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Io sono confine / I am border: una mostra sulle migrazioni a Genova

Testo di Erica Rigato — Io sono confine/I am border, in corso fino all’8 aprile presso PRIMO PIANO – lo spazio espositivo di Palazzo Grillo a Genova – è una mostra complessa e articolata, che richiede un lenta e oculata riflessione. Spesso vi sarà capitato di sentirvi dire la frase “questa non è semplicemente una […]

Io sono confine_Raziel Perin + Muna Mussie + Adrian Paci – Foto Anna Positano – Studio Campo

Testo di Erica Rigato

Io sono confine/I am border, in corso fino all’8 aprile presso PRIMO PIANO – lo spazio espositivo di Palazzo Grillo a Genova – è una mostra complessa e articolata, che richiede un lenta e oculata riflessione. Spesso vi sarà capitato di sentirvi dire la frase “questa non è semplicemente una mostra, ma un progetto”. Ecco, semmai vi foste trovati nel dubbio di sapere cosa esattamente volessero intendere, visitate questa mostra e finalmente lo capirete. 
Sono sicura di non sbagliare se affermo che negli ultimi anni non ci sono state a Genova, a opera di collettivi indipendenti in uno spazio indipendente, eventi espositivi caratterizzati da una così attenta e accurata elaborazione curatoriale da un lato, e da una forte valenza partecipativa dall’altro. Al di là di una ricognizione delle singole opere, credo che questa mostra meriti anche una doverosa interpretazione di quello che essa sta rappresentando, in termini metodologici e di contenuto.
Io sono confine/I am border –  a cura di Pierre Dupont (Giulia De Giorgi, Michela Murialdo, Roberta Perego) con Anna Daneri – muove dalla ricerca di Antonino Milotta, artista e dottorando del xxxvi ciclo in Scienze Sociali presso l’Università di Genova, curriculum “Migrazioni e processi interculturali”, con un progetto volto a individuare metodologie e pratiche artistiche che cercano di abbattere i confini e i pregiudizi attorno ai fenomeni migratori. Il progetto è sviluppato in collaborazione con il collettivo Eufemia del Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università di Genova.
La mostra rende omaggio, nel titolo e nei contenuti, al libro dell’antropologo Shahram Khosravi “Io sono confine”, che unisce la ricerca etnografica al racconto della migrazione vissuta in prima persona. In particolare, il testo interroga il concetto e la definizione di frontiera restituendo, attraverso la tecnica dell’auto-narrazione, l’esperienza tangibile dell’ “essere trasformati in confine” La mostra, quindi, intende riflettere sui concetti di identità e memoria, movimento e transito, confini materiali e immateriali e lo fa attraverso una pluralità di proposte artistiche presentando i lavori di 28 artisti legati al contesto italiano.
Rifacendomi al concetto di mostra come “progetto”, “Io sono confine/I am border” ne ha tutte le caratteristiche per i seguenti motivi. In primo luogo, nata dal desiderio di Milotta di restituire parte dei suoi studi attraverso il formato espositivo, essa è stata concepita come un vero e proprio spazio di ricerca dal momento in cui mette in atto un’idea di arte come concreto strumento di indagine del tema proposto ed elaborato artisticamente dagli autori coinvolti. 
Questo filo conduttore dell’indagine informa innanzitutto la selezione delle opere, tutte realizzate tra i primi anni Duemila e oggi, includendo così generazioni diverse di artisti e sguardi molteplici, oltre che una pluralità di linguaggi, sia dal punto di vista della ricerca e delle metodologie, che della formalizzazione e dei media impiegati. 
Queste opere analizzano e raccontano il fenomeno migratorio nelle sue diverse sfaccettature, dando vita, nel loro insieme, a un interessante esperimento di incontro tra arti visuali e scienze sociali. 
Alcune delle opere in mostra sono “Ideologia e materia”, 2015 di Nico Angiuli;  “The Journey Migrant Map” 2016 di Rossella Biscotti; “Comunicazione istituzionale 2016; “Nero Sangue”, 2020-2022 di Binta Diaw; “Oltremare”, 2006-2018 di Bruna Esposito; “Affiches sans images (Commentaires aux poèmes de Brecht, 1939)”, 2007 di Claire Fontaine.

