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Sono sette i luoghi che ospitano dal 10 settembre a 11 ottobre 2015, la mostra ‘diffusa’ dell’artista scozzese Susan Philipsz “Follow me”. Disseminati nel centro storico di Genova, il progetto è composto da una selezione di sei lavori (realizzati tra il 1999 e il 2011) e una nuova produzione che, come ci racconta l’artista nell’intervista che segue, è dedicata all’Elettra, la nave laboratorio di Guglielmo Marconi.
A cura di Paola Nicolin e Ilaria Bonacossa, la mostra tocca Palazzo Ducale, l’Ex- Convento di San Francesco a Castelletto, Palazzo Reale, Palazzo Bianco, Palazzo Lomellino, Altrove-Teatro della Maddalena, Palazzo Fattinanti Cambiaso e il Museo d’Arte di Villa Croce, che ospita l’ultima produzione “Elettra”. In occasione di questa mostra Susan Philipsz ha realizzato un percorso strettamente in relazione con gli spazi architettonici dei palazzi dei Rolli – gia? Patrimonio dell’Umanita? dell’UNESCO – e di sedi istituzionali genovesi, dove si trova a esplorare la relazione tra arte e architettura, concentrandosi sulle continue trasformazioni della percezione pubblica dell’opera d’arte, sulla relazione tra atto performativo e oggetto scultoreo e sulla componente emotiva del suono.
Alcune domande all’artista.
ATP: Partiamo dal titolo, “Follow Me”. Suona come un invito alla partecipazione, a condividere con te un’esperienza. Mi racconti perché lo hai scelto?
“Follow Me” è il titolo di uno dei lavori in mostra, ma lo penso anche come un titolo che può essere ben adatto al progetto complessivo. E’ suggestivo. Come dici tu, c’è un invito, da parte mia per voi, ad un viaggio attraverso la città da una singola opera all’altra, ma anche un titolo dal significato abbastanza aperto e questo mi piace. Può descrivere anche come una voce può seguire le altre per dar vita ad un’opera polifonica o come un visitatore segue i vari lavori lungo tutta la Genova.
ATP: La mostra “Follow Me” coinvolge molti luoghi significativi della città di Genova: dai vicoli del centro storico a importanti Palazzi. Mi racconti che sensazioni ti ha dato questa città portuale?
SP: Quando ho visitato la prima volta Genova sono rimasta molto entusiasta. Sono rimasta stupida dal fatto che non sapevo che la città apparisse così. Non ero preparata per scoprire un luogo così spettacolare, opulento, magnifico e maestoso. Tutto ciò mi ha sorpreso. Ma c’è anche un altro strato che mi è presente nelle strade di Genova; è più basso del tallone, un po’ malconcio. Si passa da una dimensione all’altra. Per me la grandiosità sbiadita rende gli edifici ancora più belli. La malinconia che si può sentire è in contrasto con la vita che si percepisce lungo le strade, che è sempre animata e molto vivace. Sembra che questa atmosfera sia uno dei segreti meglio conservati dell’Italia.
ATP: Assieme alle curatrici Ilaria Bonacossa e Paola Nicolin, hai scelto per il progetto a Genova sei opere realizzate tra il 1999 e il 2011. Con che criterio avete scelto i luoghi per queste opere?
Ho abbinato le opere nei vari luoghi a seconda delle diverse esigenze spaziali del lavoro. Alcune opere hanno bisogno di una certa distanza, mentre altre necessitano uno spazio chiuso. Mi piace la vista dall’alto di Plazzo Reale, dove posso immaginare le corde malinconiche di “Lachrimae” interagire con questo scenario. Naturalmente voglio essere flessibile e cerco di mantenere un atteggiamento aperto.
ATP: Mi racconti come è nata Elettra, la nuova produzione dedicata alla nave laboratorio di Guglielmo Marconi?
