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Intervista con Lorenzo Benedetti | Sculptures also die. CCC Strozzina

[nemus_slider id=”42088″] In contemporanea con la mostra di Palazzo Strozzi “Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico” (fino al 21 giugno 2015), il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, propone “Anche le Sculture Muoiono”, a cura di Lorenzo Benedetti. Aperta dal 17 aprile al 26 luglio, la mostra si presenta come una riflessione sul significato, le possibilità […]

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In contemporanea con la mostra di Palazzo Strozzi “Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico” (fino al 21 giugno 2015), il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, propone “Anche le Sculture Muoiono”, a cura di Lorenzo Benedetti. Aperta dal 17 aprile al 26 luglio, la mostra si presenta come una riflessione sul significato, le possibilità e le nuove sperimentazioni della scultura contemporanea, attraverso le opere e nuove produzioni di tredici artisti italiani e internazionali: Francesco Arena, Nina Beier, Katinka Bock, Giorgio Andreotta Calo?, Dario D’Aronco, N.Dash, Michael Dean, Oliver Laric (Austria), Mark Manders, Michael E. Smith, Fernando Sa?nchez Castillo, Francisco Tropa e Oscar Tuazon.

Alcune domande al curatore Lorenzo Benedetti

ATP: Una delle basi su cui si è sviluppata la mostra è la consapevolezza che molti artisti delle ultime generazioni hanno riscoperto materiali che sembravano essere relegati alla tradizione. A tuo parere cosa motiva questa scelta?

Lorenzo Benedetti: Negli ultimi anni c’è stato un recupero di materiali tradizionali all’interno della scultura come bronzo e ceramica, pietra e legno che vuole rivedere dei canoni dell’oggetto artistico nella ricerca contemporanea che non è relegata ad un puro “essere” attuale. Una delle conseguenze al ritorno di alcune materie è dovuto anche dal precoce invecchiamento delle cosiddette nuove tecnologie che nei ultimi due decenni hanno avuto una loro massiccia presenza nelle arti contemporanee. In questi elementi si svela una crisi del presenze come momento di consumo e uno sguardo a delle dimensioni temporanee che sono diverse e più ampie. Opere come quelle di Francesco Arena cercano di leggere dei fatti della storia contemporanea utilizzando i tipici materiali del monumento abbinato a degli oggetti di uso quotidiano.

ATP: A grandi linee, quali sono le tematiche che sono emerse dalle ricerche compiute – anche grazie al linguaggio scultoreo – dagli artisti invitati?

LB: Una tematica generica che compare spesso è ovviamente quella del tempo che viene declinata in diverse forme all’interno della mostra. Dal processo di sedimentazione a quello di corrosione di Giorgio Andreotta Calò a quella di N. Dash che mostra la fragilità della materia oppure a Mark Manders che sconvolge il tempo all’interno della sua stessa opera. Ma anche nell’opera di Katinka Bock che mostra la fragilità delle materie utilizzate che nel loro deperimento esprimono una loro specifica forma. La riproduzione dell’opera e la sua distruzione sono presenti in maniere diverse. Come resistere al tempo (e soprattutto all’uomo)? Come possono le opere essere indipendenti dal nostro contesto e esprimersi anche in un futuro di un altro contesto?

ATP: Il titolo della mostra è una parafrasi del documentario del 1953 “Les statues meurent aussi” di Chris Marker e Alain Resnais. Mi racconti perché questa scelta? 

LB: E’ un titolo che ho usato anche per una mostra in Francia 4 anni fa. Il rapporto tra l’opera e il tempo è basato sulla sua possibilità di essere creata, attraverso un preciso periodo storico e una precisa generazione. Alla morte di una generazione muore anche una possibilità di realizzare delle opere in quello specifico contesto. Il tempo allontana la possibilità di ricreare una specifica opera che viene generato da uno specifico contesto. Ma il titolo si riferisce anche alla condanna del tempo e delle ignobili azioni dell’uomo.

ATP: La mostra apre in concomitanza con un’altra grande mostra ospitata a Palazzo Strozzi,   “Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico”.  Entrambe ruotano attorno al concetto di scultura con esiti ed espressioni molto diverse. Idealmente ci sono dei nessi che le lega?

LB: La mostra “Anche le sculture muoiono” si relazioni in vari modi con la mostra di “Potere e Pathos”. Ci sono azioni dirette come l’opera di Oliver Laric che realizza delle scansioni 3d su delle opere presenti nella mostra dei bronzi ellenistici per presentare una loro elaborazione all’interno della mostra del contemporaneo. Ma c’è anche una riflessione sul concetto di scultura e il rapporto con il proprio tempo. Nel caso di questa mostra il riferimento alla sopravvivenza dell’opera in tempi lontani è centrale. Il fatto che dei bronzi greci ci sia rimasto molto materiale a disposizione mentre la pittura dell’epoca non ci sia più niente è interessante pensare alla scultura come un mezzo che può rimanere nel tempo.

ATP: Nel testo introduttivo della mostra, hai usato la definizione “monumento geologico”. Mi spieghi di cosa si tratta? 

