Le Futur derrière nous — L’arte italiana dagli anni 90 a Villa Arson, Nizza

A quarant’anni da Identitè italienne, l’importante mostra curata da Germano Celant presso il Centre Pompidou, ora è Villa Arson a farsi teatro temporaneo della più recente scena artistica italiana, dalla generazione emersa negli anni ’90 a quella di oggi. Intervista con il curatore Marco Scotini
3 Giugno 2022
Stefano Graziani, Museo Franco Basaglia, 2008

“Pur nelle differenze generazionali e negli approcci, la scena artistica presentata a Nizza si definisce non tanto rispetto ad un’appartenenza culturale ma, piuttosto, all’interno di una frattura temporale, nel gap operato dalla rimozione ufficiale dell’ondata rivoluzionaria degli anni ’70 e dal rifiuto della reazione ideologica e neoliberista cominciata negli ’80.” Con questo chiarimento il curatore Marco Scotini motiva la selezione di artisti invitati alla mostra  Le Futur derrière nous -Lart italien depuis les années 1990. Le contemporain face au passé ospitata dal 11 giugno al 28 agosto a Villa Arson a Nizza.
L’elenco degli artisti comprende Alterazioni Video, Francesco Arena, Massimo Bartolini, Rossella Biscotti, Paolo Cirio, Claire Fontaine, Celine Condorelli, Marie Cool & Fabio Balducci, Danilo Correale, Rä di Martino, Irene Dionisio, Chiara Fumai, Stefano Graziani, Alice Guareschi, Adelita Husni-Bey, Francesco Jodice, Stefano Serretta, Stalker, Bert Theis e Luca Vitone.
Fin dal titolo l’esposizione fa esplicito riferimento a un’immagine poco esplorata della scena artistica contemporanea italiana: quella segnata da un anacronismo, da un duplice scarto basilare che vede, da un lato, un passato traumaticamente interrotto e, dall’altro, il fallimento di una grande anticipazione emancipatrice. 

Seguono alcune domande a Marco Scotini —

Elena Bordignon: Diversi per sensibilità e formazioni, gli artisti invitati alla mostra Le Futur derrière nous hanno un carattere o tratto che li accomuna o, per lo meno, li avvicina. Mi racconti la prospettiva che hai seguito nello sceglierli? Cosa li definisce in quanto scena artistica?

Marco Scotini: La Mostra Le Futur derrière nous raccoglie tre generazioni artistiche. So che è improprio definirle tali (occorrerebbe calcolare una distanza di 25 anni tra l’una e l’altra) ma mi interessa tenere conto degli artisti emersi negli anni ’90, di quelli emersi nella prima decade del nuovo millennio e in questo ultimo decennio. Scegliere di partire dagli anni ’90 per me ha qualcosa di simbolico e biografico, allo stesso tempo: non solo perché anch’io mi sento parte di quel contesto d’emersione ma anche perché – storicamente parlando – siamo oltre il muro di Berlino e il blocco sovietico. La situazione, lo so bene, non è soltanto italiana ma, in Italia, gli stessi anni ’80 sono un vero problema da superare: una storia politico-culturale da cui ci si intende affrancare per cominciare (siamo solo agli inizi) a riconnettersi a quanto c’era stato prima. Mi riferisco alla grande rimozione che era stata fatta degli anni ’70, uno dei più alti momenti della storia italiana recente: per creatività, conquiste sociali, emancipazione dei generi, rotture epistemologiche.
In fondo gli anni ’70 sono stati in Italia la più importante messa in discussione della modernità. Nasce e si teorizza la cosiddetta “moltitudine” contemporanea, con la sua previsione di superamento della bipolarità (di ogni genere), la fine delle rappresentazioni moderniste del popolo, della massa, dei partiti e la messa al lavoro degli affetti, dei linguaggi, delle vite – fuori della fabbrica. È chiaro che il crollo del muro di Berlino avrebbe reso tutto questo una realtà condivisa e ampliata.  E comunque pur nelle differenze generazionali e negli approcci, la scena artistica presentata a Nizza si definisce non tanto rispetto ad un’appartenenza culturale ma, piuttosto, all’interno di una frattura temporale, nel gap operato dalla rimozione ufficiale dell’ondata rivoluzionaria degli anni ’70 e dal rifiuto della reazione ideologica e neoliberista comincia negli ’80. Diciamo che la selezione non è stata una presa di posizione soggettiva ma è sorta automaticamente rispetto a quegli artisti che hanno operato negli ultimi 30 anni  in questo senso.

Francesco Arena, 0,92 metri su oggetti (la ringhiera di Pinelli), 2009, Foto Massimo Valicchia

EB: Nel presentare la mostra ospitata a Villa Arson, si fa riferimento ad un’importante mostra curata nel 1981 da Germano Celant per il Centre Pompidou di Parigi, Identitè italienne. Ci sono dei nessi tra le due mostre o, per inverso, cosa le distingue?

