Testo di Chiara Bucolo —
Leggere Infinite Jest di David Foster Wallace, se lo si fa mettendo da parte lo spaesamento iniziale che è normale provare davanti a un’opera simile, può diventare un’esperienza assurdamente totalizzante. Definito spesso – e a ragione – un’opera monumentale, il romanzo si snoda attraverso una complessa stratificazione di storie, eventi, personaggi, digressioni temporali, visioni allucinate, che insieme contribuiscono a creare un ritratto vivido e quasi traumatico della società in cui viviamo e a simularne le nevrosi. La critica riguardante la sanità, il sistema universitario e i meccanismi della politica viene calata da Wallace in una versione deforme e alla deriva dell’America, i cui aspetti più turpi sono portati all’estremo in maniera quasi tragicomica e parodistica: è qui che entra in gioco l’Intrattenimento, un film (dal titolo Infinite Jest) capace di “rapire” l’attenzione di chi lo guarda finchè quest’ultimo, non riuscendo più a fare altro, muore d’inedia. La cartuccia del film inizia a circolare, trasformandosi nello strumento principale con cui i personaggi anestetizzano la loro solitudine e il loro dolore.
Nel romanzo, un altro veicolo di evasione dal quotidiano è però il sogno: la dimensione onirica “spezza” di continuo la vita quotidiana del protagonista Hal, finchè non riesce più a fare distinzione tra sogno e realtà. I sogni di Hal, ma anche del fratello Orin e dello studente Troeltsch, sono però vividi, paranoici, terribili, scavano a fondo nelle menti esponendone la psicologia, mentre i personaggi si trovano in uno stato di dormiveglia definito “febbrile” e “oppiaceo”, come oppiaceo è il film capace di ipnotizzare chiunque. “E i sogni vengono fuori strani, come sfilacciati ai bordi, masticati, incompleti”, scrive Wallace.
È dall’elemento del sogno che si può partire per parlare della mostra Infinite Jest di Vanessa Traum y Los Perros – Vanessa Alessi, in corso da ALL (Palermo) fino al 16 Maggio, che da Wallace prende ispirazione per il titolo, ma non solo. È un mondo sospeso quello che ci presenta l’artista, come fossimo in quel dormiveglia oppiaceo di cui parla Wallace: l’ingresso e l’uscita della mostra sono marcati da un tessuto laminato che funge come varco da attraversare (Spettro Incandescenza) – passaggio “tra questo mondo e l’altro” (citando Lynch), da cui se posti all’esterno dello spazio vediamo attraverso, se posti all’interno invece ci si presenta il nostro stesso riflesso.


“Traum” in tedesco significa proprio “sogno”: la mostra si presenta come un sogno collettivo, in cui, come in Wallace, l’artista è solo il perno di una giostra in cui si muovono diversi personaggi (i Los Perros), e dove trovano luogo riflessioni su tematiche come l’identità, l’alienazione, il lutto, lo scorrere del tempo. Le opere in mostra, appartenenti a periodi diversi, vengono interconnesse tramite continui riferimenti e richiami involontari reciproci, che agiscono in maniera sottile e spesso inaspettata, come in Wallace hanno un ruolo analogo le note al romanzo: ogni opera è una nota che apre collegamenti ad altre opere e altri personaggi, che in maniera anche bizzarra fanno tutti parte dello stesso viaggio.
Il lavoro in mostra è il frutto del tentativo dell’artista di ritrovare il sogno nella realtà tramite un metodo dove tutto è “al contrario”: così in Domestic Jungle l’artista esplora il proprio sè e il rapporto con la società facendosi visitare e registrare da un veterinario di Scutari come se fosse un randagio, dotandosi anche di un passaporto canino e un tag identificativo – comportandosi e vivendo come un cane di strada, il corpo dell’artista diviene il medium per ribaltare il punto di vista comune sul mondo (siamo più liberi noi nelle nostre vite da umani o i randagi?).
Il rovesciamento di prospettiva è cruciale anche nel video Random Innocence Palermo. Se il sole e la morte si potessero guardare, un vero e proprio film di otto minuti, con le voci di Josef La Licata, Max Diana e Mara Jvonne Raja. Girato durante l’eclissi di luna del 14 Marzo, che rese la luna di color rosso sangue, vede l’artista attraversare la città con indosso una bandana simile a quella che spesso portava Wallace, attraversando luoghi e ambienti cercando di ritrovare il sogno della moto che diviene un cavallo, in un contesto straniante e visionario. La città percorsa da Vanessa Traum, con i suoi singolari abitanti, può essere Palermo ma può essere anche molte altre, sottolineando la fluidità del concetto di identità ma anche di “normalità”: l’artista si muove come un cavallo al trotto, riprendendo lo spostamento dal corpo umano al corpo animale.


L’essere un animale, cioè l’essere altro che non sia umano e vedere da occhi “non antropizzati”, si può definire come uno dei fili che uniscono le opere di Traum: dalla bambina che si muove come un cane Arson (usato per trovare i cadaveri sotto le macerie) nel video Indagini di un cane, da guardare al contrario tramite uno specchietto retrovisore, al Perro di cavallo nano 14032025, un mini ferro di cavallo che assume la funzione quasi di talismano, ma anche di chiave capace di aprire porte fin’ora mai varcate.
Realtà e sogno non sono quindi scollati, ma si intersecano e si influenzano, spesso nascondendosi l’uno nell’altro – sta a noi riconoscere e rispondere ai loro richiami. Attraversare la mostra di Vanessa Traum è come intraprendere un viaggio in cui, anche se la destinazione non è chiara, o magari non c’è nemmeno, tutto alla fine si incastra e trova la sua ragion d’essere, e in cui la casualità, l’errore e gli eventi fortuiti hanno una funzione potentissima (“Voglio essere cosí. Voglio rimanere seduto in pace e attirare a me la vita, una cosa alla volta.”, si legge nel romanzo di Wallace).
Sono piccoli elementi a guidare tra i numerosi strati in cui immergersi percorrendo la mostra e ad “attivarla”: dal proiettile di Good Year! Pneuma è vita, (che rimanda sia al dirigibile Goodyear che sorvolò Palermo negli anni ‘70 e venne scambiato per un UFO, sia a uno degli inventori della camera d’aria Charles Goodyear); alle torce subacquee da puntare sulle opere per guardarle attraverso la luce blu intensa che avvolge lo spazio, dando la sensazione di essere immersi nell’acqua, di non essere dove siamo di solito, di poter vedere – o non vedere – le sfaccettature del mondo da angolazioni nuove, e di iniziare a farsi domande di cui forse solo i cani randagi hanno la risposta.