LB: Il concetto di monumento geologico si riferisce a quello di antropocene, cioè una specifica era geologica in cui la presenza dell’uomo rimane indelebilmente presente a livello appunto geologico. Questa dimensione di presenza monumentale dell’uomo che rimarrà nella storia del pianeta stesso si contrappone ad un altro fenomeno della nostra epoca che è quello dell’enorme quantità di informazioni digitali che rischiano di non sopravvivere a lungo lasciando la nostra epoca una delle meno documentate della storia dell’uomo. Una situazione contraddittoria che mostra il limite del nostro tempo da una parte una traccia geologicamente rintracciabile dall’altra una monumentale quantità di informazione destinata probabilmente al permanente oblio. Nell’opera di Dario D’Aronco si vedono gli elementi di informazione digitali abbinati con degli elementi marmorei.

ATP: Attraverso le opere degli artisti, la mostra intende mettere in evidenza il potere del contemporaneo. Tempo, fragilità e valore sono i concetti espressi da molte opere che hai scelto. Mi fai alcuni esempi di opere che meglio hanno espresso questi concetti?

LB: Il potere del contemporaneo è quello di saper dialogare con le altre epoche e allo stesso tempo di lasciare una testimonianza del nostro tempo per il futuro. Un potere che se da una parte genera del futuro patrimonio da conservare, dall’altra permette di rileggere, reinterpretare e riscoprire le opere del passato. Due esempi sono certamente quello già citato di Oliver Laric, ma anche quello di Nina Beier che realizza delle opere con delle sculture provenienti dal Museo di Arte Moderna di Palazzo Pitti. Ma anche l’opera di artisti come Fernando Sanchez Castillo che analizza un momento di potere che si impone sull’altro cercando nella distruzione del potere un tema di liberazione, diverso dalle terrificanti immagini in Iraq contro un patrimonio dell’umanità. 

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Dopo pochi giorni dall’apertura di questa mostra collettiva, al Museo Marino Marino si inaugura la prima mostra personale in un’istituzione italiana dell’artista americano Gavin Kenyon (1980), Lift your head, give me the best side of your face”. Per questo inedito progetto fiorentino, a cura di Alberto Salvadori, Kenyon ha prodotto 13 nuovi lavori che occuperanno la cripta del Museo Marino Marini. Inaugurazione   Sabato 18 aprile 2015 – Dal 20 aprile – 10 giugno 2015

Sabato 18 aprile 2015, alle ore 15.00, Antinori Art Project inaugura – nella Cantina Antinori nel Chianti Classico ( Loc. Bargino, S.Casciano VP, Firenze) – la prima di un ciclo di conferenze : “L’arte contemporanea raccontata dai suoi protagonisti – #1. Materiali e tecniche nella scultura contemporanea”. Questo primo appuntamento ha come obbiettivo quello di offrire a giovani studiosi, agli appassionati d’arte, architettura, restauro e storia dell’arte e a tutto il pubblico, l’opportunità di poter entrare nel backstage della produzione di mostre, nei processi e nei meccanismi che portano alla realizzazione di opere d’arte.

Antinori Art Project collabora per questa prima conferenza con la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze e per la seconda, il prossimo settembre, con il Museo Marino Marini. A pochi giorni dall’inaugurazione della mostra della Strozzina Anche le sculture muoiono (17 aprile-26 luglio 2016), presso Antinori nel Chianti Classico (Loc. Bargino, S.Casciano VP, Firenze) il curatore Lorenzo Benedetti (Direttore di de Appel arts centre, Amsterdam) è invitato a raccontare come gli artisti contemporanei utilizzino nuove forme e materiali tradizionali, quali il bronzo, la pietra o la ceramica, che sembravano essere relegati alla pura accademia, per creare forme espressive inaspettate.

Con Lorenzo Benedetti, dialogheranno l’artista  Giorgio Andreotta Calò –  che presenta negli spazi della Strozzina una serie di nuovi lavori e che inaugurerà nell’autunno 2015 un nuovo intervento appositamente ideato per la cantina Antinori nel Chianti Classico – l’artista   Gavin Kenyon, protagonista di una mostra ospitata al Marino Marino  dal sabato 18 aprile “Lift your head, give me the best side of your face” (prima personale in un’istituzione italiana dell’artista americano), lo storico dell’arte  Alessandro Pacini, la restauratrice  Bruna Mariani, la coordinatrice progetti Fonderia Battaglia (Milano) Camilla BorzanigoIlaria Bonacossa, curatrice di Antinori Art Project, che avrà il compito di moderare la conversazione.

Per ulteriori informazioni ? Conferenza Antinori Art Project

Giorgio Andreotta Calò Carotaggi 2014 ferro,   PVC,   argilla iron,   PVC,   clay Courtesy the artist
Giorgio Andreotta Calò Carotaggi 2014 ferro, PVC, argilla iron, PVC, clay Courtesy the artist
Nina Beier Perfect Duty,   2014 (dettaglio / detail) Edgar Augustin Liegende (1966),   Bronzo / bronze,   14 Tappeti persiani / Persian carpets ,   170 EUR Courtesy the artist and Croy Nielsen,   Berlin
Nina Beier Perfect Duty, 2014 (dettaglio / detail) Edgar Augustin Liegende (1966), Bronzo / bronze, 14 Tappeti persiani / Persian carpets , 170 EUR Courtesy the artist and Croy Nielsen, Berlin
Dario D’Aronco  5 standing figures with their heads elsewhere,   2011/2015 converse all star,   concrete,   acrylic paint  29,  5x10,  5x60 cm Courtesy the artist
Dario D’Aronco 5 standing figures with their heads elsewhere, 2011/2015 converse all star, concrete, acrylic paint 29, 5×10, 5×60 cm Courtesy the artist