“Panorama Monferrato è una mostra che vuole essere un viaggio, come lo erano i viaggi rinascimentali o ancora prima, pensiamo alla Divina Commedia: dalla Selva Oscura alla Luce. Un viaggio a tappe, con incontri, sorprese e pensieri che hanno radici profonde e indietro nel tempo.” L’incipit della mostra diffusa – promossa da ITALICS (il consorzio di gallerie italiane) –, secondo il curatore vuole “riunire antico, moderno e contemporaneo, stili, tecniche e pensieri molteplici in un itinerario d’arte che conduca alla scoperta degli aspetti più autentici e meno conosciuti di un angolo del nostro paese”.
Quest’anno la scelta ha individuato nel Monferrato il luogo propizio per ospitare un progetto giunto alla sua quarta edizione, dopo aver toccato Procida (2021), Monopoli (2022) e L’Aquila (2023). Quattro le tappe designate – Camagna, Vignale, Montemagno e Castagnole – borghi silenziosi e dove il tempo sembra essersi fermato, conservando tragitti, brevi percorsi, pertugi memori di esistenze sicuramente più lente e concentrate di quelle contemporanee.
Ed è questo uno degli intenti del progetto: far riscoprire all’appassionato d’arte contemporanea una lentezza e un’intensità dimenticate. Ecco allora che il territorio quasi sonnolento tra Asti e Alessandra, con i sui panorami armoniosi e sobriamente incantevoli, è diventato fondale ideale per una coinvolgente mostra collettiva. Per continuare con un’altra metafora teatrale, a orchestrare le settantaquattro tra le più autorevoli gallerie italiane d’arte antica, moderna e contemporanea è Carlo Falciani, storico esperto di manierismo toscano e appassionato di arte contemporanea: “Le idee e i pensieri che animano questa edizione sono al centro del dibattito contemporaneo. Ogni paese ha un focus, non solo diverso dal punto di vista contenutistico, ma anche coniugato con linguaggi molto diversi tra loro. I temi della prima sede sono quelli sui quali oggi si disputa, ‘Lavoro e radici’: come si cercano, come si mescolano, come uno può essere il frutto di gesti e sofferenza che danno significato all’altro. La seconda sede tratta il tema del ritratto e dell’identità, che sono sempre state multiple nei secoli; il tema della terza sede è trasversale all’antico e al contemporaneo e tratta la relazione tra “Caducità e Morte”, mentre nell’ultima è trattata una riflessione sulla sacralità dell’arte, non tanto in relazione alla religione – ognuno ha la propria – bensì da considerare in una prospettiva storica (sarà che per me è una deformazione professionale!). Per quale motivo, mi domando, conserviamo per secoli un pezzo di tela con del colore sopra? Perché gli riconosciamo un valore che va oltre il denaro che abbiamo speso; è sempre stato così, l’arte è sempre stata cara, ma con essa si comprava – e si compra – un pezzo di immortalità”.
Continua Falciani: “Ogni sede ha linguaggi molto diversi, ad esempio nell’Ex Cottolengo a Camagna troviamo opere ferrose, rugginose, aggressive che mescolano radici agricole e radici industriali, come quelle di questo territorio. A Vignale, nel sontuoso Palazzo Callori, si vedranno ritratti altrettanto sontuosi perché l’identità è da sempre stata rappresentata in una forma più ampia, in quanto è espressione delle immagini che diamo di noi nella storia, ma soprattutto nel futuro”.
“A Montemagno, dal Castello omonimo ai Voltoni Scalea Barocca, l’ambiente si fa più gotico o barocco, dipende da come lo si guarda; monumentale e decadente al tempo stesso, con fiori seicenteschi, con fiori che stanno appassendo, con cieli che cadono; un canto in una chiesa in disfacimento. Nell’ultima sede, a Castagnole, l’arte si fa evanescente, le opere quasi scompaiono proprio perché si riflette non tanto sulla fede, ma sulla sacralità di un oggetto che si trasfigura. L’ultimo pezzo, che chiude il percorso, costringe a camminare nella luce e a trovarci a respirare l’odore dell’Eternit, un profumo che sacralizza una delle più grandi tragedie contemporanee.”