Ci sono sette lavori in totale, sei opere provenienti da collezioni esistenti e un nuovo lavoro realizzato per Villa Croce. Quest’ultimo per Villa Croce è stata realizzato dopo la mia prima visita a Santa Margherita Ligure. Abbiamo soggiornato all’Hotel Miramare e lì ho scoperto che Guglielmo Marconi aveva fatto le sue prime trasmissioni dalla terrazza dell’Hotel alla nave Elettra che era ormeggiata al largo della costa. Questo è stato lo stimolo da cui è nato il progetto Elettra che presento a Genova. Per molti anni sono stata ispirata dall’assunto di Marconi, che per primo sostenne che un suono, una volta generato, non muoia mai, si affievolisca per continuare a esistere come onde sonore, che si riverberano per l’universo. In particolare mi sono ispirata al fatto che Marconi ha applicato la tecnologia radio per le navi in pericolo. In particolare la storia di Eletra è affascinante. E’ stata costruita nel 1904 nel cantiere scozzese Ramage & Ferguson a Leith, per l’arciduchessa Maria Teresa d’Austria. Inizialmente chiamata Rovenska, la nave in seguito è stata requisita da un ammiragliato britannico per essere utilizzata come dragamine durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1919 Marconi l’ha acquistata e l’ha ribattezzata come sua Elettra. In seguito l’ha trasformata in un laboratorio radiofonico mobile da dove ha compiuto i primi esperimenti radiofonici, condotti proprio mentre Eletra era ormeggiata nella baia di Santa Margherita Ligure. Dopo la morte di Marconi, lo yach è stato venduto al governo italiano. Nel 1943 è entrata a far parte della marina tedesca, l’apparecchiatura radio è stato rimosso ed è stata dotata di artiglieria pesante e ribattezzato G-107.
Nel 1944 la nave è stata silurata da un sommergibile britannico e affondata nei pressi di Zadar, al largo della costa damata. Elettra è rimasta arenata in acque profonde dove cadde in rovina e in seguito è stata smembrata. Molte delle sue parti sono sparse in diversi luogo in Italia e all’estero. Ho visitato ognuno di questi siti e ho prodotto una serie di immagini di ciascuno dei segmenti della nave, con il proposito di riunire in diverse fasi del progetto.
Le parti frammentate della nave trovano eco nel lavoro sonoro che è stato registrato interamente sott’acqua. Ho fatto molte registrazioni subacquee nella baia di Santa Margherita Ligure: il suoni dei motori delle barche, dei segnali radio intermittenti prelevati dall’idrofono e lo scibordio dell’acqua creano uno sfondo astratto coinvolgente. Ho anche registrato il localizzatore acustico di un faro, mediante il registratore delle scatole nere montate negli aerei e nelle navi che si attiva a contatto con l’acqua. Questo stumento invia un segnale acustico per oltre novanta giorni, fintanto che la batteria non è esaurita. Questi suoni acustici ricordano per molti versi il codice Morse e questa idea mi ha fatto venire in mente che anche Marconi aveva sviluppato un codice Morse per le navi in pericolo in mare. Ho organizzato i suoni del segnale di soccorso per alludere al vecchio segnale utilizzato da Marconi, il CQD, assieme al più convenzionale segnale di SOS. Questi diservi tipi di segnali acustici creano una sorta di botta e risposta animando lo spazio.
Susan Philipsz – Follow me – Comunicato Stampa
Interview with Susan Philipsz — Follow me, GENOA
Follow Me is the title of Susan Philipsz’s new solo show. Set in the historical centre of Genova, the exhibition presents a new work inspired by the yatch Elettra, Guglielmo Marconi’s floating laboratory, together with a selection of six works realized between 1999 and 2011.
In Genova, the artist traces a captivating itinerary that unfolds within the architectural framework of Palazzi dei Rolli – in- cluded in the Unesco World Heritage List – and other historical buildings, along which she explores the relationship between art and architecture, the subtle shifts in the public perception of the artwork, the relation between performance and sculpture, and the emotional effect of sound. Following her installations, visitors are led from the Grand Courtyard of Palazzo Ducale, through the narrow alleyways of the historical center to the Palaces in Via Garibaldi, up to the park of Villa Croce.
We asked some questions to Susan Philipsz about her project “Follow me”.
