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Tutta l’Italia è silenziosa — Intervista con Davide Ferri

[nemus_slider id=”48324″] — Una costellazione di luoghi ‘speciali’ di Roma hanno fatto da cornice alla mostra collettiva Tutta l’Italia è silenziosa a cura di Davide Ferri (organizzata da  Untitled Association). Istituti di cultura internazionali, accademie straniere e ambasciate presenti nella...

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Una costellazione di luoghi ‘speciali’ di Roma hanno fatto da cornice alla mostra collettiva Tutta l’Italia è silenziosa a cura di Davide Ferri (organizzata da  Untitled Association). Istituti di cultura internazionali, accademie straniere e ambasciate presenti nella Capitale sono diventate per una decina di giorni (24/09 – 4/10/ 2015) le sedi espostivi di una mostra dal tema complesso e sfuggente come il “silenzio”. Ed è proprio dal silenzio e dalla quiete dei luoghi scelti per il progetto che il curatore è partito per i suoi ragionamenti e relazioni che lo hanno guidato nella costruzione concettuale della mostra.

L’Accademia Tedesca Roma – Villa Massimo (Deutsche Akademie Rom – Villa Massimo) (Nomentano), l’Ambasciata del Brasile in Italia (Centro / Piazza Navona), li Centro Russo di Scienza e Cultura (Centro / Piazza Navona), l’Istituto Polacco di Roma (Centro/Prati) e la Reale Accademia di Spagna a Roma (Real Academia de España en Roma) (Gianicolo), hanno ospitato le opere di Helene Appel, Riccardo Baruzzi, Francesco Barocco,  Emanuele Becheri, Sergio Breviario, Irma Blank, Bettina Buck, Chiara Camoni, Antonio Calderara, Alejandro Cesarco, Giovanni Kronenberg, Stefania Galegati Shines, Luigi Ghirri, Alice Guareschi, Guido Guidi, Anna Maria Maiolino, Maria Morganti, Elena Nemkova, Ursula Nistrup, Anatoly Osmolovsky, Giovanni Ozzola, Alessandro Piangiamore, Federico Pietrella, Carol Rhodes e Alessandro Sarra.

Ursula Nistrup,   Stefania Galegati,   Alessandro Piangiamore,    Istituto Polacco di Roma - Installation view
Ursula Nistrup, Stefania Galegati, Alessandro Piangiamore, Istituto Polacco di Roma – Installation view

Segue un’intervista con il curatore Davide Ferri

ATP: Vorrei partire dalle sedi della mostra, ovvero le Accademie e gli Istituti di Cultura stranieri a Roma, che ormai rappresentano una realtà di alto profilo nella proposta culturale della capitale: riferendoti al caos e al rumore cittadino le hai definite “interruzioni”. L’idea di fare una mostra sul silenzio è venuta proprio da questo possibile rapporto dialogico?

Davide Ferri: Quando Fabio Ianniello e Danilo Ruggiero, i due fondatori di Untitled Association, mi hanno chiesto di curare questa mostra, ho dovuto necessariamente ripensare al mio rapporto con Roma, una città in cui mi sono trasferito solo pochi anni fa, al suo lato selvatico, attraente e spaventoso insieme. Sinceramente fino ad allora non avevo mai frequentato troppo le accademie straniere, ma avevo la percezione netta del fatto che per me, per tutti, rappresentino dei punti di osservazione sulla città, e dei luoghi tranquilli, dei luoghi di riparo. Mi riferisco soprattutto al loro aspetto – severo, curatissimo, in alcuni casi vagamente monasteriale – e alla loro posizione: talvolta sono protette da meravigliosi parchi (come nel caso di Villa Massimo), altre volte la città è in basso, lontana, e all’interno, dalle grandi finestre, entrano nelle sale e negli studi delle viste mozzafiato, come avviene all’Accademia Reale di Spagna. In quei giorni stavo anche leggendo uno degli ultimi libri (un libro giovanile in realtà) di Julio Cortazar pubblicati in Italia, A passeggio con John Keats, un racconto dove autobiografia e biografia del poeta si sovrappongono fino a confondersi, e ad un certo punto, ma tra parentesi, lo scrittore pronuncia quella frase sull’Italia che ha dato il titolo alla mostra, un’immagine inattuale e inverosimile, contraria all’attuale percezione che proprio gli stranieri hanno del nostro paese.

Però Tutta l’Italia è silenziosa non è una mostra sull’arte italiana, né sul paesaggio italiano, è solo un tentativo di sperimentare la possibilità che l’Italia – e nello specifico una città caotica e multiforme come Roma, in luoghi che non le appartengono del tutto come le accademie e gli istituti stranieri – possa ospitare oggi una mostra con una serie lavori che declinano l’idea di silenzio in forme diverse.

ATP: Saranno undici le sedi coinvolte nel progetto, alcune –  per esempio il Brasile, paese con uno sviluppo economico e culturale relativamente recente – hanno una tradizione poco associabile all’idea di silenzio, o come scrivi, “di rovina che custodisce la memoria”. Come ti sei relazionato singolarmente con le storie culturali dei paese e delle istituzioni che ospiteranno la mostra?

DF: Non è la storia culturale dei paesi che ospitano la mostra che volevo approfondire – sarebbe stata un’impresa insormontabile e il mio approccio alla curatela non è mai da storico, ne da sociologo e da antropologo, figuriamoci, sono cose che non ho mai sopportato… Al centro della mostra, come ti dicevo, c’è solo un’immagine inverosimile, da dispiegare in forme differenti in una decina di spazi che intrattengono con la città, con l’ambiente circostante, un rapporto diverso.