Sintetico, per impressioni e appunti visivi, tra descrizioni suggestive dei luoghi e citazioni di opere in mostra, Falciani racconta i quattro grandi temi che abbracciano le decine di opere sparse, a volte mimetizzate negli ambienti, a volte dominanti o dominate da spazi seducenti perché abbandonati e, al tempo stesso, memori di una quotidianità dolorosa.
Come è il caso dell’ex ospedale a Camagna che, tra le varie stanze, lunghi corridoi e una bellissima chiesetta ha ospitato le opere di Shimabuku (uno scatolone che rivendica un’identità da contenitore, felicissimo di esserlo in quanto ciò gli permette di girovagare in ogni dove), Arcangelo Sassolino, con la sua incudine di 280 Kg installata sopra una lastra di vetro, e poco lontano un magnifico Scarpitta; gli ambienti fintamente naturali di Binta Diaw dove veri capelli diventano radici di mangrovie e le case di provincia di Moira Ricci, diventate mute e inospitali perché prive di vitalità e speranze. Alle domande sollevate dall’arte contemporanea, rispondono degli anonimi maestri d’armi del XVIII-XIX secolo con incudini, morse da banco e laminatoi.
A Vignale ci accoglie il sontuoso Palazzo Callori, le cui ampie stanze e saloni ospitano opere che riflettono sul tema del ritratto, dato che, come specificato dal curatore, “ritrarre qualcuno non significa necessariamente raffigurarne la fisionomia, ma è un modo di cristallizzare, esprimere, e immettere nella Storia l’identità di una persona o di una comunità, attraverso un’opera che ne rappresenti i pensieri o le aspirazioni”. In questa sede, spiccano per acume le opere di Vincenzo Agnetti con i suoi ritratti di un Equilibrista (“Chiuso in se stesso nel timore di cadere da una parte”), di un Ignoto (“Coprendosi il volto cercava di assomigliarsi”) e di un Missionario, tutti del 1971. Ritratti sotto forma di parole incise su feltro, opere a carattere lapidario e, come spesso accade nella pratica di Agnetti, fondate sul paradosso. Ma potremmo citare anche la bellissima stanza dedicata a Markus Schinwald, a Damien Meade con dei dipinti che simulano magistralmente dei bassorilievi, o alla pittura diafana di Romina Bassu. Dialogo perfettamente riuscito quello tra Alex Katz con un ritratto di donna del 2008, i foto-ritratti di Edson Chagas e due ‘balzi’ storici, con una piccola testa del II secolo d.C. e la quadreria di ritratti di nobili di Carlo Amalfi databili nel terzo quarto del XXVIII secolo.
Immersiva e coinvolgente la grande installazione di Susan Pilar del 2017, che tra grandi specchi e fotografie in light box, esplora la consapevolezza della propria identità come donna nera attraverso la storia famigliare.
Sempre a Vignale, notevoli il film e le fotografie di Francesco Jodice, Aral Citytellers (2010), secondo progetto della trilogia che analizza futuri scenari urbani e diverse forme di neo-umanesimo. Poco lontano, nella piccola Chiesa dei Battuti, perfettamente riuscita la scelta di Patrick Tuttofuoco con le opere Drop the Body (2021) e Pink Limen (2024). Delicato e complesso il tema della terza tappa, ospitata a Montemagno. Caducità e morte che, come spiega Falciani, “hanno avuto una costante presenza nella rappresentazione dei viaggi iniziatici, e poi una profonda influenza nelle arti, specialmente accompagnata alla rappresentazione di una scintillante opulenza formale. Basti pensare alla Trinità di Masaccio – dove i committenti e l’osservatore sono accostati all’immagine scheletrita che avranno in futuro – oppure a molte opere di Bernini dove splendore, decadenza e morte convivono”.
La sede dei Voltoni Scalea Barocca accoglie invece un dialogo atemporale tra il grande quadro di Tal R Fallen Tree (2021) e il dipinto Cinque sensi di Giuseppe Recco del 1673.