ATP: Let’s start from the title, “Follow Me”. It sounds like an invite to participation, to share the experience with you. Why did you choose it?
Susan Philipsz: Follow Me is the title of one of the works in the exhibition, but I also think it fits very well to the overall project. It’s suggestive. As you say there is an invitation, from me to you and there is a journey through the city from piece to piece but it is also quite open and I like that. It can describe how one voice also follows the other in the polyphonic pieces or how the viewer follows the works throughout the city.
ATP: The exhibition includes many important places in Genova: from vicoli in the old town centre to important buildings. Could you tell me about the sensations that gave you the city?
SP: When I first visited the city I was amazed. Amazed that I didn’t know that the city looked like that. I wasn’t prepared for Genoa to be so spectacular, so opulent, so grand, magnificent and stately. That surprised me. But there is another layer that’s present in the street; it’s more down at heel, a little ragged. You move from one to the other all the time. The faded grandeur makes the buildings even more beautiful to me. The melancholy one may feel is contrasted with the street life, which is always bustling and is so alive. It felt like one of Italy’s best-kept secrets.
ATP: Together with curators Ilaria Bonacossa and Paola Nicolin, you choose for the project three pieces you realized between 1999 and 2011. What criteria did you follow to choose the right places for them?
SP: I matched the other works to the spaces according to the spatial requirements of the work. Some works need a certain distance for example and others need an enclosed space. I like the vista from the top of the Palazzo Reale, and I could imagine the melancholic strings of the Lachrimae working with that backdrop. But I also want to be flexible and I try to keep an open mind.
ATP: Could you tell me how you got the idea for Elettra, the new production dedicated to Guglielmo Marconi’s ship-lab?
SP: There are seven pieces in total, six works from existing collections and a new piece made for Villa Croce. The new piece for Villa Croce was made after we visited Santa Margharita di Ligure during my first site vist. We stayed at Hotel Miramare and we were told that Marconi had made his first transmissions from the terrace of the Hotel to the Elettra which was moored off the coast. This was the trigger for the project Elettra that I have created with Genoa in mind. For many years I have been inspired by Marconi’s suggestion that sounds once generated never die, they fade but they continue to reverberate as sound waves across the universe. I was particularly inspired by the fact that Marconi had applied radio technology for ships in distress at sea. But also the story of the ship is fascinating. She was built in 1904 by the Scottish shipyard Ramage & Ferguson in Leith for the Archduchess Maria Theresa of Austria. Initially named Rovenska, she was subsequently requisitioned by the British Admiralty to be used as a minesweeper during World War I. In 1919 Marconi purchased the ship and he christened her Elettra. He converted her into a floating radio laboratory and many of the first radio experiments were conducted from the Elettra moored in the bay at Santa Margherita di Ligure near Genoa. After Marconi’s death, the yacht was sold to the Italian Government. In 1943 she became part of the German navy, the radio equipment was removed and she was fitted with heavy artillery and renamed G-107. The yacht was torpedoed in 1944 by a British submarine and sunk near Zadar, off the Dalmation coast. She remained stranded in shallow water where she fell into disrepair and was eventually cut up. The parts are now spread across sites in the North of Italy and beyond. I have visited each of the sites and produced a series of images of each of the segments of the ship, which I propose to unite at different stages in the project.
The fragmented parts of the ship are echoed in the sound work that was recorded entirely underwater. I have made underwater recordings from the bay of Santa Margherita di Ligure near Genoa. Sounds of boats engines, intermittent radio signals picked up by the hydrophone and the crackling sounds of water create an immersive abstract background. I have also recorded an acoustic locator beacon, which is part of the black box recorder fitted to both aircraft and ships and activated upon contact with water. It sends out an acoustic signal for up to 90 days until the battery runs out. These sounds are suggestive of Morse code and I was reminded that Marconi had developed a Morse code signal for ships in distress at sea. I have arranged the sounds of the distress beacon to allude to Marconi’s CQD signal and the more conventional SOS signal. These signals are fragmented and play in a call and response animating the space.