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Le meravigliose nuvole di Leandro Erlich

Ha inaugurato ieri a Bologna, nell’Oratorio di San Filippo Neri – esempio di architettura settecentesca tra i più suggestivi della città, restaurato e gestito dalla Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna – la mostra personale di Leandro Erlich...

Leandro Erlich - Collection de Nuages - Courtesy: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana  Photo by: Alessandro Ruggeri
Leandro Erlich – Collection de Nuages – Courtesy: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana Photo by: Alessandro Ruggeri

Ha inaugurato ieri a Bologna, nell’Oratorio di San Filippo Neri – esempio di architettura settecentesca tra i più suggestivi della città, restaurato e gestito dalla Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna – la mostra personale di Leandro Erlich dal titolo Collection de Nuages a cura di Maura Pozzati in collaborazione con Galleria Continua. Parte della lunga e sostanziosa lista delle iniziative di ART CITY Bologna 2019, la mostra presenza tre sculture di grandi dimensioni – prodotte per questa esposizione – della serie che l’artista argentino dedica alle “nuvole”.

Segue parte del testo scritto per la mostra dalla curatrice Maura Pozzati —

“Le meravigliose nuvole!”

Le nuvole hanno sempre rappresentato nell’arte, nella letteratura e nella poesia il sogno di vastità ignote e mutevoli, la vaghezza al posto della solidità, il luogo di transito tra il terrestre e il celeste: Baudelaire aveva dichiarato, come solo lo straniero – uomo enigmatico e senza patria – poteva fare, il suo amore per le nuvole: Ma allora che cosa ami, meraviglioso straniero? Amo le nuvole…Le nuvole che passano…laggiù…Le meravigliose nuvole!
Le nuvole hanno da sempre affascinato i poeti, perché rappresentano il fuori norma, perché sono senza sostanza, senza forma e permanenza: ce lo ricordano i versi della grande Wislawa Szymborska: Dovrei essere molto veloce/nel descrivere le nuvole – già dopo una frazione di secondo/non sono più quelle, stanno diventando altre/La loro caratteristica è/non ripetersi mai/in forme, sfumature, pose, disposizione./Non gravate della memoria di nulla/si librano senza sforzo sui fatti./Ma quali testimoni di alcunché – si disperdono all’istante da tutte le parti…
Ma le nuvole hanno anche la voce calda e profonda di Alda Merini: Vanno/vengono/ogni tanto si fermano/e quando si fermano/sono nere come il corvo/sembra che ti guardano con malocchio/Certe volte sono bianche/e corrono/e prendono la forma dell’airone/o della pecora/o di qualche altra bestia/ma questo lo vedono meglio i bambini/che giocano a corrergli dietro per tanti metri…
Chi non hai mai giocato con le nuvole alla ricerca di forme e immagini nel cielo, si domanda Leandro Erlich, introducendo una componente infantile e giocosa a proposito della sua Collection de Nuages? Ecco allora una nota ludica affiorare nitidamente e dallo Straniero di Baudelaire passo con grande disinvoltura all’ultimo gioco da tavolo realizzato in Italia nel 2018 dal titolo Cloud Mine, “il gioco da tavolo per bambini di 9 anni che fa sognare ad occhi aperti”, come si legge sul sito Giochi Uniti, di cui vi riporto l’incipit: “A tutti è capitato almeno una volta nella vita di guardare il cielo e notare come delle nuvole abbiano forme strane associandole ad oggetti o addirittura persone, paesaggi o qualsiasi altra cosa a cui la nostra fantasia ci ha condotto. A tal proposito, Giochi Uniti, presenta Cloud Mine un gioco da tavolo pensato per tutte quelle persone che hanno un po’ la testa “fra le nuvole”.

