Kerstin Brätsch e Adele Röder

24 Febbraio 2012
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Queste due giovani signore – Kerstin Bra?tsch e Adele Ro?dersi sono inventate nel 2007, DAS INSTITUT: un’immaginaria agenzia di Import/Export. Leggendo scopro che da cinque anni, la lo ro ricerca artista si interroga sul ruolo dell’artista nell’era del capitalismo globale attraverso l’appropriazione della logica concettuale sottesa alle strategie delle multinazionali. 

Come sintetizzano tutto ciò con il loro lavoro/prassi/metodo?
Funzina così: Braetsch prende a prestito, per un suo dipinto, delle immagini digitali della Ro?der Questa a sua volta riprende lo stilema elaborato dalla compagna d’azienda e lo riporta su tessuto o in un poster. L’opera d’arte perde le sue tracce lasciando tracce un po’ dovunque. 
In occasione della loro mostra da Giò marconi e Kaleidoscope, le due artiste chiamano ad intrecciarsi con i loro decori, un’altra coppia di creativi, Martino Gamper e Lydia Rodrigues. Ma in realtà, leggendo il CS, la lista di collaborazioni è molto più lunga, tanto da sembrare la lista di nomi di un’opera teatrale dove ognuno ha un suo ruolo.
Vedo la prima parte della mostra da Giò Marconi,   Glow Rod Tanning with…, prima personale di Kerstin Bra?tsch. Per l’occasione l’artista presenta nuovi dipinti su mylar (pellicole di poliestere), esposti attraverso l’uso di magneti, barre metalliche o su strutture autoportanti parzialmente illuminate da luce al neon. Subito osservo queste grandi pitture  apprezzando la rapidità della tecnica, i colori psicadelici, le forme casuali. Mano a mano che mi inoltro nella sale, ricostruisco la logica sottesa all’azienda DAS INSTITUT. Muri separatori nascondono al loro interno dei neon e delle pitture. Dietro ad una parete, quasi nascosti, a tutta altezza grandi pezzi di seta decorata con motivi grafici.
In una sala più piccola, scenografia a 8 mani: due video sbilenchi, un semi cerchio al neon, delle lampade abbronzanti (peccato, le vedo spente!), dei tavoli bassi di Gamper. In un’altra sala un palcoscenico caduto – che altro  non è che una parete divisoria stesa per terra. E’ stata ricostruita con assi che non coincidono, scaffali e mensole che proteggono delle pitture arrotolate. Ad un capo di questo scaffale, l’angolo di un pannello con del lettering, probabilmente proveniente dallo smontaggio di una mostra in galleria (Fukuyama).
Dei neon bianchi e beige, una grande tendaggio di seta stampata. Tante tele fluttuano uno sull’altra. Motivi decoratici floreali, optical, scritte, ritornelli a cornice, follia. 
Sì, il tasso di follia di queste giovane signore che vogliono deridere (?), sfidare (?), assecondare (?), emulare (?) il sistema capitalistico mi sembra molto alto.
Questa estetica banalmente descrivibile come post-post anni ’80, post moderna ma senza forbici e colla, ma mela C mela V, alla fine mi piace. Il discorso pittorico di Kerstin Bratsch mi convince anche se non so esattamente perchè. Che sia il frutto di una consapevolezza collettiva che mi sfugge ma a cui appertengo?  
L’artista esordisce nel comunicato stampa con ….
Il tema: la sofferenza della pittura. 
Lo Scopo: gettare luce schiacciante sulla pittura.
Un dipinto chiede sempre, brama, di “essere nella giusta luce” (per trovare il suo posto al sole…)
I dipinti trasparenti sono esposti alla luce artificiale – alla luce aggressiva. Backstage light. Sono analizzati e selezionati. E come una radiografia  ciascun dipinto DEVE fallire – fallire la sua bellezza – perchè nulla è celato. 
Ci sta questo delirio un pò sconclusionato. Ci sta che lei dipinga come una macchina industriale, ci sta anche che i collezionisti che acquistano i suoi dipinti,   possano – spostando i magneti –  modificarli a seconda del colore del divano o del tappeto. o dell’umore.  Un opera, 5 fogli trasparenti dipinti:, 4 magneti: tante possibilità di avere un opera modificabile a piacere. 
La leggerezza con cui queste artiste giocherellano con sistema/i, storia e società mi diverte.
Passeggiata al sole per raggiungere lo spazio di Kaleidoscope che ospita ADELE RO?DER with Lydia Rodrigues COMCORRO?DER. Adele promuove in Via Masera un vero e proprio temporary shop con capi di abbigliamento personalizzabili attraverso la scelta di tessuti e stoffe da lei ideati, sull’ esempio di Sonia Delaunay (andate a vedere la bellissima mostra di questa artista geniale alla Fondazione Marconi, fino al  31 marzo). La Ro?der si prefigge di “superare la rigidità del tesuto, la sua natura inanimata, regolare astratta e spiegare le sue forme su un corpo femminile – anzi no – sulla superfice del mondo.” Non mi preoccupo se ci riesce. Ho ricordi di storia del costume e, questa fida è da secolo che molti stilisti si preoccupano di affrontare e non solo con gli abiti, ma anche in seno ad un concetto di abito molto elevato. Osservo, invece, le curiose ‘fantasia’ delle sete svolazzante dal soffitto al pavimento. Macchinosa l’installazione degli abiti irrigiditi.
Unisce tutto, indealmente, le realizzazioni di Martino Gamper disseminate in entrambe gli spazi.


Prossimi eventi:
Lucas Knipscher / DAS INSTITUT
AD Photo shoot
27.03.-31.03.2012
UNITED BROTHERS / DAS INSTITUT EVENT
One year Fukushima Anniversary
11.03.2012
   
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