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La pittura astratta come luogo immaginifico: Julie Mehretu a Palazzo Grassi, Venezia

Fino al 6 gennaio 2025 Palazzo Grassi presenta la più grande mostra mai dedicata a Julie Mehretu in Europa a cura di Caroline Bourgeois
Julie Mehretu, Desire was our breastplate, 2022-2023, Pinault Collection.
Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

“…le mie creazioni nascono da legami umani profondi, di cui ho bisogno per essere ciò che sono…”

Per capire e assaporare a fondo la mostra che Palazzo Grassi dedica a Julie Mehretu, la prima grande esposizione a lei dedicata in Europa, bisogna partire dal titolo, Ensemble, che ne costituisce la chiave. Ensemble indica un insieme polifonico, un insieme di persone che collaborano per un risultato comune e la mostra lo declina sotto molteplici aspetti.
Il progetto espositivo ha infatti la peculiarità di ragionare non in termini di individualità, ma di comunità. È stato curato dalla stessa artista insieme a Carolina Bourgeois, sua collaboratrice e amica, einclude nel percorso le opere di una ristretta cerchia di artisti con i quali la Mehretu condivide amicizia, affetti ed esperienze di vita che sono parte integrante del suo processo creativo.  E così le sue grandi tele dialogano con le sculture totemiche di Huma Bhabba, gli assemblaggi di David Hammons, le opere iperrealiste di Paul Pfeiffer, le tele ricamate di Jessica Rankin, mentre la musica di Jason Moràn unisce primo e secondo piano el’installazione visiva e sonoradi Robin Coste Lewis racconta storie di migrazione e razzismo, esperienza comune a tante famiglie afroamericane e che accomuna le due artiste. Ensemble, appunto.
Il gran numero di opere esposte, coprono circa 25 anni di lavoro, la ripetitività di alcune tipologie e la scelta curatoriale di non seguire un criterio cronologico, possono rendere la visita impegnativa, ma l’intento non era quello di realizzare un percorso didattico bensì un percorso emozionale. Un percorso libero, fatto di continui rimandi, da compiere lasciandosi avvolgere dal mondo dell’artista, dall’effetto quasi ipnotico delle tele, fermandosi ad osservarle con attenzione per scoprirle fin nel più minuto tratto e lasciando che la visione complessiva dell’opera generi una esperienza viscerale. 

Julie Mehretu, (from left to right), Sun Ship (J.C.), 2018, Pinault Collection, Loop (B. Lozano, Bolsonaro eve), 2019-2020, Pinault Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection
nstallation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Colpisce la sua modalità di operare: disegna, dipinge con le mani, con l’aerografo, con le bombolette, usa lo stencil, sovrappone, stratifica, cancella. Padroneggia con professionalità l’incisione, riuscendo a sfruttarne tutte le possibilità, utilizza acquaforte, puntasecca, acquatinta, fotoincisione, anche combinandole insieme, traendo da ciascuna di esse le infinite possibilità di colore derivate dai numerosi passaggi. Collabora con maestri stampatori, unisce fogli di carta per arrivare alle grandi dimensioni da lei amate, come in Ephigraph,Damascus (2018), sei pannelli in dodici fogli. Non lavora da sola, le sue opere sono sempre il frutto di molte mani che aiutano la realizzazione del suo progetto.
A cavallo degli anni 2000 la sua ricerca parte dal disegno, il primo strato è formato da un reticolo di linee, da disegni architettonici, da mappe di non-luoghi, sigillate sul fondo della tela da uno strato di acrilico trasparente sul quale si sovrappongono pennellate tumultuose. Sono tracce di storie, di spazi, di città, che esplodono dal fondo con una energia dirompente. L’architettura per la Mehretu riflette lo spazio (Black City, 2007), ma anche gli spazi del potere, le macchinazioni della politica e per questo le interessa anche come metafora delle istituzioni. 
Come in Chimera (2013), nata dopo la notizia del bombardamento da parte degli americani del palazzo-bunker di Saddam Hussein a Baghdad. Le architetture sono rovine sulle quali si affastellano impronte, segni di presenze umane e un cupo velo monocromo avvolge tutto. 
La sua attenzione è catturata da rivolte popolari, conflitti etnici, guerre civili, ma anche da eventi naturali particolarmente devastanti. A partire dal 2010, l’interesse si concentra sulle immagini digitali che circolano online relative ad accadimenti contemporanei. Le cattura, le sfoca, le frammenta, le riduce all’essenza. È affascinata dalle immagini che, pur senza più la messa a fuoco, lasciano trapelare ancora qualcosa e su questo innesta il lavoro pittorico, fatto di strati successivi e gesti veloci, utilizzando il colore che diventa elemento preponderante. 

(Foreground) Huma Bhabha, New Human, 2023, Courtesy of the artist and David Zwirner; (Background) Julie Mehretu, Invisible Line (collective), 2010-2011, Pinault Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection
Julie Mehretu​, TRANSpaintings, 2023-2024, Courtesy of the artist and White Cube. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Ne è un esempio Maahas (Mihos)torch (2018). Mehretu si appropria della foto del devastante incendio che distrusse la quasi totalità delle collezioni del Museo Nazionale di Rio de Janeiro, la trasforma in bianco e nero, la sfoca e la ruota di 270 gradi. L’immagine non si percepisce più, l’artista aggiunge bagliori di arancione, blu giallo e viola. Con lo stesso procedimento tratta temi come l’assalto a Capitol Hill, la pandemia, l’invasione dell’Ucraina, le immagini si dissolvono e nella profondità della tela rimangono solo i fantasmi, dissimulati dietro pennellate fitte e stratificate.
Rende omaggio alle opere del passato con Ghosthymn (after the Raft) e Conversion (S.M.del Popolo/after C) che rimandano alle tele di Géricault e Caravaggio, il passato è una risorsa per riflettere sul presente. Usa l’aerografo, le pennellate si diversificano, si alternano opacità e trasparenze che coinvolgono la vista e la mente.
La serie TRANSpaintings (2023) chiude il percorso, qui la scena cambia. Il supporto è una rete di poliestere leggermente trasparente che permette alla luce di attraversarela superficie. Il colore è steso solo da un lato ma osservabile da entrambi. Le opere non hanno più bisogno della parete, le cornici di alluminio (opera di Nairy Baghramian) diventano anche supporti, conquistano lo spazio della sala e come delle sculture possono essere osservate girandoci intorno, giocando con la luce e con le ombre degli stessi visitatori, che diventano quei fantasmi, quelle forme sfocate che ricorrono in tutte le sue opere.

 «Dipingo così da sempre. La pittura astratta offre un luogo in cui posso immaginare, in questo spazio può succedere di tutto. Penso sia lo specchio della realtà che stiamo vivendo, un mondo cui mancano ancora le parole per definirsi. Cerchiamole, insieme» (J.Mehretu)

(Left to right) Julie Mehretu, Among the Multitude VIII, 2020-2022, The Detroit Institute of Arts Museum. Purchase, Modern and Contemporary Art General Fund with funds from the David Kabiller Family Foundation; Paul Pfeiffer, Child’s feet, 2021, Courtesy the artist and carlier | gebauer, (Berlin/Madrid). Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection
Julie Mehretu, Epigraph, Damascus, 2016, Courtesy of the artist and BORCH Editions Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection