Testo di Chiara Bucolo —
In un pianeta in cui la natura è ormai principalmente violata dalla presenza umana – trattata alla stregua di una merce su cui capitalizzare – e in cui l’umano ormai ha completamente insidiato ogni ambiente naturale, è peculiare porsi due domande: cosa significa “paesaggio” e cosa vuol dire “casa”?. Una valida risposta la fornisce l’indagine attenta del rapporto tra natura, socialità e tempo del duo Campostabile, che presso l’artist-run space L’Ascensore di Palermo presenta ‘Il giardino delle farfalle’, a cura di Daniela Bigi, in corso fino al 23 Dicembre. A partire da un orto sulle Madonie, i due artisti pongono l’accento sull’ibridazione tra natura e tecnologia, trasformando l’eredità di un tempo arcaico in un giardino ri-configurato sui valori moderni, ponendo uno di fianco agli altri oggetti in argilla bianca a richiamare forme del quotidiano, sovrastati dal tessuto blu che scende dal soffitto.
Gli ‘oggetti-scultura’ in argilla bianca esposti si configurano come segni capaci di tradurre la ricerca degli artisti in un linguaggio che rimanda a elementi del quotidiano, come utensili casalinghi o elementi vegetali (es. una coppa, un frutto, un bacile per l’acqua), ma al contempo a un’estetica distante da esso, rarefatta ed essenziale. Le forme mostrate risultano minimali e misteriose, il risultato della rielaborazione di pratiche ancestrali, come fossero delle colture nate direttamente dal pavimento in cui sono situati (che assume l’aspetto di un campo riconfigurato).
Estrapolati dal loro tempo originario, gli oggetti vengono in tale maniera posti in un nuovo sincronismo, come a creare una nuova linea temporale rappresentata dalla disposizione in fila sul pavimento: un tempo che possiamo saggiare nella sua materialità, così come possiamo usare e trasportare gli oggetti, ma che al contempo immerge lo spettatore in un luogo sospeso, al di là del quotidiano – la disposizione degli oggetti ne sottolinea anche la loro potente narratività, come fossero ognuno un frammento diverso dello stesso racconto, da cui si manifesta un amore puro e sincero per la casa, in ogni sua configurazione.
In un angolo del soffitto è posta una coppa rovesciata, speculare agli oggetti posti a terra, richiamando il concetto – reso noto da Leonardo Da Vinci – secondo la quale ciò che sta in terra può stare anche in cielo, e sottolineando la continuità tra dimensione terrena, quotidiana, e dimensione celeste.
‘E poi c’è il cielo, che è scienza e mistero’ scrive Daniela Bigi nel testo della mostra: un cielo vibrante, qui concretizzato da un tessuto blu intenso in cui si riproducono i segni delle ombre nel momento in cui il sole picchia, rendendolo tridimensionale. Un’idea di cielo che ricorda una tela dipinta ma anche una tenda, un accampamento, possibilmente uno dei modi con cui si può intendere la definizione ‘bivacco con radici’ data da Bigi al lavoro dei Campostabile: restare e spostarsi allo stesso tempo, curare le radici condividendole con altri, nonostante il presente mini la loro sopravvivenza. E il cielo è lì, qualunque cosa accada.