Domina lo spazio l’installazione di Marzia Migliora Prey, un grande blocco di salgemma trafitto da un arpione da pesca. Il suo secondo intervento è sonoro, Run Fast and Bite Hard (Entre chien et loup) (2022): ci da l’illusione di attraversare un bosco con fruscii e il cinguettio degli uccelli, quando in realtà è tutta opera di un rumorista professionista. In un angolo, emerge dall’ombra la scritta dei Claire Fontaine Untitled (No Present) (2013).
Spettacolare il mobile da toilette maschile di un ebanista anonimo del XIX secolo. Un’alta struttura di legno di erica, carica di grumi e volute, ospita uno specchio, un rubinetto e piccoli pertugi dove collocare pettini e belletti maschili. L’atto dello specchiarsi viene collegato alla tradizione delle vanitas nordiche dove lo specchio è sempre accompagnato da un monito sulla caducità della bellezza terrena. Dietro allo specchio troviamo un motto: “Forma Bonum fragile est”, tratto da Ovidio, Ars amatoria, II, 113, che possiamo tradurre con “La bellezza è un bene fragile”.
Usciti da questa piccola Wunderkammer, ci spostiamo nel Castello di Montemagno dove troviamo, in un piccolo riparo nel giardino l’intervento di Francesco Vezzoli: due busti ottocenteschi con tanto di rossetto e ombretto; l’atmosfera è pregna di un pesante odore di fiori che, con il caldo, sfioriscono piano piano. Il cuore pulsante di questa tappa è la grande sala sotterranea del Castello che ospita le due scenografiche opere di Latifa Echakhch (un fondale cascante con la rappresentazione di un cielo) e l’opera sospesa di Ariel Schlesinger; come attori striscianti, le sculture a pavimento di Sara Enrico. Chiude questo percorso un’opera eccezionale di Theaster Gates, il video Gone are the Days of Shelter and Martyr del 2014: girato nella chiesa cattolica romana di St. Laurence, ora demolita, nel South Side di Chicago, Gates e i membri del suo ensemble musicale The Black Monks lasciano cadere ripetutamente delle porte scardinate sul pavimento. Il rumore del legno lanciato sul pavimento duro risuona come un tuono attraverso lo spazio cavernoso e fatiscente.
L’ultima tappa, dedicata alla sacralità, ci porta a Castagnole. Prima fermata la Chiesa dell’Annunziata con l’eterea installazione di Michel Verjux, Prospectives environnantes del 2024: tre occhi di bue che illuminano tre pareti della chiesa. Segue la suggestiva Casa della maestra, dove in un salotto dall’atmosfera disadorna spiccano, potenti, le opere di Claudio Parmiggiani, Giorgio Morandi e Fausto Melotti.
Nell’Ex asilo Regina Elena, trovano ‘dimora’ le opere dell’Atelier dell’Errore, Margherita Moscardin, Giò Pomodoro, gli Invernomuto tra gli altri. Suggestive le stanze dedicate a Pieter Vermeersch, che presenta un’imponente tela dorata, e il piccolo ambiente dove Luca Vitone condensa l’aria con il profumo estratto dal rabarbaro ed altre essenze, per simulare l’odore dell’Eternit.
L’ultimo approdo è sul terrazzo dell’ex asilo dove, titubanti, calpestiamo un fragilissimo pavimento di specchi di Alfredo Pirri: un metaforico passaggio che, a detta del curatore, ci avvicina alla luce.
