivo anche in ambito letterario all’interno del quale la definizione di ‘autofiction’, amplia e complica la relazione autobiografica con il testo letterario. Un incontro, in collaborazione con La città dei Lettori Festival Letterario a Firenze, sarà dedicato ad approfondire questi aspetti con Rachel Cusk, autrice di narrativa e saggistica, una delle voci più autorevoli del panorama letterario internazionale.
EB: Iniziano il ciclo di mostre Chiara Camoni e Stefania Galegati. Perché hai deciso di invitarle a questo ciclo di mostre? Cosa presentano le artiste e come dialogano tra loro le rispettive opere?
DF: Conosco e seguo il lavoro di Chiara Camoni e di Stefania Galegati da molti anni, apparteniamo alla stessa generazione. Negli anni è maturata una relazione che si è ritrovata in esperienze comuni lungo la strada.
Tutte le opere presentate, due nuclei distinti di lavori delle due artiste e un lavoro collettivo, hanno un carattere di forte condivisione dei processi creativi e propongono un’attenzione all’esperienza dell’artista come parte di un campo di lavoro allargato nel quale si intrecciano riflessioni e materiali con piccoli e grandi comunità di persone.
Di Stefania Galegati è presentato un importante nucleo lavori su tela, carta e altri supporti riciclati che ritraggono l’isola delle Femmine (Palermo). Isola delle Femmine è un isolotto disabitato, situato sulla costa della piccola cittadina da cui prende il nome. Dal 1997 è riserva naturale della Regione Sicilia ed è gestita dalla LIPU.
Isole delle Femmine è un progetto complesso fatto di molti elementi diversi: collettivi, performativi, oggettuali. Uno di questi è il progetto utopico e reale allo stesso tempo di riunire moltissime donne per comprare insieme l’isola, messa in vendita nel 2017. L’intuizione dell’acquisto nasce come atto di riappropriazione al femminile, un gesto simbolico di resistenza contro la dittatura dell’utile. E’ un progetto in fieri che ha visto la nascita di un’associazione culturale che gestisce il complesso lavoro di acquisto ( le Femminote: fondata nel 2020 da Valentina Greco, Stefania Galegati e Claudia Gangemi in collaborazione con Marcela Caldas) e ne alimenta la riflessione. Parallelamente Stefania Galegati realizza una numerosissima serie di ritratti dell’Isola sui quali trascrive, mentre lo legge, Il Secondo Sesso di Simone De Beauvoir. La lettura di un testo fondamentale del pensiero femminista della nostra storia recente è motivo di riflessione critica dei temi proposti. Il testo che si dipana sulle Isole (alla fine saranno tantissime) rende anche questo progetto pittorico un lungo gesto performativo che accompagnerà la produzione dell’artista per molto tempo.
Chiara Camoni presenta un lavoro realizzato insieme a un gruppo di persone durante un workshop a Villa Romana nel giugno del 2020. Il workshop ha proposto una riflessione sulla relazione fra arte e vita: il giardino di Villa Romana è stato il punto di partenza per l’osservazione di un mondo antropico, vegetale e animale nel quale siamo immersi, riflettendo sull’equilibrio dei diversi elementi. Il tempo dell’azione è stato intervallato da letture e dialoghi. Fiori e foglie sono stati protagonisti di un processo di stampa vegetale su seta, sulla quale sono apparse creature vegetali. Questi abitanti organici sono in mostra presentati in Tenda #3, una leggera struttura circolare di ottone che le riunisce in cerchio, e le fa coabitare insieme agli altri esseri umani e animali della villa.
EB: Oltre alle artiste, sono state invitate anche altre personalità per arricchire le narrazioni autobiografiche: assieme a te, sono state coinvolte Sandra Burchi, Cecilia Canziani, Elena Magini e Arabella Natalini . E’ stato prodotto del materiale da questi incontri, che è presentato in una sala della mostra. In cosa consiste questo materiale? Quali riflessioni sono emerse in modo preponderante?
