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L’emozione dei COLORI nell’arte – Castello di Rivoli

[nemus_slider id=”66347″] — Ricordo che tra i primi ringraziamenti durante la presentazione della grande mostra dedicata ai colori, Carolyn Christov-Bakargiev ha citato Damien Hirst, che ha omaggiato la mostra ideando la copertina del catalogo. Ospitata alla GAM di Torino e...

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Ricordo che tra i primi ringraziamenti durante la presentazione della grande mostra dedicata ai colori, Carolyn Christov-Bakargiev ha citato Damien Hirst, che ha omaggiato la mostra ideando la copertina del catalogo. Ospitata alla GAM di Torino e al Castello di Rivoli, il grande progetto dedicato ai colori nell’arte – il titolo completo è L’emozione dei Colori nell’Arte – si presenta come una spessa antologia da attraversare nei suoi diversi capitoli. La stessa curatrice – affiancata, in questo complesso lavoro di ricerca e selezione, da Marcella Beccaria, Elena Volpato e Elif Kamisli (per la consulenza scientifica, Vittorio Gallese e Michael Taussig) – presentando la mostra si è soffermata su punti salienti della storia del colore citando non tanto esempi di opere d’arte, bensì, esperimenti e scoperte scientifiche.

Le premesse di Christov-Bakargiev sembrano basarsi su una semplice, ma fondamentale domanda, in merito ai colori: Di cosa stiamo parlando? “Stiamo parlando di qualcosa di ovvio. Il colore è un aspetto della realtà che è così ovvio che è tra i più sfuggenti della nostra esperienza.” A parte i nessi infiniti della storia del colore, anche in relazione alla storia dell’arte, la Christov-Bakargiev trova importante dare un contesto scientifico a questo imponente progetto. “Alcune superfici assorbono tutte le onde elettromagnetiche, tranne quelle che rimbalzano e che corrispondono ad un colore che vediamo. Questa mostra intende approfondire gli aspetti del colore che la cultura occidentale ha storicamente ha relegato ai margini della propria riflessione, ovvero tutto ciò che sfugge ad una lettura oggettiva del complesso fenomeno cromatico. A partire dalla scomposizione del raggio solare nei colori dello spettro operata nel 1704 da Isaac Newton sino alle più recenti classificazione della gamma cromatica, fino alle sperimentazioni elaborate dagli anni ’20 del secolo scorso, fino ai pantoni digitali della nostra era, lo studio della fisica e le esigenze produttive dell’industria dei colori hanno cercato di contenere la ricchezza dell’esperienza del colore, all’interno di schemi di scomposizione e combinazione di tinte, nel tentativo di collocare ogni tentativo di sfumatura all’interno di una mappa universale. Tuttavia molti elementi che concorrono alla percezione del colore hanno continuato a restare al di fuori di quegli schemi. Proprio come tutte le frequenze ultraviolette e infrarosse, non sono contemplate nello spettro di Newton. Il primo ad affermare quanto la lacunosa fosse la lettura della fisica del fenomeno, fu il filosofo, poeta e scienziato Johann Wolfgang von Goethe che nel suo trattato “Teoria dei colori” del 1810, restituì all’esperienza percettiva di ogni singolo soggetto il ruolo centrale nella comprensione dell’universo cromatico. Dai suoi esperimenti il percorso della mostra prende avvio. Il trattato di Goethe, che troverete acquerellato a mano da lui perché ovviamente non vi era ancora la stampa in quadricromia, trovò più ascolto tra i pittori, come William Turner, che non tra gli scienziati.”

Olafur Eliasson - Dan Flavin - L'emozione dei Colori nell'Arte - Castello di Rivoli - Installation view foto © Andrea Guermani
Olafur Eliasson – Dan Flavin – L’emozione dei Colori nell’Arte – Castello di Rivoli – Installation view foto © Andrea Guermani

Al Castello di Rivoli sono esposti capolavori dell’arte contemporanea che indagano l’essenzialità dei colori, come ad esempio Olafur Eliasson, presente in mostra con un ambiente luminoso, così come l’installazione di Hito Steyerl, che presenta Adorno’s Grey (Il Grigio di Adorno), un video e installazione del 2012, sempre allestite nelle sale del Castello di Rivoli.  La parte alla Manica Lunga inizia con dei capolavori storici come l’opera di Eduard Manet o il ritratto di ritratto di «Ingeborg» eseguito da Munch nel 1912-13 e l’affascinante «Nu assis sur fond rouge» di Matisse.

