APTITUDEforthearts è un progetto d’arte nel territorio interamente dedicato alla ricerca artistica femminile, ideato e promosso da Marina Roncarolo con la direzione artistica di Paola Nicolin.
Le basi di APTITUDEforthearts nascono da una riflessione sul “prendersi cura” inteso come attitudine, innata o acquisita, radicata nella sensibilità a tuttotondo dell’animo femminile. Solo artisti donne, dunque, a cimentarsi con il paesaggio e il peculiare contesto agricolo del vercellese.
La prima invitata è Margherita Raso (Lecco, 1991) con il progetto Casting The Tempo. L’artista si è confrontata con il complesso architettonico dando vita a un’installazione realizzata con opere tridimensionali e sonore che si snodano attraverso lo spazio del Campanile della Abbazia.
Il percorso trae liberamente ispirazione dalla storia del luogo, in particolare prende spunto dall’affresco delle canne di un organo dipinte sul retro della facciata di ingresso della Chiesa di Santa Maria in Lucedio: oggetto immaginato, immateriale, solo rappresentato, è tuttavia una presenza solida, tangibile che il visitatore “sente” riecheggiare nello spazio in modo potente.
L’organo dipinto è in altre parole una presenza visiva carica di attesa ed evoca in modo silenzioso la fervida attività musicale della Chiesa, nota agli appassionati per la sua ottima acustica.
Seguono alcune domande a Margherita Raso —
Elena Bordignon: Il progetto APTITUDEfortheARTS è focalizzato sull’idea di “prendersi cura” inteso come attitudine, innata o acquisita, radicata nell’universo del femminile. Mi racconti quale significato dai all’atto del ‘curare’? Come ti sei relazionata a questa progetto?
Margherita Raso: Credo che il “prendersi cura” non sia specifico dell’universo femminile quanto, in generale, dell’umano. Nel caso di questa mostra, per me ha significato acquisire la consapevolezza dell’agire all’interno di un particolare contesto. Il mio intervento è nato dalla volontà di fare entrare uno spazio esterno, il territorio, nello spazio interno e intimo di una mostra, la quale modifica a sua volta la percezione dell’architettura e del paesaggio circostante.
EB: Di fondamentale importanza è il contesto con cui sei stata invitata a relazionarti: l’Abbazia di Lucedio, il complesso architettonico creato dai monaci cistercensi dal 1123, situato a pochi chilometri dal centro di Vercelli nel comune di Trino. Quali sono state le tue prime reazioni vedendo questo luogo? Cosa ti ha incuriosito?
MR: L’Abbazia di Lucedio è indubbiamente un luogo complesso, tanto per la sua storia quanto per la sua struttura architettonica, ed è stata per me una sfida intervenire in un luogo così caratterizzato. L’edificio è “spaccato” in due, la parte del campanile è restaurata e dunque visitabile, la chiesa è invece inaccessibile perché in fase di restauro. Salendo verso il campanile, si scorge sulla facciata interna della chiesa il residuo di un affresco di un organo a canne, simulacro del reale strumento forse un tempo presente al suo interno. La rappresentazione di questo oggetto, la sua immagine, è stata per me determinante nella definizione della mostra.
EB: Mi introduci brevemente in cosa consiste il tuo intervento?
Per la sua realizzazione ti sei avvalsa della collaborazione di alcune aziende tessili locali? Come hai interagito con loro?
MR: In Casting The Tempo, titolo della mostra, ho affrontato temi della percezione e ri-mediazione, che da sempre attraversano la mia pratica. Nell’arco di un intero anno solare ho realizzato numerose immagini aeree delle risaie intorno all’Abbazia, seguendone l’evoluzione cromatica e formale con il passare delle stagioni. Questa ricognizione fotografica è stata il punto di partenza da cui, attraverso un processo di sottrazione e astrazione, hanno preso forma le sculture tessili installate in mostra. È stato fondamentale per me lavorare in verticale per ottenere delle immagini planari, che potessero restituire l’indagine effettuata sulla superficie. Le immagini portate in rilievo grazie all’intreccio di trama e ordito sono legate alla dimensione massima di una porta, intesa come potenziale luogo di accesso alla relazione tra architettura e scultura. A seconda dell’ora del giorno e delle condizioni meteorologiche, la percezione delle opere cambia, e l’osservatore è invitato ad aggiustare il proprio sguardo nel tempo, muovendosi nello spazio. Le opere Lentezza No.1, Lentezza No.2, Lentezza No.3, sono state realizzate in dialogo con diversi tecnici e aziende specializzate, tra le quali: Antica Fabbrica Passamanerie Massia Vittorio 1843, Clerici Tessuto & C. Spa e FIMI Group.
EB: Oltre ad una parte strettamente scultorea, lavori anche con il materiale sonoro. Da quali spunti sei partita?
MR: Canto for The Flooded Field, titolo dell’installazione sonora in mostra, è una sintesi delle diverse suggestioni che hanno caratterizzato la mia esperienza di questo luogo. Nata dalla volontà di riflettere sulle possibilità scultoree del suono, l’opera è stata realizzata in collaborazione con la musicista e compositrice Kali Malone, la quale ha composto e registrato una traccia per organo interpretando estratti microscopici dell’armatura dei tessuti jacquard presenti in mostra. Un dittico di due stampe raffiguranti rispettivamente 1 cm dell’armatura dei tessuti descrive il codice binario (0-1) di partenza.