Le gallerie che partecipano a Panorama Monferrato: A arte Invernizzi, Galerie Rolando Anselmi, Apalazzogallery, Alfonso Artiaco, Bacarelli, Bottegantica, Botticelli Antichità, Galleria Canesso, CAR Gallery, Cardi Gallery, Carlo Orsi, Alessandro Cesati, Galleria Continua, Galleria Raffaella Cortese, Thomas Dane Gallery, Monica De Cardenas, Dep Art Gallery, Galleria Tiziana Di Caro, Alessandra Di Castro, Galleria Umberto Di Marino, Galleria Doris Ghetta, Galleria d’Arte Frediano Farsetti, Federica Schiavo Gallery, Galleria Fumagalli, Gagosian, Galleria dello Scudo, Giacometti Old Master Paintings, Gian Marco Casini Gallery, kaufmann repetto, Laveronica Arte Contemporanea, Galleria Lia Rumma, Lunetta11, Gió Marconi, Massimo De Carlo, Mazzoleni, London-Torino, Francesca Minini, Galleria Massimo Minini, ML Fine Art, Maurizio Nobile Fine Art, Galleria Franco Noero, Osart Gallery, P420, Walter Padovani, Giorgio Persano, Pinksummer, Prometeo Gallery Ida Pisani, Richard Saltoun Gallery, Secci, Simóndi, SpazioA, Studio Sales di Norberto Ruggeri, Studio Gariboldi, Studio Trisorio, T293, Tim Van Laere Gallery, Caterina Tognon Arte Contemporanea, Tornabuoni Arte, Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Victoria Miro Venice, Galleria Carlo Virgilio & C., Vistamare, ZERO…
Gli artisti che partecipano a Panorama Monferrato (aggiornata al 26 luglio 2024): Vincenzo Agnetti (Milano, 1926-1981), Carlo Amalfi (Piano di Sorrento, 1707 – Napoli, 1787), Armando Andrade Tudela (Lima, 1975), Anonimi maestri d’armi del XVIII-XIX secolo, Salvatore Astore (S. Pancrazio Salentino, 1957), Atelier dell’Errore (Reggio Emilia, 2002), Marco Bagnoli (Empoli, 1949), Romina Bassu (Roma, 1982), Gianpietro Carlesso (Bolzano, 1961), Mirabello Cavalori (Firenze, 1535–1572), Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino (Arpino, 1568 – Roma, 1640), Edson Chagas (Luanda, 1977), Claire Fontaine (Parigi, 2004), Betty Danon (Istanbul, 1927 – Milano, 2002), Elisabetta Di Maggio (Milano, 1964), Binta Diaw (Milano, 1995), Ebanista del XIX secolo, Latifa Echakhch (El Khnansa, 1974), Sara Enrico (Biella, 1979), Theaster Gates (Chicago, 1973), Invernomuto (Milano, 2003), Francesco Jodice (Napoli, 1967), Alex Katz (New York, 1927), Esther Kläs (Mainz, 1981), Maestro della Santa Caterina Gualino (XIV secolo), Damien Meade (Limerick, 1969), Richard Meitner (Philadelphia, 1949), Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986), Lala Meredith-Vula (Sarajevo, 1966), Marzia Migliora (Alessandria, 1972), Giorgio Morandi (Bologna, 1890–1964), Margherita Moscardini (Donoratico, 1981), Maria Nepomuceno (Rio de Janeiro, 1976), Maria Elisabetta Novello (Vicenza, 1974), Claudio Parmiggiani (Luzzara, 1943), Gianni Pellegrini (Riva del Garda, 1953), Diego Perrone (Asti, 1970), Susana Pilar (Havana, 1984), Alfredo Pirri (Cosenza, 1957), Pittore del XIX secolo, Gio’ Pomodoro (Orciano di Pesaro, 1930 – Milano, 2002), Tal R (Tel Aviv, 1967), Giuseppe Recco (Napoli, 1634 – Alicante, 1695), Moira Ricci (Orbetello, 1977), Ottone Rosai (Firenze, 1895 – Ivrea, 1957), Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967), Pierluigi Scandiuzzi (Padova, 1993), Salvatore Scarpitta (New York, 1919–2007), Markus Schinwald (Salisburgo, 1973), Ariel Schlesinger (Gerusalemme, 1980), Jana Schröder (Brilon, 1983), Scultore del II secolo d.C., Shimabuku (Kobe, 1969), Guido Trentini (Verona, 1889-1975), Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974), Giuseppe Uncini (Fabriano, 1929 – Trevi, 2008), Michel Verjux (Chalon-sur-Saône, 1956), Pieter Vermeersch (Kortrijk, 1973), Francesco Vezzoli (Brescia, 1971), Franco Vimercati (Milano, 1940-2001), Marianne Vitale (East Rockaway, 1973), Luca Vitone (Genova, 1964), Akram Zaatari (Distretto di Sidone, 1966).