Mi parli del Brasile: l’Ambasciata – che ospita la mostra – è in Piazza Navona, un luogo attraversato ogni giorno da flotte di turisti rumorosi e scomposti. Sarà, il Brasile, un paese poco silenzioso, ma sai che ogni volta che qualcuno si siede sui gradini del portone d’accesso, arriva una guardia a rimproverarlo? È proprio questa discontinuità ad avermi interessato: all’Ambasciata del Brasile c’è un dialogo tra i lavori di Anna Maria Maiolino e Irma Blank ed è come se il rumore di fondo, il rumore costante della piazza, percepibile all’interno dello spazio espositivo, si spegnesse nel territorio delle loro pratiche silenziose, fortemente legate alla scrittura e al corpo, al gesto.

ATP: L’Italia, come sottolinei, ha una fortissima tradizione di artisti che si sono misurati con il silenzio. Attitudine che credo derivi dalla stretta relazione che il nostro paese ha sempre vissuto con la religione e, più in generale, con la spiritualità.  Anzi credo che sia quasi una linea comune che continua tutt’oggi, e che pericolosamente può sfociare in conformismo. Che ne pensi?

DF: Qualsiasi cosa determini una linea nell’arte italiana, o ne definisca una specificità, andrebbe analizzata, ma non sono del tutto d’accordo sul fatto che questa attitudine al silenzio derivi dalla religione e dalla spiritualità, perché sono dimensioni che appartengono alla storia culturale di quasi tutti i paesi. A me interessava quella forma di silenzio che deriva da una dimensione appartata, solitaria, provinciale di molta arte italiana, che è la vera specificità del nostro paese. In Italia i grandi centri non esistono – anche “Milano non esiste”, come scrisse Tommaso Landolfi. Qualche esempio? Antonio Calderara ha vissuto quasi tutta la vita sul lago d’Orta, e la sua pittura astratta, quella della maturità, non è altro che la traduzione di distanze, riflessi, di cose viste sulle sponde del lago; Guido Guidi non si è mai mosso da una minuscola frazione di Cesena, dalla campagna romagnola, e il paesaggio che ha raccontato è prevalentemente quello che avuto attorno tutta la vita – una cosa che potrei dire anche di Luigi Ghirri, di Franco Guerzoni, in rapporto a Modena e all’Emilia. E ancora: Chiara Camoni abita in un piccolo paese sulle Alpi Apuane, e molti suoi lavori sembrano avere un carattere intimo e domestico; Flavio Favelli (che sarà presente nella seconda parte del progetto) vive dentro un paesaggio ruvidamente appenninico, del tutto morandiano. Potrei andare avanti molto (e citarti i casi di artisti che non presenti in mostra): Ettore Spalletti e i dintorni di Pescara, Remo Salvadori e Cerreto Guidi, in Toscana, Paolo Icaro e le colline del Montefeltro, fino a Piero Guccione e Modica…

ATP: Sottolinei come il silenzio abbia costituito una fertile linea dell’arte italiana per tutto il corso del Novecento. “le ricorrenti spinte verso un’idea di classico, il ritorno all’ordine di cui Roma fu, ad inizio secolo, un centro propulsore, la tradizione metafisica…”. In merito alla ricerche più recenti, mi citi alcuni esempi – presenti o non presenti in mostra – in cui è più evidente un tipo di ricerca legata al tema del silenzio?

DF: Alla domanda credo di avere già risposto sopra, rispetto alla pittura figurativa posso dirti che per me è sempre un punto di partenza. E gran parte della pittura figurativa italiana del Novecento ha raccontato il silenzio e la provincia. Non è Ferrara la città metafisica per eccellenza?

ATP: Cosa ti ha guidato nella scelta degli artisti in mostra presenti con un ampio spettro di forme espressive? Penso alla pittura, alla scultura e alla performance.

DF: La scelta degli artisti è sempre terribilmente arbitraria, figuriamoci rispetto ad un tema così poroso… Potevano esserci moltissimi artisti che non ci sono, ma per me (come per molti altri), salvo pochi casi, conta il grado di vicinanza e frequentazione, anche indiretta, del lavoro e della persona. E a dispetto dell’eterogeneità delle opere, era importante stabilire un sistema di rapporti e vicinanze che riportasse lo sguardo – tra messe a fuoco e allargamenti di campo – a un movimento preciso: dal paesaggio, un paesaggio silenzioso visto per frammenti e non necessariamente riconducibile a quello italiano (ma probabilmente ad un luogo più letterario che reale) al silenzio dello studio, del tavolo di lavoro, alla solitudine della pratica quotidiana. Del resto anche la mostra, con la sua frammentazione e i tempi stretti, è all’insegna della parzialità. Anche se moltissimo pubblico è venuto alle diverse inaugurazioni, mi piace pensare di essere tra i pochissimi che hanno visto la mostra in tutte le sedi. E questo è un aspetto davvero entusiasmante di un lavoro di questo tipo: stai curando una mostra di cui sarai, idealmente, l’unico spettatore…

E?dra. Tutta l’Italia e? silenziosa Real Academia de Espan?a,   Roma 2015 - Installation view
E?dra. Tutta l’Italia e? silenziosa Real Academia de Espan?a, Roma 2015 – Installation view
Tutta l'Italia è Silenziosa,   Ambasciata del Brasile in Italia,   Roma 2015,   Installation view
Tutta l’Italia è Silenziosa, Ambasciata del Brasile in Italia, Roma 2015, Installation view