Leandro Erlich - Collection de Nuages - Courtesy: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana  Photo by: Alessandro Ruggeri
Leandro Erlich – Collection de Nuages – Courtesy: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana Photo by: Alessandro Ruggeri

Fantastico! Dopo avere letto e riletto i numerosi testi critici sull’arte di Leandro Erlich, che approfondiscono il rapporto complesso che esiste tra realtà e finzione e sottolineano l’inversione della percezione comune di ciò che è reale e di ciò che non lo è, solamente grazie a un sito di giochi per bambini ho realmente riflettuto sulla componente ludica del suo operare. Perché l’aspetto che più mi ha sorpreso conoscendo personalmente l’artista è il suo volere produrre un lavoro collettivo, che metta insieme le persone, come quando si gioca intorno allo stesso tavolo. Erlich pensa davvero che l’utopia si possa realizzare solo attraverso la collaborazione: parla di installazioni partecipative a proposito delle sue opere e dell’intenzione di instaurare una connessone fisica con lo spettatore (non a caso ha più volte dichiarato di essere un lettore attento di Umberto Eco). In qualsiasi modo si guardino le opere di Leandro è indispensabile imparare il gioco, comprendere fino in fondo i meccanismi di spiazzamento perché l’artista è lì, pronto a sorprenderci attraverso l’utilizzo imprevedibile dei codici linguistici, tanto che alla fine ci troviamo disorientati poiché nulla è esattamente come appare. Ognuno di noi è dunque una pedina, una mossa, una casella e tutto dipende dalla nostra capacità di stare al gioco, di sapere accettare l’incertezza, il rischio e lo squilibrio tra vita reale e irreale.
Un’altra componente sottolineata da tutti i lettori più attenti dell’opera di Erlich è quella legata al Barocco e alla fascinazione per gli specchi, le macchine, i giochi di illusione ottica e i labirinti: gli artisti barocchi non hanno mai nascosto i loro “trucchi”, al contrario li hanno resi visibili per mostrare la loro abilità e per “giocare” con lo spettatore chiamato a partecipare attivamente. Il Barocco di Leandro Erlich è contemporaneamente teatrale e letterario, scenografico e architettonico, magico e scientifico, certamente utopistico perché trasforma l’ordinario in extra-ordinario. Non a caso l’artista dice spesso di essere stato influenzato dal grande cinema, quello di Polanski e David Lynch, ma anche quello italiano di Fellini, Visconti, dei fratelli Taviani. Il cinema come fonte di ispirazione: penso che Leandro conosca il film “Che cosa sono le nuvole?” di Pier Paolo Pasolini, interpretato da Totò e Ninetto D’Avoli, una vera e propria “rappresentazione nella rappresentazione” che, guarda caso, ha come punto di riferimento visivo il quadro Las Meninas di Diego Velázquez. La storia è una rivisitazione dell’Otello recitato da un gruppo di marionette che sulla scena interpretano i ruoli shakespeariani ma che dietro le quinte si pongono delle domande sull’apparire e sull’essere. A un certo punto la rappresentazione è interrotta dal pubblico che, nel momento più drammatico, irrompe sulla scena e fa a pezzi i due burattini: i resti delle marionette vengono buttati in una discarica, dove i due fantocci scoprono per la prima volta le nuvole.
«Iiih! E che so’ quelle?» dice Otello. E Jago: «Quelle sono… sono le nuvole…», «E che so’ ste nuvole?» risponde Otello. «Mah!» fa Jago mostrando anche lui di non conoscere altri che il suo teatrino. «Quanto so’ belle, quanto so’ belle… quanto so’ belle…» afferma Otello. E Jago: «Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato!».

Maura Pozzati Gennaio 2019

Leandro Erlich – Collection de Nuages
A cura di Maura Pozzati Oratorio di San Filippo Neri
28.01— 3.02.2019

Mostra organizzata dalla Fondazione del Monte in collaborazione con Galleria Continua
promossa da ART CITY Bologna 2019 in occasione di Arte Fiera

Maura Pozzati e Leandro Erlich nella mostra Collection de Nuages - Photo by: Alessandro Ruggeri
Maura Pozzati e Leandro Erlich nella mostra Collection de Nuages – Photo by: Alessandro Ruggeri
Leandro Erlich - Collection de Nuages - Courtesy: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana  Photo by: Alessandro Ruggeri
Leandro Erlich – Collection de Nuages – Courtesy: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana Photo by: Alessandro Ruggeri