Io sono confine_Nico Angiuli – Foto Anna Positano – Studio Campo

Sempre per tenere fede a questa connotazione di ricerca, la mostra è costruita come un insieme di spicchi ognuno dei quali assolve alla precisa funzione di stimolare e creare un circuito virtuoso di indagine e verifica dei contenuti, oltre che, citando Michela Murialdo di Pierre Dupont, di “ampliare la veduta delle persone” attorno a determinate questioni. 
Io sono confine/i am border infatti è accompagnata da un serie di progetti ed eventi collaterali pensati per approfondire i temi centrali del progetto di ricerca.  Così, si è potuto assistere in due date separate alle conversazioni tra Ian Chambers, antropologo, sociologo ed esperto di studi culturali, e Federico Rahola, docente di Sociologia dei processi culturali e Teoria dell’immagine all’Università di Genova, in cui si è parlato di migrazione come modernità. La seconda conversazione ha visto Shahram Khosravi, profugo iraniano e docente di Antropologia sociale all’Università di Stoccolma, e Sandro Mezzadra, docente di Filosofia politica all’Università di Bologna, riflettere sul tema dei confini. 
Questa volontà di indagine è concretizzata anche dall’iniziativa di “artsonthemove”, un sito web pensato come un archivio collaborativo online, una piattaforma accessibile gratuitamente per far confluire in un unico database ricerche artistiche e sociali contemporanee legate al tema migratorio, affinché diventino materiale di studio, approfondimento, confronto e scambio. L’archivio è concepito come uno strumento vivo in grado di crescere grazie alla condivisione di materiale da parte degli utenti, creando al contempo una rete con varie realtà. 
Infine, a conferma ulteriore di questo formato di mostra-laboratorio, in linea con le metodologie appartenenti alle scienze sociali, al visitatore viene chiesto di compilare e riconsegnare un questionario che servirà ai fini della ricerca e in cui, credo, una delle domande più interessanti è quella che lo invita a riflettere sull’effettivo potere che ha l’arte contemporanea di contribuire e innescare un ragionamento critico e alternativo sul tema migratorio, rispetto a quello imposto dai media e dalla politica. Tutti questi elementi e quest’ultimo in particolare, mi permettono di introdurre un’altra parola chiave caratterizzante questa mostra-progetto: partecipazione. 
Se n’è sempre fatto un bel parlare, ma si è davvero riusciti nello scopo?
In questo caso, curatori e ideatori dimostrano di provarci seriamente.
A cominciare da Antonino Milotta che assolve pienamente al ruolo di mediatore in nome del concetto di osservazione partecipante caro alle scienze sociali.  Devo dire che raramente mi è capitato di incontrare, durante la visita di una mostra, un professionista così appassionato, preparato e capace di comunicare senza semplificazioni il senso, non univoco certamente, della mostra e delle opere esposte.  Riprendendo le parole della su citata Michea Murialdo, è in questa dimensione marcatamente partecipativa che si è provato a costruire lo scarto di questa mostra rispetto ad altre riguardanti lo stesso tema.  Quello che interessa, ci dice, è “accompagnare le persone a capire l’opera, e (alla fine) far capire che l’arte ha anche un ruolo sociale e politico e può muovere delle corde”.

Io sono confine_Ryts Monet + Cleo Fariselli + Francesca Marconi_Foto Anna Positano – Studio Campo
Io sono confine – Nico Angiuli + Francesca Marconi_Foto Anna Positano _ Studio Campo

