Lo scorso 18 settembre, l’ Istituto Svizzero di Roma (con sede a Milano) ha ospitato la Lectio magistralis di Roman Signer. Dopo gli interventi di Salvatore Lacagnina e quello (emozionato) di Barbara Casavecchia, l’artista ha commentato una serie di suoi video. Stringato – “Vi racconterò alcune cose sui video, ma quando non parlo significa che non ho niente da dire – l’artista ha descritto una selezione di sue “action sculptures”: costruzioni, realizzazioni e registrazioni di esperimenti. Ombrelli, pagnia, canoe, secchi, elmetti, stivali, corde, sedie, acqua, rane, barattoli, aeroplani giocattolo, e tanti altri oggetti, sono stati utilizzati e raccontati da Roman per i suoi tentativi estetici.
Mi ha rivelato: “Io mi ritengo uno scultore, che lavora con le tre dimensioni nello spazio. Ho iniziato realizzando oggetti e sculture, poi sono arrivate le installazioni, ma il tempo e il cambiamento nel corso del tempo hanno sempre svolto un ruolo centrale nella mia ricerca. La decisione di collocarmi nella natura, dove il cambiamento è una condizione permanente, e usarla come elemento nel mio lavoro, è stato un passo successivo e in un certo senso logico. Un livello ulteriore l’ho raggiunto con i film, che hanno una condizione temporale intrinseca, perché le loro stesse immagini sono in movimento. Ogni cosa si è sviluppata in parallelo, ma anche trasversalmente, in conseguenza una dell’altra. Lo stesso vale per le mie installazioni nello spazio pubblico, che possono essere opere permanenti, ma conservano una relazione mutabile col tempo.”
Oggi, alla Fondazione Zegna a Trivero, per la quarta edizione di ALL’APERTO – progetto a cura di Andrea Zegna e Barbara Casavecchia – c’è lo svelamento di Horloge.
“Alto quattro metri, Horloge (2012) ha tutte le sembianze di un grande orologio da stazione, ma il suo quadrante smaltato è privo di lancette. A far scandire il passaggio dei minuti, ogni quarto d’ora, è un prolungato sbuffo di vapore ad alta pressione, che lo trasforma in un’ironica e surreale pendola pubblica. Horloge è collocato lungo via Roma, nei pressi dell’ingresso principale al Lanificio Zegna. È nato nel corso di una passeggiata dell’artista sul tetto della fabbrica, dominato dalla presenza di un’alta ciminiera e dalla costante fuoriuscita di vapore prodotto dagli impianti sottostanti in funzione. Signer ha deciso così, attraverso quel “filo” di fumo, di stabilire un legame tra tempo del lavoro e tempo libero. Come pure tra Trivero e il paesaggio che gli è più familiare, quello del Cantone di San Gallo (delimitato dal Lago di Costanza e dalla Valle del Reno), dove le ciminiere in mattoni delle locali fabbriche tessili di pizzo costellano le colline. Con i suoi sbuffi a orologeria, Horloge intende cogliere lo spettatore di sorpresa e, al tempo stesso, inserirsi con semplicità e senza clamore nei ritmi del paese, dove a scandire i ritmi quotidiani sono ancora le sirene della fabbrica e i rintocchi del vicino campanile della chiesa Matrice. ” (da CS)