Al Castello di Rivoli – nelle sale al piano terra, al mezzanino, nella biblioteca e sala Convegni, al secondo e terzo piano del Castello e nella Manica Lunga – si raccolgono le opere d’arte contemporanea dall’America, dall’Europa, dall’Asia e Africa principalmente dagli anni ’60 ad oggi. Ed è in questo luogo che la mostra si sviluppa come una sintesi della storia dell’arte degli ultimi cinquant’anni, con un taglio emozionale, appunto, legato al colore. Dal lavoro di Dan Flavin, risposta minimale all’ambiente “totale” di Olafur Eliasson, ma anche il dialogo tra Gilberto Zorio, Pino Pascali e Giovanni Anselmo; l’opera silenziosa di Wolfgang Laib, quella essenziale di Anish Kapoor, passando per il “mondo” di Alighiero Boetti, l’ironia di Damien Hirst (presente con delle ‘prove colore’), la sintesi di Thomas Ruff… il concetto spaziale di Lucio Fontana e le sue esplorazioni con i monocromi del secondo dopoguerra; l’impatto del colore sgargiante di Andy Warhol, il colore dei materiale di scarto di Tony Cragg o quello più patinato e freddo di Haim Steinbach.
Come una manuale di storia dell’arte, per ogni decennio, la mostra presenta opere significative e corroboranti che testimoniamo come l’importanza del colore sia non solo significativa, ma sostanziale per il concetto stesso veicolato delle opere. Per gli anni ’90 sono presenti opere di Walid Raad, Simon Starling, Damien Hirst, Katarina Frisch, David Hammons fino a lavori più recenti con opere di Lara Favaretto, Theaster Gates, Anri Sala. Come chiosa, alla fine della Manica Lunga l’opera di Kerstin Bratsch e la grande installazione di Heather Philipson: un racconto sonoro e visivo influenzato dal colore digitale.
Un’opera, in particolare, sembra stare a cuore a Christov-Bakargiev: la scultura che l’artista nigeriana Otobong Nkanga ha prodotto per la mostra, “Kolanut Tale: Slow Stain” (Il racconto della noce di cola: macchia lenta) 2012-17. Potente e coinvolgenti le due grandi sale al terzo piano al Castello dedicate una a Ettore Spalletti e una a Camille Henrot.

“L’artista Alexander Calder affermava ‘Amo il rosso così tanto che vorrei dipingere tutto di rosso’. Alla fine degli anni ’40 del secolo scorso liberò il colore in movimento con l’invenzione del mobile, agli albori dell’arte cinetica. Ma Anish Kapoor, aggiungeva, negli anni ’80: “Il rosso è il colore dell’interno dei nostri corpi, è il centro”, mentre  Aslı Çavuşoğlu, non prima del 2015, al centenario del genocidio armeno, attraverso la storia di un insetto, racconta “il rosso ottomano, pigmento ottenuto grazie a un’antica ricetta armena, è scomparso a favore del più scarlatto rosso della bandiera turca dopo l’eliminazione degli armeni durante il turbolento inizio del ventesimo secolo.(…) I media occidentali di oggi mostrano tanti scenari di guerra con i pigmenti che si mescolano .. si vede un marrone, un grigio tremendo dalle torri gemelle ad oggi. Ho pensato che Matisse, nel mezzo della prima guerra mondiale, dipingeva quadri di un colore vibrante e saturo.” (Carolyn Christov-Bakargiev)

L'emozione dei Colori nell'Arte - Castello di Rivoli - Installation view foto © Andrea Guermani
L’emozione dei Colori nell’Arte – Castello di Rivoli – Installation view foto © Andrea Guermani
Heather Phillipson - L'emozione dei Colori nell'Arte - Castello di Rivoli - Installation view foto © Andrea Guermani
Heather Phillipson – L’emozione dei Colori nell’Arte – Castello di Rivoli – Installation view foto © Andrea Guermani
Camille Henrot - L'emozione dei Colori nell'Arte - Castello di Rivoli - Installation view foto © Andrea Guermani
Camille Henrot – L’emozione dei Colori nell’Arte – Castello di Rivoli – Installation view foto © Andrea Guermani