Io sono confine/I am border fa appello al coinvolgimento anche attraverso altri due elementi.
Il primo riguarda il fatto che il ricavato ottenuto dalla vendita di un’opera in mostra sarà devoluto a Mediterranea/Saving Humans e Progetto 20k. Si tratta di “Passing” dell’artista Fiamma Montezemolo che ha realizzato un’edizione in dieci esemplari costituiti da lingotti di cemento dipinti in oro, ognuno con incisa la parola “passing”, alludendo a diversi significati: passaggio, transizione, scomparsa, morte, donazione. Quest’opera si riferisce al costo finanziario ed emotivo di muoversi in un mondo sempre più determinato da confini geopolitici e metaforici.  Il secondo è costituito dalla presenza di uno spazio-cinema dedicato a una selezione di lavori video. Il pubblico è invitato a tornare durante il periodo di apertura della mostra per vedere i film proiettati secondo una programmazione predefinita. Tra questi: “TRE TITOLI” di Nico Angiuli del 2015 e “SUDEUROPA” del 2005-2007 di Maria Iorio/Raphael Cuomo. 
Infine, il senso dell’essere uno spazio di ricerca si attualizza anche negli aspetti che riguardano da un lato la sfera fisica della mostra, dall’altro quella concettuale, ovvero ciò che rientra nelle scelte curatoriali relative all’allestimento e alla selezione delle opere. A questo proposito, le parole chiave che ritornano sono apertura, transitorietà, passaggio e orizzontalità e le ritroviamo proprio nelle componenti sopra citate. 
L’allestimento prevede una divisione degli spazi in quattro temi secondo un percorso in cui il passaggio da una stanza all’altra è scandito da opere cosiddette “soglia”, cioè non strettamente riferite alle tematiche migratorie, ma evocative rispetto a temi come viaggio, confine e identità. Opere come “Me as a star (Vallée Étroite)” del 2021 di Cleo Fariselli, “Porto Fuori”, del 2007 di Eva Marisaldi e “Pelo libero”, del 2016 di Agathe Rosa, svolgono, come spiega il foglio di sala, la funzione di “approdi” all’interno del flusso narrativo della mostra. 
Questo senso di connessione e apertura è reso inoltre anche dalla presenza di opere concepite come presidi esterni allo spazio espositivo, in grado così di amplificare il progetto incontrando altri sguardi e altri pubblici: l’opera di Jonida Xherri, “O Italia, o grande stivale, non cacciarmi di nuovo a pedate”, del 2019, un arazzo di 10 metri affisso all’esterno di Palazzo Grillo; l’opera fotografica di Adrian Paci, “Centro di Permanenza temporanea” del 2007 e “Il mio Filippino: Tess” del 2021 di Liryc Dela Cruz, posizionati nella hall dell’hotel di Palazzo Grillo. 
Questa organizzazione degli spazi incentrata sulla creazione di relazioni punta proprio a innescare lo stesso meccanismo nella mente del visitatore, agevolando una ricerca di associazioni tra un significato e l’altro e cogliendo sfaccettature nascoste.  Informata da questa impostazione orizzontale, la mostra mira a parlare ad un “pubblico” che sia il più ampio ed eterogeneo possibile, proponendogli una riflessione sulle frontiere in un’ottica di ridiscussione e approfondimento di concetti considerati inappuntabili.  In questo senso, quindi, nel caso di “Io sono confine/I am border” è opportuno parlare di mostra dispositivo. 

A conclusione di queste considerazioni, mi sembra particolarmente appropriato ritornare su un punto centrale che costituisce la base di tutto il progetto espositivo Io sono confine/I am border, ovvero quello di arte come strumento di indagine. Non credo ci sia modo migliore per farlo che quello di riportare le parole di Ian Chambers nel suo libro “Mediterraneo Blues” del 2020, in cui, riferendosi al concetto di “immagine”, ne parla come “un’interruzione, un intervallo, una piega nel tempo, che inevitabilmente interpella i regimi di verità esistenti (…)” “In tal senso”, continua, “la conoscenza va oltre la significazione al fine di mostrare un’altra cosa. È qui che, nel confrontare ciò che va oltre la visione familiare, sperimentiamo l’ansia e l’inquietudine dell’essere senza casa. Ciò che ci introduce, potenzialmente, a un nuovo rapporto col mondo”.

Artistə in mostra: Nico Angiuli, Rossella Biscotti, Liryc Dela Cruz, Pamela Diamante, Binta Diaw, Bruna Esposito, Cleo Fariselli, Claire Fontaine, Invernomuto, Maria Iorio/Raphaël Cuomo, Francesca Marconi, Eva Marisaldi, Elena Mazzi e Rosario Sorbello, Martina Melilli, MASBEDO, Muna Mussie, Andrea Mastrovito, Giuseppe Mirigliano, Ryts Monet, Fiamma Montezemolo, Margherita Moscardini, Adrian Paci, Raziel Perin, Agathe Rosa, Caterina Erica Shanta, Serena Vestrucci, Jonida Xherri, ZimmerFrei

IIo sono confine_Nico Angiuli_Foto Anna Positano – Studio Campo
Io sono confine – Invernomuto + MASBEDO_Foto Anna Positano – Studio Campo
.Io sono confine_Adrian Paci_Foto Anna Positano – Studio Campo
Io sono confine_Raziel Perin + Muna Mussie + Adrian Paci_Foto Anna Positano – Studio Campo
Io sono confine_Jonida Xherri – Foto Anna Positano – Studio Campo