DF: L’incontro – simposio insieme alle artiste, critiche, curatrici e studiose è stato insieme un momento di riflessione e il nucleo generativo dell’opera corale presente in mostra.
Attorno a un grande tavolo, abbiamo preparato (e poi mangiato) dei cappelletti, guidati da Stefania Galegati. Questo è stato il luogo conviviale dove è avvenuto il dialogo sui temi proposti nella mostra: l’intreccio fra la vita e la pratica artistica, la cura, il partire da sé per dialogare e tessere relazioni che vanno sempre al di là di individualità singole, la costruzione di un’autorialità collettiva in cui riconoscersi e perdersi. Raccontando il punto di vista femminile ci siamo chieste quali siano le strategie per costruire una storiografia, per lasciare tracce di un pensiero che spesso avviene in presenza e nell’esperienza della vita, quale forma dare alle storie personali che risuonano in tante di noi, come raccontare il tempo vissuto, agito, parlato.
Chiara Camoni ha realizzato, in occasione di questo incontro, dei piatti a motivi floreali di grès smaltato con cenere vegetale e sabbia di fiume, Stefania Galegati ha realizzato un intervento su una sfoglia di pasta e ha lasciato una traccia di un’azione giocosa, visionaria e fallimentare insieme come fare un buco nell’acqua.
Gli sviluppi di questo momento in cui parole e azioni si sono intrecciate non sono tutti visibili nell’immediato, ma si potranno rintracciare in forme, narrazioni e avvenimenti futuri; Il primo dei quali sarà la conferenza a Villa Romana di Sandra Burchi ,che discuterà di alcuni dei temi affrontati, il 7 ottobre.
EB: Arte e vita è un legame che da sempre trama la storia dell’arte. Il punto di vista che hai privilegiato è quello ‘anti-eroico. Mi spieghi meglio questa prospettiva nella lettura delle opere delle due artiste?
DF: Il binomio Arte e Vita è ovviamente un campo di indagine enorme che tocca nodi fondamentali della produzione artistica di sempre. Includere l’arte nelle maglie della vita vuol dire, a mio giudizio, non separarne la sua esperienza in spazi fisici e costruzioni teoriche che rendono l’opera d’arte disgiunta dalla complessità della sua percezione. In questo progetto e nei lavori pensati per la mostra questa convinzione ha significato lavorare anche affinché i luoghi di produzione della cultura siano spazi permeabili, accessibili, non esclusivi: dove insomma si possa fare un incontro teorico sulla relazione fra Arte e Vita portando uova, farina, parmigiano, mattarello, piatti realizzati per l’occasione. Dove si possono fare i cappelletti mentre si parla di chi sa fare la pasta perché l’ha visto fare in famiglia e chi ha rifiutato questa cultura femminile perché era una costrizione ma adesso la trova uno spazio di resistenza interessante. Dove si può partire da una memoria personale per affrontare il tema del lavoro femminile, della cura, dello spazio del quotidiano che informa la pratica artistica e di come questo possa essere raccontato, reso Storia.
Il punto di vista anti-eroico in Life and Herstories (autobiografia come dialogo) vuol dire privilegiare quindi lo scambio di idee, la ricerca di un autore collettivo, la riflessione non autocelebrativa, la costruzione di una forma di conoscenza che si nutre dello stretto rapporto con il quotidiano e propone la pratica artistica come gesto, discorso e oggetto che si insinua nella vita di tutti i giorni e la trasforma.
Prossimi appuntamenti —
05.11. – 17.12.2021
Ottonella Mocellin/Nicola Pellegrini e Helen Cammock
Data da definire
Lecture Natalia Cangi, Direttrice Fondazione Archivio Diaristico Nazionale, Pieve Santo Stefano, Arezzo
13.11.2021
Lecture Rachel Cusk (Scrittrice),ore 18Villa Bardini in collaborazione con Talk a Villa Bardini (progetto della Fondazione CR Firenze) e La città dei lettori (Festival Letterario, Firenze)