Intervista con Alessandro Pessoli NMNM

In occasione della sua mostra al Nouveau Musée National de Monaco - a cura di Eva Fabbris e Cristiano Raimondi - l'artista ci racconta le influenze, le atmosfere, i temi e, non ultimi, i sentimenti che trapelano dalle sue opere.
16 Settembre 2015

Lo scorso luglio il Nouveau Musée National de Monaco (NMNM), ha inaugurato nella sede di Villa Paloma, la mostra di Fausto Melotti – a cura di Eva Fabbris e Cristiano Raimondi – in contemporanea con la mostra di Alessandro Pessoli nella Project Room. Mentre per la mostra dedicata alla eterogenea produzione di Melotti ci sono ancora tre mesi di tempo per una visita – l’esposizione raccoglie una ventina di sculture in metallo e più di settanta opere in ceramica visitare – per quella dedicata all’artista di Cervia ma ‘emigrato’ a Los Angeles c’è tempo fino al 27 settembre 2015.

ATPdiary ha posto alcune domande ad Alessandro Pessoli, per capire le influenze, le atmosfere, i temi e, non ultimi, i sentimenti con cui l’artista ha elaborato la serie di opere esposte. Emergono l’Italia e le debolezze che ci caratterizzano, la storia dell’arte e l’omaggio a tre grandi artisti come Fausto Melotti,  Arturo Martini e Martin Kippenberger.

ATP: Mi introduci i temi su cui hai lavorato nel tuo ultimo progetto per la Project Room di Villa Paloma?

Alessandro Pessoli: Non ho fatto opere appositamente per Villa Paloma. Dopo l’invito di Eva Fabbris ad esporre nella project room in contemporanea con la retrospettiva di Melotti, abbiamo cominciato insieme a selezionare le opere da esporre. Eva ha pensato al mio lavoro per la mia predilezione per la ceramica. Ha tenuto anche in considerazione che nel lavoro di Melotti e nel mio, la tradizione italiana della ceramica, anche sotto aspetti popolari, ha un particolare importanza, un peso reale. Il nostro intento è stato mostrare come, nonostante le differenze di intenti e poetiche , la grande tradizione italiana sia per entrambi una risorsa; come la  lunga storia di maestri e artigiani permetta di costruire una identità e faciliti la costruzione di un senso d’appartenenza ad un territorio culturale. In questa cornice è stato naturale scegliere di esporre le opere dell’ultima personale da Greengrassi dal titolo “Autoritratto Petrolini” dove il soggetto che struttura la mostra è l’Italia. Opere che direttamente o simbolicamente illustrano la nostra condizione attuale, la recente storia politica e di costume, una società ritratta sopratutto nelle sue debolezze e miserie di paese alla deriva.

Sono presenti a Villa Paloma undici piastre ceramiche,  delle sculture in ceramica dipinta e una proiezione di immagini dal titolo “Il Paese”: una serie di circa 900 foto scattate nel mio studio con il cellulare , un teatro dell’arte fatto di sculture precarie; la penso come la  messa in scena di memorie della storia dell’arte come crocifissioni, o possibili ritratti o autoritratti. Le foto raccontano il formarsi e il disfacimento di queste sculture, un lungo scorrere di immagini dove il senso di vuoto e inutilità si mescola a quella malinconia tipica di tante mie opere. Nelle piastre ceramiche vi sono molte didascalie e testi che costituiscono un altro racconto in bilico fra passato e presente. Potrebbero essere paragonate idealmente alle litografie di Doumier: immagini caustiche , satiriche. C’è sicuramente l’intenzione di rendere il disegno scultura. Alcune piastre sono molto ricercate e elaborate nell’uso del colore, hanno un rapporto ambiguo con le tecniche della pittura e del disegno, alcune sembrano quasi delle incisioni altre ancora delle tavole di fumetti stampate.

ATP: Nella tua ricerca con la materia ceramica, ci sono dei riferimenti, o delle fonti di ispirazione, a cui guardi più spesso?

AP: La ceramica è un materiale antico con una lunga storia. Le mie fonti d’ispirazione sono molteplici e spaziano sia nel contemporaneo che nel passato, ma ho guardato più spesso a due artisti Italiani. Nella mia ricerca si evince la grande ammirazione per il colore e la superficie delle ceramiche melottiane. Sin dalle mie prime prove del 2002, il suo lavoro ha rappresentato una fonte vitale, una grande risorsa. Ho trovato in questo maestro una linea diretta con il lavoro di Arturo Martini, altro artista che adoro e ho letteralmente saccheggiato. Queste sono le figure principali sulle quali mi sono “appoggiato”. Di Martini mi hanno influenzato molto  le sue stanze e teatrini, insieme alle figure che guardano la luna; opere che mi hanno sempre trasmesso  quella malinconia dolce e sfatta, la forma poetica e sentimentale che in me coincide con l’essere degli italiani.

La necessità di ritrovare e di inventare questa identità, l’ho sviluppata partendo da queste opere; sentimenti d’appartenenza che trovano uno spazio importante anche nella mia produzione. Il lavoro di avvicinamento a questi due artisti (di epoche e intenti diversi come lo sono io nei loro confronti) è il mio personale tentativo di recuperare uno spazio, ma sopratutto un sentimento, che mi piace immaginare come la bellezza del nel mio paese.

ATP:  In merito alla scultura in ceramica ‘Il Profeta’, a cosa si riferisci il titolo dell’opera?

AP: “Il Profeta” si riferisce al carattere di questa figurina che sta pascolando degli animali sdraiati ai suoi piedi. Oppure è più corretto dire che “Il Profeta” è la figura che sovrasta le vaghe forme animali che compongono questa piccola ceramica; loro rimangono  prigioniere del suo campo d’azione e ne sono dipendenti.  Oppure mi è sembrato che “il Profeta” nel gruppo in questione, avesse abbastanza forza per avere una visione, vedere qualcosa oltre il recinto. Ma potrei anche aggiungere che il titolo si riferisce al fatto che è una delle prime ceramiche che ho fatto a Los Angeles e attorno a lei c’e solo il deserto , è questo che lei deve attraversare.

 ATP: In mostra c’è una scultura dal titolo ‘Kippenberger’. E’ un omaggio all’artista tedesco? Perché questa scelta?

AP: Si è un omaggio all’artista tedesco. Un omaggio al suo autoritratto con i mutandoni e la grande pancia, alla birra che si è bevuto, alla simpatia che mi ha sempre fatto, a tutti i disegni sulle carte degli alberghi, alla sua faccia tumefatta nel dialogo con la gioventù, a tutti i sui mobili d’ufficio ubriachi, alla guerra cattiva, alle sue pillole tranquillanti, all’entrata della metro ribaltata, ai dipinti distrutti, alla sua Ford Capri, all’Europa e all’America.  Ma alla fine: Lo sapevi che aveva aperto un ristorante a Venice L.A?

Alessandro Pessoli,   Il Profeta,   2010,    Painted majolica 26x26x13cm,   Photo: Marcus Leith Courtesy of greengrassi,   London

Alessandro Pessoli, Il Profeta, 2010, Painted majolica 26x26x13cm, Photo: Marcus Leith Courtesy of greengrassi, London

Alessandro Pessoli,   La veglia_2013_Photo Marcus Leith

Alessandro Pessoli, La veglia_2013_Photo Marcus Leith

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