Testo di Francesca Blandino —
Sento che l’attaccamento al passato è in realtà un attaccamento all’autonomia dell’immagine – un rapporto con l’immagine liberata dai suoi legami originali con il mondo quotidiano, i suoi imperativi e le sue funzioni. Nel nostro incontro con l’immagine trovata è presente una spinta all’indietro, ma non si tratta di un ritorno, per quanto desiderato. Si tratta di un confronto con l’impossibilità del ritorno.¹
John Stezaker
Una proliferazione di visioni, intuizioni che nutrono il processo immaginativo con la moltiplicazione di echi, risonanze, amplificazioni e distorsioni della realtà, è l’incredibile effetto del viaggio che si compie nella mostra personale di John Stezaker allestista negli spazi della Fondazione Morra Greco di Napoli.
In questa grande opera visiva regna in tutta la sua ambivalenza la simbologia del vedere, nel suo incanto poetico e simbolico; è, infatti, l’immagine la fonte ispiratrice di Stezaker, la medium tra il mondo reale e quello dell’immaginario. Dagli anni Settanta ad oggi, usando fotogrammi di film classici hollywoodiani, cartoline vintage e illustrazioni di libri, Stezaker realizza collage e serigrafie che mescolano il sentimento della nostalgia con quello dell’assurdo, invitando lo sguardo di chi osserva a riflettere su come il linguaggio visivo possa creare significati nuovi ad ogni atto di visione.
Partendo dal mondo sotterraneo del seminterrato del Palazzo Caracciolo d’Avellino, la sede della Fondazione Morra Greco, la mostra di Stezaker, la prima retrospettiva in un’istituzione italiana, inizia il suo percorso con un omaggio alle origini del cinema. Il film-loop Train si staglia sotto l’arco che ingloba i resti delle antiche mura greco-romane della Napoli sotterranea, proiettando immagini intermittenti di treni in corsa. Gille Deleuze sosteneva che il cinema fosse un’operazione di redenzione del divenire, non una semplice produzione di immagini ma una pratica di azione su di esse. Il montaggio è un’operazione che prevede anzitutto uno smontaggio, un ritaglio e una disposizione orientata nella direzione in cui chi crea prende posizione. Ritagliando e combinando porzioni di immagini prelevate dalla cultura quotidiana, Stezaker invita a fermarsi e a guardare, aguzzando lo sguardo in un tempo indefinito, andando contro la frenesia della società contemporanea e del suo consumo bulimico di immagini.
La posizione dell’artista riesce a mostrare il misterioso, organizzando e disorganizzando l’ordine di apparizione dei soggetti ritratti nelle immagini fotografiche, modificandone la logica di distribuzione per creare un nuovo indecifrabile linguaggio visivo, come si osserva nelle serie delle opere librarie (book work), dagli Observatory alle Metamorphosis (2015-2020), o ancora più minuziosamente nei frammenti dei Crossing Over (2010-2018), allestiti al primo piano in rarefatte bacheche lignee.
Nelle molteplici sfaccettature e prospettive delle immagini delle opere librarie è presente quella contraddittorietà intrinseca per cui ogni cosa si affianca al suo contrario, a ogni immagine il suo rovescio. Il tema del doppio s’inserisce nell’interrogazione sulla molteplicità della natura umana e appare velatamente nelle silhouette delle Shadow, le opere serigrafiche esposte al secondo piano, in cui vi è tutta l’analisi dell’artista nel tratteggiare l’umanità alla disperata e incessante ricerca di una completezza che non può essere raggiunta.
Usando fotogrammi di vecchi film di Hollywood, soprattutto noir, e di B-movies, Stezaker scontorna e oscura i personaggi delle scene selezionate, alterandone ruoli e significati. Le silhouette divengono ombre accompagnate da altre ombre, ma non richiamo il perturbante, come spesso accade quando si affronta il tema del doppio, del golem o dell’automa, piuttosto aprono le porte ad un imaginario sconfinato, dato dalla profondità infinta del nero.
La transizione dalla luce al buio è ancora più netta nei collage, la tecnica artistica che più di tutte ha reso celebre la ricerca di Stezaker, incoraggiato dalle ossessioni visive del Surrealismo. Mostrando lo spazio interstiziale tra le singole immagini, disorganizzandone l’ordine di apparizione, ridisponendo gli oggetti e i personaggi, e modificandone la cronologia e la logica di composizione, per creare un nuovo dis-ordine, l’artista mette in scena il casuale, l’inconscio, il potenziale rivelatore dell’oggetto e dell’immagine obsoleti, il sublime e persino il perturbante.
Nei suoi Masks, Dark Stars, Double Shadow, e ancora nella serie dei Kiss o dei Dis-Astro, per citare alcuni dei suoi più intensi e visionari collage, il termine posizione subisce un’ulteriore metamorfosi, introducendo nuove contraddizioni e diversi interrogativi: comporre le immagini per aprire nuovi campi d’indagine e rimontare la storia dell’universo visivo, personale e collettivo, dislocando, ricomponendo e disponendo i dettagli e le differenze.
¹ John Stezaker in conversazione con David Lillington and William Horner, in “Fumetti” di Janneke de Vries, con testi di Barry Schwabsky, David Lillington, William Horner, Verlag der Buchhandlung Walther König, Köln, 2009. Testo originale: I feel that an attachment to the old is actually an attachment to the autonomy of the image – a relationship with the image liberated from its original ties to the everyday world and its imperatives and functions. There is a pull backwards in our confrontation with the found image, but it is not a return, however wished that is. It is a confrontation with the impossibility of return.