Intervista con il curatore Bernardo Follini | Palazzo Re Rebaudengo di Guarene

In occasione delle due mostre "Landslides. Haunting is about endings that are not over" e "Parallel Visions" - ospitate a Palazzo Re Rebaudengo di Guarene - pubblichiamo un'intervista con di Bernardo Follini.
15 Novembre 2022
Daniel Frota, Uma jornada infinita de sonhos e descobertas, 2016, veduta dell’installazione, “Parallel Visions”. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto credit Andrea Guermani.
Ghita Skali, Palm Attacks, 2017, veduta dell’installazione, “Parallel Visions”. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto credit Andrea Guermani

Intervista di BARBARA RUPERTI

Hanno chiuso da pochi giorni, al Palazzo Re Rebaudengo di Guarene, le due mostre Landslides. Haunting is about endings that are not over e Parallel Visions, a cura di Bernardo Follini.
Curatore della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Bernardo Follini è anche tutor del corso di studi e pratiche curatoriali Campo organizzato dall’istituzione torinese e co-funder del project-space milanese Il Colorificio, chiuso solo due settimane fa dopo sei anni di attività. ATP ha rivolto alcune domande a Bernardo Follini.

Barbara Ruperti: In occasione del decimo anniversario della collaborazione tra Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e l’Ecole nationale supérieure des beaux-arts de Lyon Palazzo Re Rebaudengo ha ospitato la mostra collettiva Parallel Visions e la mostra personale di Caroline Déodat Landslides. Haunting is about endings that are not over. Dopo un periodo di incubazione di diversi anni, quali sono gli obiettivi e gli esiti di queste nuove esposizioni?

Bernardo Follini: La partnership inizia nel 2012, quando Patrizia Sandretto Re Rebaudengo entra a far parte del consiglio di amministrazione di ENSBA e decide di avviare una collaborazione con il direttore della scuola Emmanuel Tibloux. Da allora ogni anno il curatore responsabile della partnership per Fondazione ha invitato unə artistə a presentare la propria ricerca negli spazi di Torino o di Guarene, selezionandolə all’interno del programma post-diplôme dell’Ecole. Il post-diplôme è un percorso di residenza professionalizzante di un anno, aperto a cinque artistə per edizione, pensato per permettere allə partecipanti di sviluppare la propria pratica attraverso incontri, lectures, workshop e viaggi all’estero. L’obiettivo della collaborazione tra la scuola e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è quello di offrire allə artistə la possibilità di esporre nelle loro prime presentazioni istituzionali, supportando il loro lavoro e accompagnandolə nei processi di produzione delle loro prime mostre. L’intento delle mostre “Parallel Visions” e “Landslides. Haunting is about endings that are not over” è proprio quello di ripercorrere diverse tappe della collaborazione avviata dieci anni fa tra le due istituzioni, ma anche di proiettarla nei prossimi anni, grazie alla rinnovata collaborazione, che è stata riconfermata dall’attuale direttrice di ENSBA Estelle Pagès.

Thomas Teurlai, Europium, 2014, veduta dell’installazione, “Parallel Visions”. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto credit Andrea Guermani

BR: A partire dal 2012 ogni anno il curatore responsabile della partnership per Fondazione invita un artistə dell’École a esporre negli spazi di Torino o Guarene. A seguito del lavoro svolto da Stefano Collicelli Cagol e da Lorenzo Balbi, nel 2018 hai assunto il coordinamento del progetto. Cosa significa curare il programma in collaborazione con l’ENSBA di Lione? Quali sono stati negli anni i criteri adottati dai curatori della Fondazione nel processo di selezione degli artisti?

