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Lauren Keeley, In a year | Frutta

[nemus_slider id=”51912″] Ultima settimana per vedere il lavoro di Lauren Keeley (1986) da Frutta. Il titolo della mostra, In a year, si riferisce all’arco temporale che le opere mettono in scena: stagione per stagione, uno sguardo sensibile eppure impersonale sulla percezione quotidiana dello scorrere del tempo. Le opere di Keeley – che potrebbero idealmente aggiungersi […]

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Ultima settimana per vedere il lavoro di Lauren Keeley (1986) da Frutta. Il titolo della mostra, In a year, si riferisce all’arco temporale che le opere mettono in scena: stagione per stagione, uno sguardo sensibile eppure impersonale sulla percezione quotidiana dello scorrere del tempo.

Le opere di Keeley – che potrebbero idealmente aggiungersi alla panoramica delle finestre nell’arte “da Du?rer a Mondrian e oltre”, tenutasi a Lugano nel lontano 2012, (Una finestra sul mondo. Sguardi attraverso la finestra dell’arte dal Quattrocento ad oggi) – fanno pensare alle scenografie teatrali e ai diorami, a un modo di ricreare uno spazio fittizio tridimensionale, dove il vero e il falso si mescolano (anche se non e? questo il caso, trattandosi di lavori da guardare come fossero “quadri”). Nonostante non siano dipinte direttamente sui muri della galleria le immagini danno l’idea di una serie di trompe-l’œil: la loro posizione e i soggetti rappresentati sembrano inserirsi nello spazio per suggerirne una continuazione, sia verso l’esterno (le finestre), sia verso l’interno (la libreria).

Nel loro minimalismo grafico, piu? vicino all’illustrazione che alla pittura (sempre pescando nel passato: le linearita? di Alphonse Mucha, le stagioni rappresentate dalle Femmes au jardin di Pierre Bonnard – grande pittore di finestre aperte sulla natura, tra l’altro), le opere di Keeley rivelano un approccio pittorico tradizionale, addirittura obsoleto: quello del quadro come finestra sul mondo. Ma non solo: secondo il testo che accompagna la mostra, scritto dal critico Jonathan P. Watts, i rimandi si moltiplicano. Watts cita la Galerie des Glaces di Versailles, con le finestre alla francese (reali) raddoppiate nelle loro copie specchianti (false), lo Studiolo di Palazzo Ducale di Urbino, con i suoi oggetti trompe-l’œil, e la bellissima opera Fresh Widow (1921) di Marcel Duchamp, la miniatura di una finestra alla francese in cui ognuno degli otto vetri e? accecato da quadrati di pelle nera.

Per realizzare le sue opere Keeley compone vedute e oggetti che, visualizzati in software per computer, vengono poi serigrafati su tessuti e intelaiati su pannelli in legno. “Nonostante le sue miniature di finestre alla francese, ossia ricostruzioni plausibili di elementi reali, siano accecate da campioni di tessuto, l’effetto prospettico persiste – infatti, la disposizione degli elementi all’interno delle sue immagini composte, e? determinata dalla prospettiva”, sottolinea Watts.

Nel suo De Pictura (1436) Leon Battista Alberti scriveva: “La prima cosa nel dipingere la superficie, io vi disegno un quadrangolo di angoli retti grande quanto a me piace: il quale mi serve per un’aperta finestra da la quale si habbia a veder la historia.” Il quadro come “finestra aperta sul mondo”, la finestra come definizione del processo artistico, gesto inaugurale, luogo geometrico della pittura, l’artista come colui che in base alle leggi della prospettiva riproduce la natura.

Il gioco di Keeley, quindi, raddopia il concetto metaforico: la “ finestra sul mondo” affaccia su … un’altra finestra, questa volta letterale. La cornice della finestra funziona come una griglia in grado di dividere ulteriormente gli spazi: l’esterno – i paesaggi, i cieli, o l’ulteriore griglia di un cancello – e l’interno – le figure umane mai in posa, gli animali domestici in attesa, l’arredamento (neoclassico, rococo?, modernista, contemporaneo), le piante, i quadri – e organizza cosi? un’immagine aperta, che non osa chiudersi nella rigidita? di un rettangolo ma prosegue per pochi centimentri, quanto basta per caricarsi di un’energia dinamica in contrasto con l’elegante staticita? della composizione.

L’enigma di queste immagini risiede nel senso di silenzio che sono in grado di trasmettere: c’e? qualcosa di calmo eppure inquieto, un’idea di attesa che i personaggi colti sulla soglia non bastano a giustificare. Sara? che forse proiettano chi guarda all’interno di una casa strana e sconosciuta, dove tutto e? fatto di tessuto e gli oggetti sono raccontati attraverso linee grafiche minimali cosi? precise da essere in grado di restituire una visione tattile che l’immaginazione non ha difficolta? a completare. C’e? un opera, Winter night, in cui tessuti antracite, blu notte e marrone scuro descrivono con efficace raffinatezza un’idea di oscurita? : ma qualcuno, forse un uomo, e? seduto sul divano, a luce spenta. Cosi? per Dear Summer: due figure chiacchierano in giardino ma un uomo rientra e si appoggia alla finestra, dando loro le spalle. Movimenti e posizioni che non significano niente, eppure suggeriscono una narrazione sospesa, il mistero di un libro aperto su due pagine soltanto.

In a Year,   2015. Installation Views. Photos by Roberto Apa
In a Year, 2015. Installation Views. Photos by Roberto Apa
In a Year,   2015. Installation Views. Photos by Roberto Apa
In a Year, 2015. Installation Views. Photos by Roberto Apa