MS: La mostra francese di Celant risulta oggi un punto di riferimento imprescindibile nella storia dell’exhibition making e in quella dei movimenti artistici italiani. Lo sguardo che muove da Le Futur derriere nous verso quella mostra è però duplice. È la mostra stessa a risultare sdoppiata e contraddittoria in sè. Il fantastico catalogo è ancora il frutto della forza archivistica degli anni ’70 ma il format espositivo e la scelta degli artisti risulta funzionale a quella svolta reazionaria varata con l’inizio degli anni ’80. Si è forse esagerato nel vederla contrapposta all’emersione egemonica della Transavanguardia. Diciamo pure che Identitè Italienne e la transavanguardia sono le due facce della stessa medaglia. Non è il ristretto numero degli artisti ad essere in gioco. (La mostra a Villa Arson conta sullo stesso numero) ma è la cornice teorica a risultare oggi un pò problematica: sono gli anni ’70 a risultare lontani, troppo lontani da quella esposizione che, altrimenti, vorrebbe riconfermarli. Dunque Identitè Italienne è un punto di partenza per la mostra a Villa Arson: ma un punto di partenza polemico. Il carattere di Le Futur derriere nous è decisamente politico.

EB: Le Futur derrière nous sembra collocarsi nel crocevia tra due periodi o nello scorcio tra presente e passato. Si fa riferimento ad una “frattura temporale” che diviene lo spazio di un appuntamento e un incontro con il passato. Mi chiarisci meglio come hai sviluppano questo concetto?

MS: Come sai il tempo è la mia grande ossessione. Dico sempre, citando Nietzsche, di operare nel tempo e contro il tempo, in favore di un tempo a venire. Di fatto, il passato è molto più enigmatico del cosiddetto futuro. Tutte le contraddizioni irrisolte non sono solo là (in qualcosa che si è consumato definitivamente) ma continuano ad essere con noi, nel presente. La memoria è indipendente dal fatto che noi possiamo più o meno ricordare. La memoria è come una malattia ereditaria; qualcosa a livello di DNA. Puoi dimenticare o rimuovere delle cose ma tutto rimane presente, allo stato potenziale. È il fantasma del Re di Danimarca che non cessa di apparire ad Amleto. Ma il passato è anche un potenziale affermativo, una ricerca di possibilità non realizzate. Allora il problema è : come parlare della controrivoluzione del presente se non mostrando quello che gli anni ’70 custodiscono per noi?

EB: La mostra raccoglie opere e linguaggi prodotti dagli anni ’90. A differenza dei decenni precedenti, ora gli artisti affrontano e approfondiscono un ampio spettro di temi ma, non solo, si confrontano anche con personalità che esulano dallo stretto mondo dell’arte, penso a Nanni Balestrini, Franco Basaglia ed Enzo Mari. Quali altre figure chiave e temi affrontano gli artisti? 

MS: Le Future derriere nous parla necessariamente il linguaggio artistico degli ultimi trenta anni. Oltre un decennio fa si è cominciato a parlare di “Historiographic Turn”o di “Archival Impulse”. Ma il testo o il sottotesto è quello degli anni ’70. La mostra fin dalla soglia dichiara questa sovrapposizione e questo shift. Una grande foto in bianco e nero di un sit-in del 1971 fa da sfondo alla Carta Atopica di Vitone del 1992. Poi c’è Stefano Graziani con il suo archivio Basaglia e Claire Fontane con il basagliaio Marco Cavallo, Alice Guareschi con un film su Alberto Grifi e Ra di Martino uno sul Teatro di Pontedera. Irene Dionisio con una nuova produzione filmica sul movimento di liberazione sessuale Il Fuori. Di Francesco Arena è presente l’intera sua ricerca e produzione su Pinelli, di Chiara Fumai e Claire Fontaine i lavori su Carla Lonzi, di Rossella Biscotti il noto processo del 7 aprile 1979. Successivamente gli omaggi di Bartolini a Bianciardi, Merz, Chiari completano il quadro della prima parte. Ma ci sono anche gli interventi più direttamente connessi al movimento No Global come quelli di Bert Theis, Alterazioni Video, Paolo Cirio, Stalker ecc. Una intera sezione è dedicata alla trasformazione del lavoro postfordista con Condorelli, Correale, Marie Cool e Fabio Balducci. La mostra, che si apre con la volontà di superamento dell’alienazione, si chiude con il ritorno alla reazione ideologica dove un film di Francesco Jodice è molto esplicito al riguardo, come una bandiera tricolore in marmo con il simbolo della P2 di Luca Vitone. In sostanza credo che Le Futur derriere nous sia una mostra necessaria in questi tempi e non posso far altro che ringraziare le istituzioni francesi per questa opportunità.

FRA, Metz, 2020, Exhibition of Celine Condorelli and others at FRAC Lorraine, Copyright photo: FRAC/Fred Dott, Hamburg, http://www.freddott.de, contact : fred.dott@t-online.de
Marie Coold & Fabio Balducci, From fields to propeller (still frame), 2022, 11’33”
Vue des terrasses – Villa-Arson
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