Testo di Alessandra Caldarelli —
All’alba del 19 marzo Palazzo Strozzi si è svegliato in una nuova veste: un grande squarcio ne segnava la storica facciata in bugnato, lasciando intravedere lo spazio interno. Un tromp d’oeil che ci lascia guardare in uno spazio che è insieme reale e immaginario: sono visibili nella loro reale collocazione un colonnato del cortile interno, una biblioteca e lo spazio di una immaginaria sala espositiva. Si intravedono tre fra le opere simbolo per la città e non solo, La Nascita di Venere e La Primavera del Botticelli, Il Ratto delle Sabine del Giambologna, rispettivamente custodite agli Uffizi e presso la Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria. Si tratta de La Ferita, l’ultima grande opera dello street artist francese JR. Classe 1983, famoso per le sue installazioni fotografiche in scala gigante che hanno invaso le città di tutto il mondo – solo per citare l’ultima, nel 2016 è stato invitato dal Musée du Louvre a far scomparire la piramide dell’architettto Ieoh Ming Pei dietro una delle sue anamorfosi – JR si è fatto conoscere per i suoi interventi spaziali site-specific in grado di sorprendere il pubblico e restituire quello che Walter Benjamin definiva punctum, quel dettaglio nell’immagine in grado di attrarre irrazionalmente l’occhio dello spettatore.
Primo appuntamento nell’ambito del nuovo programma Palazzo Strozzi Future Art – nato per favorire un dialogo tra antico e contemporaneo grazie all’intervento di diversi artisti contemporanei, italiani e internazionali, che sappiano interpretare il presente che stanno vivendo e reso possibile grazie al generoso sostegno di Andy Bianchedi in memoria di sua madre Hillary Merkus Recordati – La Ferita è il risultato di quasi due mesi di lavoro con undici operai sotto la guida dell’artista. Ventotto metri di altezza, ben trentatré metri di larghezza con un ingombro di 300 m2 l’installazione apre uno spiraglio nella facciata del Palazzo grazie all’effetto ottico dell’anamorfosi, come un voyeur che si affaccia su uno spazio disvelato attraverso uno spioncino.
La ferita è quella che caratterizza tutti i luoghi di cultura, in Italia e nel mondo, costretti a rimanere chiusi per far fronte all’emergenza sanitaria in corso, costretti a ripensare sé stessi, ripensare il proprio ruolo pubblico e sociale, ripensare la propria presenza online ed alimentarla laddove necessario per poter rimanere in contatto con il proprio pubblico senza perdere un legame con la realtà. Processo che ha richiesto non pochi sforzi, non poco impegno e che, a tratti, sembra incontrare un continuo rimando a data da destinarsi senza soluzione di continuità. Una ferita, quella sulla facciata di Palazzo Strozzi, che è dunque anzitutto un segno doloroso apposto su un luogo di cultura a testimonianza di quanto il settore culturale abbia sofferto e stia ancora soffrendo le conseguenze della pandemia da COVID-19.
Una ferita che non deve essere pensata solo come simbolo di rottura e di difficoltà, ma che serva ad offrire un momento di riflessione. “Questa è un’opera d’arte pubblica aperta a tutti, visibile a chiunque, che quindi induce a meditare così come vuole il ruolo che da tradizione ha l’arte. Mi viene in mente un istituto del diritto romano, quello della Dicatio in patriam (dedica alla patria, ndr), tradizione diffusa all’epoca di installare iscrizioni, statue, tabernacoli per onore dell’arte e per indurre il pubblico ad avvicinarsi ad essa” ha dichiarato il Presidente di Palazzo Strozzi, Giuseppe Morbidelli. “Oggi questa operazione è amplificata dai social e da altri mezzi di comunicazione, che permettono lo sviluppo della cultura stessa. Quest’opera è una forma dirompente di invito ad avvicinarsi alla cultura e alla sua forza persuasiva nei confronti della collettività”.
Un’installazione che non è solamente site-specific, ma anche time-specific – come l’ha definita l’Assessore alla Cultura di Firenze, Tommaso Sacchi – che non nasce solamente per restare affissa al Palazzo fino al prossimo 22 agosto, ma anche per raccontare un momento storico ben preciso e poter affrontare, con gli occhi dell’arte, il dramma dei nostri tempi.
Una ferita che vuole anche simboleggiare la distanza che esiste tra i luoghi dell’arte e il pubblico? “Direi piuttosto il contrario”, afferma JR, “perché chi si ritrova qui a osservare quest’opera può essere una persona qualunque, da chi passa qui davanti per andare in ufficio e magari non ha mai messo piede in un museo, ma magari si ritrova a tirare fuori il cellulare per scattare una foto dal punto perfetto in cui si riesce a vedere l’anamorfosi, come anche la persona che non può fare visita ai luoghi della cultura da mesi. Quello che mi piace è che esistono un’infinità di possibili interpretazioni diverse che le persone possono dare alle mie opere ed è in quelle molteplici letture che si scrive davvero la storia di un’opera d’arte”.
Una ferita che è stata pensata come un’opera temporanea, che non sarà in nessun modo conservata nel tempo come d’altronde tutte le precedenti installazioni dello street artist. Una ferita che scomparirà, ma che deve lasciarsi alle spalle una cicatrice “che possa rimanere nella mente delle persone che l’hanno vista e possa servire come memento nel tempo”. Non un segno di distacco, dunque, ma un invito ad entrare, un invito a conoscere le bellezze della Storia dell’Arte o un invito a tornare in quei luoghi dove ci si sente a casa e che dovremo guardare da lontano ancora per un po’.
Palazzo Strozzi, Piazza degli Strozzi, Firenze
Dal 19 marzo al 22 agosto 2021