BF: Prima di tutto significa sviluppare una relazione di ascolto e apertura rispetto al contesto, alla scuola, allə artistə, e allə curatorə che coordina il post-diplôme Nel corso degli anni ho avuto l’opportunità di sviluppare un dialogo molto fertile con Francois Piron, curatore del programma dalla sua concezione al 2020, e poi con Oulimata Gueye, curatrice responsabile dal 2021. La loro mediazione permette un approfondimento di numerosi fattori e dinamiche in essere, che sono estremamente rilevanti per sviluppare strategie a lungo termine a supporto dellə artistə, e per non isolarsi in scelte meno informate sul loro percorso. Questa situazione è possibile nel momento in cui si condividono le stesse prospettive politico-culturali, come nel nostro caso. Il lavoro fatto fin qui dalle due istituzioni riconosce, da una parte, le specifiche caratteristiche e condizioni della collaborazione, dall’altra prova ad attivare processi che ne dilatino le griglie. Stiamo infatti parlando di una struttura che per le sue caratteristiche ricorda quella di un premio, che quindi insitamente promuove la competizione, ma che è nutrita dal desiderio comune di generare occasioni aperte a prospettive laterali e al supporto dellə artistə al di là del principio del “merito” In questa contraddizione abbiamo provato nel corso degli anni a costruire un terreno solidale che evitasse quanto possibile le dinamiche  ompetitive e l’individualizzazione delle pratiche. Per esempio, è stata emblematica l’edizione del 2018, quando la presenza di un gruppo di artistə del post-diplôme  articolarmente coeso e attivo in processi collettivi mi ha permesso di configurare la mostra di quell’anno come una collettiva, così da presentare in Fondazione nuove produzioni delle artistə Sophie T. Lvoff, Lou Masduraud, Irène Mélix, Georgia René-Worms, e Maha Yammine. 

Riikka Kuoppala, Under a burning city, 2011, veduta dell’installazione, “Parallel Visions”. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto credit Andrea Guermani.

BR: Parliamo invece del lavoro di Caroline Déodat, Landslides. Haunting is about endings that are not over che inaugura la nuova edizione del progetto. Qual è il tema alla base della sua ricerca e come si configura nell’opera video presentata a Palazzo Re Rebaudengo?

BF: Caroline Déodat è un’artista visiva con un background in antropologia e studi sulla performance. I suoi lavori impiegano spesso il medium del video per unire cinema, fiction e teoria critica. Nel suo lavoro è importante il posizionamento in quanto discendente della diaspora mauriziana, che è un punto di partenza per il suo sguardo sull’archivio come dispositivo di produzione coloniale. La sua video installazione “Landslides” è concepita a partire dal suo dottorato in antropologia sociale alla EHESS e dalla sua tesi “Disrupting the archives of ‘séga tipik’. Imaginary and Poetic Performativity of Mauritian Creoleness”. La ricerca approfondisce la pratica del séga, genere mauriziano che unisce poesia, musica e danza, nata nelle comunità fuggite dalla schiavitù e divenuta tradizione turistica dopo il processo di decolonizzazione e l’indipendenza del 1968. Il sottotitolo “Haunting is about endings that are not over”, preso in prestito dalla sociologa Avery Gordon, si riferisce infatti a una scena che si ripete in modo sinistro all’infinito, qui letta tra il cliché dell’isola paradisiaca da cartolina e la condizione di un séga turistificato ed esotizzato dallo sguardo coloniale. Il protagonista del video è il danzatore contemporaneo mauriziano Jean-Renat Anamah, ripreso mentre attraversa i territori mitici del séga sull’isola Mauritius e i luoghi intimi della storia dell’artista. Con i suoi movimenti, Anamah sembra in grado di riattivare un rituale cancellato e di produrre nuove genealogie collettive. 

In occasione dell’opening, con Déodat abbiamo inoltre invitato Vashish Soobah a presentare la listening session “Séga Foutan. Suoni dalla diaspora mauriziana” al Parco d’arte sulla collina di San Licerio. Vashish Soobah è un artista visivo e filmaker nato in Sicilia da genitori mauriziani che, oltre alla sua pratica filmica, usa il formato del dj set per indagare le influenze sonore e culturali della diaspora, anche attraverso la sua collaborazione con Radio Raheem. Incrociando la pratica performativa indagata da Déodat in “Landslides” e quella musicale ripercorsa da Soobah, il progetto ha permesso di guardare al séga come a una struttura sociale, intrinsecamente politica, ma storicamente appropriata e disattivata dallo sguardo occidentale.

Accanto alle due mostre al Palazzo Re Rebaudengo di Guarene è stata ospitata anche la personale di Katja Novitskova.

Caroline Déodat, Landslides. haunting is about endings that are not over, 2020. Courtesy the artist and Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Turin. Photo credit. Andrea Guermani
Caroline Déodat, Landslides. hauting is about endings that are not over, 2020. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto credit Andrea Guermani
Caroline Déodat, Landslides. hauting is about endings that are not over, 2020. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto credit Andrea Guermani
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