
Abbiamo posto alcune domanda ad Antonio Grulli, fresco di nomina come direttore del partenariato pubblico privato non istituzionalizzato per la valorizzazione delle attività culturali del CAMeC – Centro d’Arte Moderna e Contemporanea della Spezia.
La prima apparizione pubblica del nuovo direttore è per venerdì 4 luglio alle 19, in occasione della presentazione del catalogo della mostra “Morandi Fontana. Invisibile e Infinito”, attualmente allestita negli spazi del CAMeC e visitabile fino al 14 settembre. All’incontro parteciperanno i curatori Sergio Risaliti e Maria Cristina Bandera insieme a Rosanna Cappelli, AD Electa, casa editrice del volume.
Elena Bordignon: Sei fresco di nomina come Direttore del partenariato pubblico privato non istituzionalizzato per la valorizzazione delle attività culturali del CAMeC. Una domanda molto spontanea: come hai conosciuto questa realtà museale e cosa ti aspetti dalle sue potenzialità?
Antonio Grulli: In realtà conosco questo museo sin dalla sua nascita. Sono nato proprio a La Spezia e cresciuto a breve distanza, in una frazione (Gorasco) del comune di Aulla. Quindi ero presente all’opening nel 2004 e ho ancora il catalogo della mostra inaugurale dedicata a Tinguely e Munari, molto bella per altro. Ho visto buona parte delle mostre tenutesi qui, nonostante abbia abitato in giro per l’Italia, e ricordo con grande affetto soprattutto quelle organizzate nel periodo in cui si occupava del museo una storica e curatrice molto brava, Francesca Cattoi. Credo sia un museo con grandissime potenzialità. La Spezia è una piccola città, ma ha un flusso turistico di alto livello culturale costante tutto l’anno che richiede un’offerta museale ed espositiva di livello: ricordiamoci che la città è chiusa tra le Cinque Terre la Versilia, e anche la Lunigiana è in pieno fermento. Ma ricordiamo anche che Milano è a sole due ore di auto.
EB: La politica del CAMeC, ancora prima del tuo arrivo era volta alla valorizzazione del Museo. Dal tuo punto di vista, come si inserisce e, alla fine, cosa si aspettano da te, come nuovo direttore?
AG: La politica del CAMeC non verrà minimamente stravolta, anzi, attueremo solo un processo di implementazione. La collezione, la storia di un museo, e il contesto in cui si trova sono le basi e il cuore su cui cercheremo di costruire il suo futuro. La collezione è stata appena ripensata da un grandissimo storico e accademico del livello di Gerhard Wolf e per me sarà un onore dialogare con il suo lavoro. A questo aggiungeremo un’offerta di mostre temporanee che possa rendere il museo continuamente vivo e in grado di produrre nuove visioni. Ovviamente sarà per me è fondamentale ora conoscere a fondo la macchina museale e occuparmi anche dei piccoli dettagli pratici che in realtà fanno sempre la differenza.

EB: Il CAMeC ha una sua storia e ‘peso specifico’. Dal tuo punto di vista, sicuramente propositivo, quali sono le prime proposte che ti vedranno all’opera come direttore?
AG: Il CAMeC deve essere visto come il risultato, il collettore, della storia di una città davvero peculiare. La Spezia è da almeno un secolo un grande laboratorio e un acceleratore della modernità, questa è la sua anima e la voglio rispettare. La città è strettamente legata al Futurismo, alla transdisciplinarietà del movimento, e Filippo Tommaso Marinetti era di casa. Marinetti e Fillia hanno dato vita nel 1933 al Premio del Golfo per la pittura e il museo ne ospita le acquisizioni; quale altro museo può vantare un legame con un premio così antico e fondato da una delle figure cardine del 900? Questo suo legame con le avanguardie ha lasciato un’eredità confluita nei movimenti culturali e controculturali degli anni Novanta, qui molto forti. Ricordo quando da adolescente passavo davanti al teatro civico e vedevo i gruppi di punk, ma basti pensare a una figura come l’artista Professor Bad Trip (Gianluca Lerici) o a quello che è uno degli artisti italiani più importanti del momento, ovvero Jacopo benassi: entrambi nascono in quel fermento e sono i figli o i nipoti del Futurismo. Le stesse Cinque Terre hanno un legame forte con l’arte povera grazie alla presenza di Michelangelo Pistoletto, che passa buona parte dell’anno a Corniglia, e alla frequentazione in passato di Alighiero Boetti. Sempre a Corniglia negli ultimi anni sono state realizzate delle mostre bellissime; un pivot del nostro sistema culturale quale è l’Avvocato Iannaccone, grandissimo collezionista. Il tutto avendo sullo sfondo la presenza costante della poesia in questo territorio. Come tu ben sai una buona parte del mio percorso come curatore si è concentrato proprio sulla pittura e sulla poesia: nel suo rapporto viscerale con l’arte. Sono questi elementi che mi hanno fatto capire come il CAMeC potesse essere per me una sfida davvero intrigante e sensata.
EB: Ti penso come un curatore, e ora direttore, strettamente legato al contemporaneo. Sono note le tue scoperte e la tua militanza tra i giovani artisti, sopratutto legati alla pittura. Come concili questa tua attrazione per la scoperta e la promozione dei giovani artisti con il tuo nuovo ruolo di direttore di un Museo che, per molti versi, è legato alla storia dell’arte del ‘900?
AG: E’ verissimo. Quello che vogliamo fare è creare un programma in cui le nuove proposte e la contemporaneità possa unirsi con una rilettura dei grandi maestri del passato attraverso uno sguardo attuale. Dobbiamo far capire come anche gli artisti già presenti nei libri di storia dell’arte siano ancora vivi, presenti a noi e in grado di incidere con forza nel nostro tempo, anche destabilizzandolo.
EB: Hai già una programma o delle proposte espositive che vedremo al CAMeC, che vuoi condividere con noi?
AG: La mia nomina è recente. Stiamo lavorando adesso celermente alla progettualità, ai dettagli e alle tempistiche. Ma come hai appena sentito la direzione è già tracciata.

